Santo Rosario on line

Domenica, 28 aprile 2024 - Misteri gloriosi - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi )

Sant'Agostino:Svegliati, uomo: per te Dio si è fatto uomo.
font

Madre Teresa di Calcutta



Madre Teresa

Servizio ai più poveri tra i poveri

Il nostro servizio consacrato ai più poveri tra i più poveri è una chiamata che Cristo ci ha rivolto per mezzo della sua Chiesa:

- per amarlo generosamente e liberamente nei dise­redati con i quali Egli si identifica e si evidenzia, per­ché in loro noi possiamo amare e servire la Sua t)resenza;

- per riparare tutti i peccati di odio, di freddezza, di mancanza di attenzione e di amore che si commetto­no in tutto il mondo di oggi verso di Lui nella perso­na dei fratelli, dei più poveri tra i poveri.

Con questo voto ci impegnamo a prestare un servi­zio dedito e libero ai più poveri fra i poveri secondo l'obbedienza.

Dedito significa: con cuore ardente di zelo e di amo­re per le anime, con indivisa devozione, interamente radicata nella nostra profonda unione con Dio nella preghiera e nell'amore fraterno; libero significa che offriamo loro non solo le nostre mani per servirli, ma anche il nostro cuore per amarli con bontà e umiltà, interamente a disposizione dei poveri.

Dobbiamo dare servizio immediato ed effettivo ai più poveri fra i poveri, per tutto il tempo in cui non hanno nessuno per aiutarli:

- dando da mangiare agli affamati: non solo di cibo, ma anche della Parola di Dio;

- dando da bere agli assetati: non solo di acqua, ma anche di conoscenza, di fraternità, di pace, di verità, di giustizia e di amore;

- vestendo gli ignudi: non solo con abiti, ma anche di dignità umana;

- dando alloggio ai senzatetto: non solo un rifugio fatto di mattoni, ma un cuore che comprende, che pro­tegge, che ama;

- curando i malati e i moribondi: n6n solo il corpo, ma anche lo spirito e la mente.

I più poveri fra i poveri, senza riguardi a quale cate­goria, credo o nazionalità appartengano, sono: gli af­famati, gli assetati, i nudi, i senza tetto, gli ignoranti, i carcerati, gli storpi, i lebbrosi, gli alcolizzati, gli indi­genti malati o moribondi, i non amati, gli abbando­nati, gli esclusi, tutti coloro che sono un peso per la società umana, che hanno perso la fede e la speranza nella vita; ogni membro della nostra famiglia religio­sa che accetta di vivere la vita di povertà evangelica proprio per il fatto della sua fragilità umana; così co­me i peccatori induriti, ostinati; coloro che sono sot­to il potere del maligno, quelli che inducono altri al peccato, all'errore, alla confusione; gli atei, gli erran­ti, quelli che vivono nell'equivoco e nel dubbio, i ten­tati, i ciechi spiritualmente, i deboli, i tiepidi e gli ignoranti; quelli non ancora toccati dalla luce di Cri­sto; quelli affamati della Parola di pace di Dio; i dif­ficili, i repellenti, i rifiutati, gli afflitti e le anime del Purgatorio.

La nostra vocazione è una chiamata a seguire l'umil­tà di Cristo. Manteniamoci ben con i piedi per terra, nel vivere l'attenzione di Gesù per i più poveri e i più umili in modo da poter recare loro un servizio immediato ed effettivo, finché non abbiano trovato altri che possano aiutarli in maniera migliore e più duratura.

Come ami Dio, così devi amare i poveri nelle loro sof­ferenze. L'amore per i poveri deve traboccare dal tuo amore per Dio. Devi cercare i poveri e servirli. Quan­do li hai trovati devi prenderteli a cuore. Dobbiamo essere molto grate verso questa nostra gente, perché ci permette in coro di toccare Cristo. Dobbiamo ama­re i poveri come Lui.

Un indù mi diceva: «So che cosa fate in Nirmal Hriday (la casa dei moribondi): li sollevate dalle strade e li por­tate in cielo».

La differenza fra la nostra opera e il lavoro sociale sta nel fatto che noi doniamo un servizio libero e ge­neroso per amore di Dio. All'inizio, quando sorse l'opera, mi venne una febbre e feci un sogno: sognai San Pietro, che mi disse: «No, non c'è posto per te, qui. Non ci sono agglomerati di baracche in cielo». «Va bene» gli risposi «allora continuerò a lavorare. Porterò la gente dalle baracche al cielo».

