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Martedi, 30 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Pio V ( Letture di oggi )

Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney):L'umiltà disarma la giustizia di Dio.
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La Passione di Gesù dagli scritti della Beata Anna Caterina Emmerick



Quaresima

Gesù condotto da Pilato

«Condussero allora Gesù dalla casa di Caifa al pretorio» (Giovanni 18,28).

Vidi Gesù trascinato con le funi: il suo viso era gonfio e contuso. Egli appariva sfigurato dalle percosse e dagli oltraggi della notte, indossava soltanto la tunica inconsutile, insudiciata di sputi e macchiata di sangue. La plebaglia affluiva da ogni parte e seguiva il corteo lanciando grida e invettive contro il Galileo. Nel vederlo in quelle condizioni, sanguinante e pieno di lividi, molti amici esclusero Gesù dal loro cuore, la loro fede si affievolì e si ritirarono scoraggiati, mentre i più superficiali si unirono alla marmaglia. Essi non riuscivano a persuadersi che il Signore, così barcollante e malandato, potesse essere il Re, il Profeta, il promesso Messia e il Figlio di Dio.

I farisei dicevano a quelli che osservavano dubbiosi:

«Vedete il vostro re? Riveritelo!».

Dopo una breve visita notturna al tribunale di Caifa, la Madonna era rimasta nel cenacolo immersa nel suo muto dolore, in costante unione spirituale con Gesù. Quando il Signore fu fatto uscire dalla prigione per essere condotto nuovamente davanti ai giudici, ella si alzò per andare a vedere personalmente il suo Figlio diletto. La Vergine mise il velo e il manto, mentre diceva a Maria Maddalena e a Giovanni:

«Seguiamo mio Figlio fino al palazzo di Pilato, lo voglio rivedere!».

I tre uscirono e percorsero un sentiero obliquo, quindi aspettarono il corteo in un luogo dove sapevano che sarebbe passato.

Vidi la santa Madre nascosta dietro l'angolo di un edificio, e con lei c'erano Giovanni e Maria Maddalena. Essi attendevano il passaggio dell'infame corteo. Maria santissima aveva impresse nel cuore le sofferenze del Figlio divino, tuttavia anche i suoi occhi interiori non potevano immaginare come la cattiveria degli uomini lo avesse sfigurato.

Vidi la miserabile processione sfiorare la Madre: prima i diabolici principi dei sacerdoti, poi gli accusatori, gli scribi e i farisei, infine Gesù, seguito dalla plebaglia agitata che gli urlava contro ingiurie e maledizioni.

Alla vista del suo diletto Figlio, così orribilmente sfigurato, ella esclamò tra le lacrime:

«Questo è mio Figlio! Come hanno ridotto il mio Gesù!».

Il Signore la guardò commosso e la Vergine santa si sentì mancare; Giovanni e Maria Maddalena la condussero subito via.

Davanti a Pilato

Ma egli non rispose neppure una parola, sicché il procuratore se ne meravigliò assai» (Matteo 27,14).

Riavutasi da quell'orrendo spettacolo, la Vergine si fece condurre da Giovanni e da Maria Maddalena al palazzo di Pilato.

Questo edificio è situato in una posizione sopraelevata e vi si accede salendo per una gradinata di marmo. Esso domina un ampio piazzale circondato da portici, sotto i quali ci sono i mercati. Il palazzo è circondato da un grande muro di cinta interrotto dal “foro”, ossia quattro ingressi disposti secondo i punti cardinali, presidiati da un consistente corpo di guardia. Il palazzo di Pilato è congiunto dal lato nord con il foro e dal lato sud con il pretorio, dove Pilato pronunciava i suoi giudizi.

Di fronte alla colonna della flagellazione, presso il corpo di guardia, si eleva una loggia chiamata “Gabbata” una sorta di tribunale all'aperto, elevato e cilindrico, con i sedili di pietra, dove Pilato emanava i giudizi più solenni; vi si accede per mezzo di alcuni scalini.

Invece la scalinata di marmo, che sale al palazzo del pro curatore, conduce a una terrazza scoperta dalla quale Pilato parlava con gli accusatori, i quali sedevano su alcune panche di pietra all'entrata del foro.

