Santo Rosario on line

Venerdi, 26 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Marcellino ( Letture di oggi )

Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney):Le nostre riserve asciugano la corrente delle sue misericordie... e le nostre diffidenze fermano i suoi favori.
font

Meditazioni per il tempo di Natale e Avvento

Gaudiosi

Gesù



Lc 2, 49 Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?

Cercare Gesù. Un'impresa talvolta angosciosa. Sembra di non vederlo più, di non sentirlo, di averlo perduto per sempre. Ti sembra che la Sua presenza, così dolce, così bella e soddisfacente, che ti dava gioia di vivere, sia nell'esser solo che nello star con tutti, sia scomparsa. Ed è come fosse scomparsa la vita. Tutto diviene buio, tutto rimane vuoto, sembra d'esser stati ingannati. Perché? Mi pare d'averlo intuito e lo voglio dire a molti. Difatti trovo molte persone, anziane e meno anziane, che mi confidano d'aver perduto la fede. Sono disperati - o quasi - perché ritengono di non poter più vedere Gesù, né di amarlo, né di gustarne la presenza. Qualcuno continua con sofferenza a cercare Gesù, il Gesù dell'infanzia, della propria infanzia spirituale, quel Gesù « tutto per me », quel Gesù « bambino » che ti lascia l'idea e la soddisfazione di poter dire di vivere per Lui. Ad essi generalmente io dico: finalmente! finalmente hai perduto Gesù! finalmente Gesù è morto in te! ecco l'ora nuova, l'ora vera della tua vita!

Maria e Giuseppe cercavano il loro fanciullo. Lo cercavano « angosciati ». Lo cercavano tra parenti e conoscenti, tra gli uomini. Lo cercavano giorno e notte. Perduto lui è perduto tutto. La vita, destinata da Dio a far crescere e custodire il Suo figlio, è del tutto fallita. Non c'è più quel figlio per cui vivono, per cui soffrono, per cui sono stati scelti fra tutti. La loro angoscia è più che comprensibile, più che normale. Dodici anni prima quel figlio lo avevano portato al tempio, e offerto al Signore. Poi, coi riscatto di due colombe, lo avevano riavuto. Il figlio di Dio era loro figlio. Avevano il segreto onore di vivere per Lui e con Lui. Ora devono tornare al tempio, non più a portarlo, ma a prenderlo. Egli è là. Salendo la gradinata Maria e Giuseppe devono aver ricordato che molti secoli, prima, su quello stesso monte, ove poi era stato costruito il tempio, era salito Abramo per consegnare a Dio, tramite coltello e fuoco, il proprio unico figlio Isacco: un figlio avuto come dono di Dio. Essi erano proprio in quel luogo. Quale presagio, quali presentimenti si rincorrevano nel loro cuore! Dare a Dio, il proprio figlio, quello ricevuto in consegna da Lui! No, non è facile, non è comprensibile, non ci riescono. Dopo dodici anni di fatiche, di fede messa a dura prova, di dono totale di sé, non è possibile. Essi non riescono a consegnarlo per sempre a Dio: ma ecco, è Lui stesso che, con dolce violenza, separa la propria vita dalla foro, proprio come se il coltello di Abramo arrivasse fin qui a penetrare nel cuore... non del figlio, ma dei genitori: « Perché mi cercavate? non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Il sospiro di sollievo per averlo trovato si trasforma in silenzio profondo. Hanno trovato il fanciullo, ma non è più quello di prima, non è quello che cercavano. Cercavano il figlio che apparteneva loro e trovano un figlio che a loro non appartiene più. Cercavano un Gesù che doveva ubbidire loro, dar loro gioia e soddisfazione, che doveva dar loro certezza d'essere amati da Dio ed essere a posto, e trovano un Gesù che ubbidisce a qualcun altro, che propone anche ad essi un’ubbidienza nuova. Se Egli ubbidisce al Padre, essi non possono più comandargli, anzi, dovranno sottomettersi, rimanere in ascolto del Padre, lasciare libero il Figlio di obbedirgli, obbedire essi stessi all'obbedienza del Figlio. Cercavano un figlio riconoscente per le loro fatiche affrontate per lui e trovano un figlio che chiede nuove fatiche senza ricompense. Il Gesù « tutto per loro» è morto, il Gesù che dà soddisfazione e li lascia contenti di possederlo è morto per sempre. Non lo avranno più. Potranno solo vivere con un Gesù che vive per il Padre, che cerca di far contento Lui solo. Non potranno più comandargli, potranno solo osservarlo e ubbidirlo e donargli la propria vita sapendo che non dirà grazie, ma che la presenterà al Padre insieme con la Sua.

Un'esperienza così l'ha avuta Maria di Magdala poca più di vent'anni dopo. Cercava Gesù nell'orto della sepoltura. Quando l'ha trovato, non era più un Gesù per lei, non lo poteva più trattenere. Era un Gesù che la mandava ad annunciare con la parola e a testimoniare con la gioia che Egli era vivo. Ha trovato un Gesù nuovo, che accoglieva la sua vita e le sue energie, per donarle agli uomini come proprietà Sua. Ha trovato un Gesù che non dava soddisfazioni e gioie, ma dava compiti e missione. La gioia sarebbe cresciuta, divenuta diversa, anche più grande, al sapere semplicemente di essere suoi, sua proprietà e suo strumento.

L'esperienza di Giuseppe e Maria è quella che io dovrò attraversare. Ho ricevuto doni e doti, una vita e un compito, ho ricevuto anche la vita di Gesù da custodire. lì Padre, colui che me li ha dati, vorrà assicurarsi che sono ancora suoi, che io non me ne sono appropriato. Egli stesso perciò mi chiederà, ripetutamente, di donarglieli, di staccare il cuore da essi, di sacrificarli. Mi chiederà di fare come Abramo. Mi chiederà di non cercare la mia gioia e la mia sicurezza dai suoi doni, nemmeno da Gesù, ma di donargli ancora e completamente la mia vita, tutta, di unirla nell'obbedienza a quella del Suo Figlio che si occupa delle Sue cose.

Autore: di Don Vigilio Covi

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it