La nostra vocazione non è il lavoro: la fedeltà ad umili servizi è piuttosto la maniera in cui mettiamo in atto l'a­more. «Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, per­ché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 14,21). Se rimarrete uniti Dio si prenderà cura di voi.

Essendo una comunità religiosa modellata sulla prima Comunità cristiana, la nostra prima grande responsabi­lità è quella di essere comunità. Rivelando innanzitutto gliuni agli altri qualcosa dell'amore, della premura e del­la tenerezza di Dio; cosa significa conoscere ed essere conosciuti, amare ed essere amati, e così essere un se­guodi testimonianza della vocazione più profonda della Chiesa, che è diriunire gli uomini diogni tribù elingua e popoli e nazioni, redenti dal sangue di Cristo, per for­mare la famiglia di Dio, dove regna l'amore. «Guardate come si amano».

Proprio come Gesù mandava i suoi discepoli a due a due, anche noi andremo a due a due con il permesso e con una Sorella come compagna. Per la strada re­citeremo il rosario incoraggiandoci allo zelo e al fer­vore e proteggendoci a vicenda.

La superiora di ogni casa ricorderà che la sua dispo­nibilità sarà rivolta prima di tutto alle Sorelle e poi al lavoro.

Perciò:

- nei suoi rapporti con le Suore si comporterà mater­namente, mai scoraggiandole specialmente negli insuccessi;

- mi coraggerà e inviterà gioiosamente ogni Sorella af­finché dia un contributo personale valido al bene dell'istituto e della Chiesa. Ciò ci guiderà a prendere decisioni più sagge che si concretizzeranno a benefi­cio di tutti;

- sarà sempre la prima a dedicarsi ai lavori domestici;

- non avrà niente di speciale o di diverso in fatto di vitto, vestiario o alloggio;

- avrà completa fiducia nelle Sorelle e sarà sempre generosa, specialmente quando osservano veramente la povertà;

- rispetterà con la massima discrezione quanto le Suore le confidano e desiderano che non sia rivela­to, specialmente casi personali. Non le costringerà mai a rivelarle i loro segreti;

- soprattutto mediante il suo esempio di umiltà, di obbedienza e di unione con i superiori maggiori, insegnerà alle Sorelle l'arte di «fare sempre le cose che piacciono al Padre».

Memori che la nostra comunità non è composta di persone già sante, ma da individui che si sforzano nel farsi santi, saremo estremamente pazienti nel tol­lerare gli errori e le mancanze reciproche.

Il nostro amore reciproco sarà:

- altruista, generoso, tenero, personale e rispettoso;

- al di là di simpatie o antipatie, amicizie ed inimici­zie, meriti o demeriti;

- fedele, profondo e liberante;

- un non scendere a compromessi per mostrarsi at­tento, ma compassionevole e capace di perdonare per­ché comprensivo;

- sempre pronto ad infondere speranza, incoraggian­te, fiducioso, dedito e disposto al sacrificio fino alla morte di croce.

I miei voti mi legano alla mia Sorella perché è molto più povera del povero della strada. Se non sono gen­tile verso il povero della strada e se non gli sorrido, qualche altro lo farà. Ma per le mie Sorelle non c'e nessun altro.

Potrà capitare che, nei suoi momenti di debolezza, la tua superiora ti appaia come Gesù nelle sue appa­renze più miserevoli: ella ha bisogno allora del tuo amore, della tua umiltà, della tua fiducia. Stimala con amorosa fiducia lei malgrado, perché Gesù non è cam­biato, in lei è sempre lo stesso perché di Gesu ce n e uno solo.

La nostra Congregazione è ancora giovane. Le nostre superiore non hanno ancora molta esperienza. Sii comprensiva, sii buona. Vedi la mano di Dio che cer­ca di scrivere un messaggio meraviglioso di amore a te personalmente usando una matita impeffetta o an­che spuntata.

Anche così la mano e la mente di Dio si servono di lei e tu devi cercare di capire e astenerti dall'esami­nare la matita. Oggi si serve di una matita inappro­priata, però il messaggio di amore è ugualmente là

- sempre bello, sempre vero, sempre accorto - sol­tanto per te. Cristo per te si servirà solo di quella ma­tita nel luogo dove ti trovi. Allora bacia la mano, ma non cercare di spezzare la matita.

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it