Non lontano dal corpo di guardia e dalla colonna della flagellazione si trovano le prigioni sotterranee in cui erano stati rinchiusi due ladroni.

Dietro al palazzo del procuratore ci sono altre terrazze con chioschi e giardini che conducono alla dimora di Claudia Procla, moglie di Pilato.

Erano circa le sei del mattino, secondo il nostro modo di calcolare il tempo, quando il triste corteo raggiunse il palazzo di Pilato. Sfigurato orribilmente dai maltrattamenti, Gesù fu condotto fin sotto la scala del procuratore, mentre i sinedriti si erano disposti davanti al pretorio senza varcarne la soglia per non contaminarsi. La striscia che essi non dovevano oltrepassare era tracciata sul selciato del cortile. Pilato stava sopra la grande terrazza sporgente, disteso su una lettiga; davanti a sé aveva una piccola tavola a tre pie di sulla quale erano collocate le insegne del suo rango.

Accanto a lui c'erano ufficiali e soldati con i fregi e le insegne del potere romano.

Quando Pilato vide arrivare Gesù in mezzo a un gran de tumulto, si alzò e parlò con un'aria sprezzante:

«Perché venite così presto? Come mai avete ridotto quest'uomo in così miserabili condizioni? Cominciate di buon'ora a percuotere e scorticare le vostre vittime!», e indicò Gesù in mezzo a loro.

I Giudei, senza rispondere, urlarono agli sgherri:

«Avanti, conducetelo al tribunale!».

Poi si rivolsero a Pilato:

«Ascolta le nostre accuse contro questo malfattore. Noi non possiamo entrare nel tuo tribunale, perché secondo la nostra legge ci renderemmo impuri».

Solo gli sgherri salirono i gradini di marmo trascinando Gesù sulla grande terrazza sporgente.

Pilato aveva spesso sentito parlare di Gesù di Nazaret, “il Galileo”. Ora, nel vederlo così sfigurato e maltrattato, sentì aumentare il suo disgusto per i sacerdoti del tempio. Con tono imperioso e sprezzante il procuratore romano chiese loro:

«Di che cosa accusate quest'uomo?».

«Se non fosse un malfattore non te l'avremmo condotto»,risposero irritati.

«E meglio che lo giudichiate secondo le vostre leggi», replicò Pilato.

«Tu sai che abbiamo pesanti limitazioni riguardo alla pena capitale», risposero i sacerdoti con voce ansiosa, per ché volevano uccidere Gesù prima della festa solenne.

Pilato dimostrò di non essere disposto a condannare Gesù senza prove e intimò loro di produrre i capi d'accusa. Essi ne presentarono tre, per ognuno dei quali erano pronti a deporre dieci testimoni. I sinedriti volevano persuadere a tutti i costi Pilato che Gesù era reo innanzi tutto contro l'imperatore, in modo che fosse condannato dal procuratore romano.

Essi presentarono Gesù di Nazaret come agitatore delle masse, colpevole di avere turbato l'ordine pubblico; aggiunsero che egli violava il sabato perché operava guarigioni in quel giorno sacro. A questo punto furono interrotti da Pilato:

«A quanto sembra, voi non siete malati, diversamente le sue guarigioni non vi avrebbero scandalizzati».

Senza badare all'ironia del procuratore romano i sinedriti continuarono:

«Attira il popolo con insegnamenti orrendi, dice che per ottenere la vita eterna bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue».

Rendendosi conto dell'accanimento col quale essi presentavano le accuse, Pilato, sorridendo ai suoi ufficiali, disse ai Giudei:

«Sembra che anche voi seguiate la sua dottrina, perché avete fretta di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue!».

Imperturbati, essi passarono al secondo capo d'accusa. Dissero che il Nazareno sobillava il popolo a non pagare il tributo all'imperatore. Nell'udire queste parole Pilato ebbe un moto di collera e li interruppe con tono tagliente:

«Questa è una grande menzogna perché io l'avrei saputo prima di voi!».

