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Domenica, 28 aprile 2024 - Misteri gloriosi - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi )

Santa Faustina Kowalska:La misericordia è la maggiore delle divine perfezioni: tutto ciò che mi circonda lo proclama. La misericordia è la vita delle anime, la condiscendenza di Dio verso di esse è inesauribile. O Dio incomprensibile, quant'è grande la tua misericordia! Gli angeli e gli uomini sono usciti dalle sue viscere, ed essa supera ogni loro capacità di comprensione. Dio è amore, e la misericordia è la sua azione. La misericordia è il fiore dell'amore. Dovunque io volga gli occhi, tutto mi parla di misericordia, perfino la giustizia, perché anche la giustizia scaturisce dall'amore.
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Vita di Santa Margherita Alacoque



Alacoque

Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 4



11. Malattia della madre
La più dura delle mie croci era non poter addolcire i tormenti di mia madre, che mi erano cento volte più difficili da sopportare dei miei, sebbene non le of­frissi mai l'occasione di parlarmene, per paura di of­fendere Dio prendendo gusto a parlare delle nostre pene. Era durante le sue malattie che la mia sofferenza si faceva maggiore, perché lei, interamente affidata al­le mie cure e ai miei servizi, soffriva molto; tanto più che ogni cosa era sotto chiave e mi toccava an­dar a elemosinare persino le uova e le altre cose ne­cessarie a curare i malati. Questo non era un tormento lieve per il mio caratte­re timido, specie avendo a che fare con i contadini che mi intrattenevano più di quanto avessi voluto. Mia madre ebbe una mortale risipola alla testa, di grossezza, rossore e durezza spaventosi, e si limita­rono a farla salassare da un chirurgo di campagna di passaggio, il quale mi disse che a meno di un mira­colo non si sarebbe salvata. Senza che nessuno se ne dolesse, né provasse pena tranne me, che potevo so­lo ritirarmi nel mio consueto rifugio e rivolgermi al­la santa Vergine e al mio sovrano Maestro, gli unici ai quali potevo svelare le angosce che mi attanaglia­vano, senza doverne ricevere scherno, ingiurie o ac­cuse. Mi recai dunque alla messa il giorno della cir­concisione dì Nostro Signore, per chiedergli di dive­nire lui stesso il medico e la cura per la mia povera madre e di mostrarmi quanto dovevo fare. Lui lo fe­ce con tale misericordia che, non appena rientrata, trovai la guancia di mia madre aperta da una piaga grande come un palmo, che emanava un fetore in­tollerabile, e nessuno voleva avvicinarsi. Non avevo alcuna nozione su come curare le piaghe e non riu­scivo a guardarle né a toccarle, prima di allora, e non disponevo di altro unguento che quello della di­vina provvidenza. Tagliavo tutti i giorni pezzi di carne marcia, ma provavo tale coraggio e fiducia nella bontà del mio Signore, che sentivo sempre pre­sente, che alla fine, contro ogni previsione umana, mia madre guarì in capo a pochi giorni. Durante tutto il tempo della malattia, non mi cori­cai né dormii quasi per nulla; mangiavo pochissimo e digiunai per giorni interi. Ma il mio divino Mae­stro mi consolava e mi faceva sentire in perfetta conformità col suo santissimo volere e solo con Lui mi lasciavo andare, dicendogli: «O mio sovrano Maestro, se non lo voleste, tutto ciò non accadreb­be; ma io vi rendo grazie per averlo permesso alfine di rendermi simile a Voi».

12. Attrazione per la preghiera
E in tutto ciò mi sentivo profondamente attratta dalla preghiera e mi faceva soffrire molto il fatto di non sapere e non poter apprendere come si doveva pregare, non avendo mai avuto contatti con persone spirituali; non conoscevo altro che la parola «orazio­ne», la quale rapiva il mio cuore. E mi rivolsi al mio sovrano Maestro, che mi spiegò come voleva che io pregassi; e ho pregato così per tutta la mia vita. Mi faceva prosternare umilmente davanti a Lui, per chiedergli perdono di tutte le offese che gli avevo fatto e poi, dopo averlo adorato, potevo offrirgli la mia preghiera, anche se non sapevo come prose­guire. In seguito Lui stesso mi appariva nel mistero che voleva che io contemplassi, e prendeva fortemente possesso del mio spirito, tenendo la mia ani­ma e tutte le mie forze fisse su di sé, al punto che non riuscivo più a distrarmi, perché il mio cuore si consumava nel desiderio di amarlo e questo m ' infondeva un desiderio insaziabile di comunione santa e di sofferenza. Non sapevo come fare. Avevo tempo solo durante la notte e ne approfittavo al massimo, ma, sebbene questa occupazione mi fosse piacevole oltre ogni dire, non la consideravo una preghiera ed ero sempre desiderosa di applicarmi; gli promisi che, se mi avesse insegnato a pregare, avrei passato il maggior tempo possibile pregando. Tuttavia, la sua bontà non mi faceva andare oltre quanto ho appena descritto ed ero disgustata dalle preghiere solo verbali, che non riuscivo a formulare al cospetto del santo Sacramento, di fronte al quale mi sentivo così presa, che non mi stancavo mai di contemplano.

13. Amore per il santo Sacramento e desiderio della Comunione
Avrei trascorso giorni e notti senza bere né mangia­re, senza sapere cosa stessi facendo, a parte consu­marmi alla presenza del santo Sacramento come un cero acceso, al fine di ricambiare il suo amore. Non riuscivo a rimanere in fondo alla chiesa e, per quan­to imbarazzo provassi dentro me, mi avvicinavo il più possibile al santissimo Sacramento. Ritenevo fe­lici e invidiavo solo quelle persone che potevano co­municarsi spesso e che erano libere di restare davan­ti al santissimo Sacramento, sebbene io impiegassi male il tempo che trascorrevo li e credo che non fa­cessi altro che disonorarlo. Cercavo di procurarmi il favore delle persone che ho menzionato prima, al fi­ne di ottenere qualche momento da passare davanti al santo Sacramento. Accadeva che, in punizione dei miei peccati, non riuscivo a dormire la notte di Natale e il curato urlava durante la predica che chi non aveva dormito non doveva comunicarsi e io non osavo farlo. Così quel giorno di gioia era per me un giorno di lacrime, che erano il mio cibo e ogni mio diletto.

14. La sua colpa più grande
Ma avevo anche commesso crimini terribili! Una volta a Carnevale, insieme ad altre compagne, mi mascherai per pura vanità e questo è stato causa di lacrime e dolore per tutta la mia vita, come pure l'altro peccato di abbigliarmi, cedendo alla vanità, per compiacere quelle persone che ho prima menzio­nato e che Dio ha utilizzato come strumenti della giustizia divina, al fine di vendicarsi delle ingiurie che gli ho fatto con i miei peccati. Quelle persone erano virtuose e non credevano di farci del male con tutto ciò che ci hanno fatto, e anch'io ero convinta che non ce ne facessero, perché era il mio Dio che voleva così e io non portavo loro alcun rancore.