E, senza reagire, i Giudei mossero contro Gesù la terza accusa:

«Comunque sia, quest'uomo di bassa origine ha formato un grande partito e ha profetato la caduta di Gerusalemme. Inoltre diffonde tra il popolo parabole a doppio senso circa un re che prepara le nozze di suo figlio. Costui ha radunato sopra una montagna una moltitudine di gente che lo ha proclamato re.

Ma il Galileo ha trovato che il tempo non era ancora maturo per quest'evento e si è tenuto nascosto, uscendo fuori solo recentemente per assumere la dignità regale. Infatti è stato accolto trionfalmente dalla folla osannante di Gerusalemme che lo acclamava: “Figlio di Davide! Bene detto sia il regno del nostro padre Davide!”. Si è fatto chiamare Cristo, re dei Giudei, l'unto del Signore, il re promesso agli Ebrei!».

Su queste ultime parole, confermate da dieci testimoni, Pilato apparve molto pensoso; passò nell'ultima sala del tribunale e ordinò alle guardie di portargli Gesù per interrogarlo.

Pilato era un pagano superstizioso e alquanto superficiale, facile a turbarsi. Aveva sentito parlare vagamente dei «figli degli dèi romani»; non ignorava neppure che i profeti dell'antichità giudaica avevano preannunciato «l'Unto del Signore», il Messia promesso ai Giudei.

Sapeva inoltre che dall'Oriente erano venuti alcuni re a visitare il vecchio Erode, il quale aveva fatto massacrare molti lattanti. Pilato non credeva che Gesù, caduto in tali compassionevoli condizioni, potesse essere il re della promessa, ma lo volle interrogare ugualmente perché era accusato di voler usurpare i diritti dell'imperatore.

Quando Gesù gli fu dinanzi, Pilato, dopo averlo scrutato con stupore, gli chiese:

«Sei dunque il re dei Giudei? ».

Gesù gli disse:

«Mi chiedi questo spontaneamente o altri ti hanno parlato di me?».

«Sono io forse un ebreo per interessarmi di simili miserie? Il tuo popolo ti ha consegnato a me perché io ti con danni a morte. Dimmi: che cosa hai fatto?», gli chiese Pilato in tono sprezzante.

L'interrogato rispose:

«Sì, sono re, come tu dici. Sono nato e venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia voce».

Pilato, alzandosi, lo guardò e disse:

«Cos'è mai la verità?».

Egli aveva ormai compreso che Gesù non poteva danneggiare l'imperatore romano. Fece ritorno sulla terrazza e sentenziò, rivolto ai sinedriti:

«Non trovo alcuna colpa in quest'uomo!».

I nemici di Gesù reagirono scagliando contro di lui un mare di accuse e d'improperi. Siccome il Salvatore restava silenzioso e orante, Pilato gli disse:

«Non hai nulla da obiettare a queste accuse?».

Gesù non proferì parola.

Il procuratore romano aggiunse:

«Costoro inventano menzogne contro di te!».

Intanto gli accusatori gli continuavano a gridare furiosi:

«Non trovi colpa in un miserabile che ha sollevato la popolazione dalla Galilea fino qui?».

Udendo nominare la Galilea, Pilato domandò:

«Ma quest'uomo è Galileo, quindi suddito di Erode?».

«Sì!», risposero i sinedriti. «La sua residenza attuale è a Cafarnao e i suoi genitori hanno avuto dimora a Nazaret».

«Se è suddito di Erode, conducetelo dinanzi a lui. Egli è qui per la festa e potrà giudicarlo».

Detto questo, Pilato inviò un messo a Erode e fece condurre Gesù fuori del tribunale. Così fu felice d'aver evitato il giudizio su Gesù, perché questo compito gli era assai increscioso.

Inoltre Pilato desiderava mostrarsi gentile con Erode, con il quale era in urto per motivi politici. Il procuratore romano sapeva che il tetrarca era molto curioso di vedere Gesù.

Furiosi per l'affronto subito di fronte al popolo, i sinedriti fecero ricadere tutta la loro collera sul Redento re. Lo fecero frustare selvaggiamente e, coprendolo di insulti, lo trascinarono da Erode. Attraversando la folla che gremiva le vie di Gerusalemme giunsero alla reggia del tetrarca.