Santo Rosario on line

Martedi, 30 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Pio V ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Seguire Cristo è un invito da accogliere adesso e non da rimandare a domani o a quando ogni cosa sarà apposto. Bisogna seguire Cristo senza rimpianti, ripensamenti o voltafaccia, con abbandono totale alla Provvidenza. Se segui Cristo fedelmente, probabilmente si solleveranno contro di te le malelingue e calunnie, subirai la derisione e l'umiliazione; perderai molti amici e la stima; incontrerai molte difficoltà e prove di ogni genere; sarai attaccato dal demonio che tenterà di allontanarti dal cammino. Ma se resisti e perseveri, Gesù ti restituirà centuplo, già ora, in grazia e amore. Lode a Te, Signore!
font

La Passione di Gesù dagli scritti della Beata Anna Caterina Emmerick



Quaresima

Gesù oltraggiato e percosso nella casa di Caifa

Non appena Caifa e i membri del consiglio lasciarono la sala del tribunale, la folla si accanì bestialmente contro Gesù, abbandonandosi a ogni eccesso di crudeltà. Solo due sgherri lo tenevano per le funi perché gli altri due erano usciti. Già durante il processo alcuni perfidi avevano strappato al Signore intere ciocche di capelli, e così pure la barba; qualche pia persona le raccolse furtivamente e le portò via, ma poco tempo dopo non le trovò più.

Vidi Gesù coperto di oltraggi, sputi e percosse di ogni sorta, schiaffi, pugni e bastonate. Gli sgherri, dopo averlo ferito con bastoni acuminati, sputandogli continuamente in faccia, gli vuotarono sulla santa testa un secchio di acqua sporca dicendogli:

«Ti rendiamo la tua unzione regale, così ti purifichiamo!».

Poi gli strapparono con violenza la veste e gli misero sul capo una corona di paglia di frumento a guisa di mitra vescovile, quindi lo rivestirono di un lurido manto che gli scendeva fino alle ginocchia. Non contenti ancora, i torturatori appesero al collo di Gesù una catena di ferro che terminava con due pesanti anelli, le cui punte gli ferivano le ginocchia quando si muoveva.

Senza mai cessare di percuoterlo con i pugni e i pesanti bastoni nodosi, gli bendarono gli occhi con uno straccio sudicio e lo percossero, dicendogli:

«Gran profeta, indovina: chi ti ha percosso?».

Vidi Gesù pregare per i suoi perversi torturatori.

Nonostante il sangue, i lividi e i tormenti, vidi il Signore aureolato di luce magnifica; la stessa non l'aveva più la sciato da quando egli si era proclamato Figlio di Dio.

Trascinato per mezzo della catena attorno al collo, Gesù fu condotto dalle guardie nella sala antistante dov'era riunito il consiglio, i cui membri, appena lo videro, cominciarono a ingiuriarlo e a deriderlo. Però le loro pesanti offese non sfioravano minimamente la gloria della sua magnifica santità. Perfino quei perfidi percepirono vaga mente la luce della grazia che splendeva sul Figlio di Dio.

Pietro rinnega tre volte il Signore

«“Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?”. Pietro rispose: “Non lo sono!”» (Giovanni 18,17).

Pietro, confuso e intimorito, restava seduto nell'atrio a scaldarsi vicino al fuoco, ma la tristezza impressa sul suo volto lo rese sospetto agli altri. La portinaia si avvicinò al fuoco e gli chiese:

«Sei discepolo del Nazareno?».

L'apostolo, vedendosi scoperto, impallidì, senza avere il coraggio di rispondere. Un altro gridò:

«Sicuro, io l'ho visto, era con il Galileo!».

Fortemente spaventato, temendo di essere maltrattato da quella gentaglia, Pietro negò per la prima volta il Signore:

«Io non lo conosco».

Proprio in quel momento mi sembrò di udire il canto del gallo.

Un'altra donna, che lo fissava attentamente, disse a quel li che le stavano accanto:

«Anche costui era con quel Gesù di Nazaret!».

Quest'affermazione fu confermata da altre persone. Pietro, per timore di essere arrestato, rinnegò Gesù per la seconda volta:

«Non conosco affatto quell'uomo!».

Afflitto per essere stato costretto a rinnegare Gesù una seconda volta, Pietro, in preda alla disperazione, uscì dal vestibolo e corse fuori.

Nel cortile esterno incontrò alcuni discepoli che gli chiesero notizie del processo a Gesù, ma l'apostolo, senza rispondere, consigliò loro di ritirarsi.

Dopo poco tempo, ansioso di rivedere Gesù, egli ritornò e si sedette di nuovo vicino al grande braciere, poiché non vide più la portinaia e quell'altro. Vicino a lui c'era no alcune persone che parlavano del Signore come di un grande farabutto. Pietro intervenne spontaneamente per dire qualche parola in favore di Gesù. Fu così che uno di quelli lo riconobbe, trasalì e gli disse:

«Tu sei un discepolo del Galileo, ti ho visto mentre tagliavi l'orecchio di Malco!».

A tale accusa egli si sentì mancare e dichiarò solenne mente di non conoscere affatto Gesù.

Con il cuore in gola, tormentato dalla paura e dalla vergogna, Pietro udì il gallo cantare tre volte. Fattosi animo, l'apostolo si confuse tra la folla e giunse sotto l'arco della sala rotonda, dove vide il Signore sanguinante, con una corona di paglia intorno alla testa, ingiuriato e maltrattato nel più orrendo dei modi. Gesù gli rivolse uno sguardo di pietosa commiserazione, come a volergli ricordare il compimento della sua profezia: Pietro l'aveva rinnegato tre volte al sorgere dell'alba, prima che il gallo cantasse. Sotto quello sguardo l'apostolo sentì cadere su di sé il peso della sua miseria e fu angustiato dal dolore del sincero pentimento. Allora si coprì la testa con il manto e decise di confessare il suo peccato di presunzione, memore di aver detto al Signore: «Meglio morire piuttosto che negarti!».

Immenso fu lo strazio della santa Vergine quando Pietro le confessò che aveva rinnegato tre volte il suo Figlio diletto. Ella gli aveva domandato:

«Simone, informami di quanto è avvenuto al mio amato Figlio...».

Molto turbato, l'apostolo non le rispose.

La Madre addolorata, avvicinandosi, gli chiese:

«Perché non mi rispondi?».

«Oh, Madre, non mi parlare! Hanno condannato Gesù a morte, e io l'ho vergognosamente rinnegato tre volte...».

A queste parole la Madre di Gesù svenne proprio vicino alla porta di Gerusalemme, lasciandosi cadere su una pietra dove rimasero impresse le orme della sua mano destra e del suo piede.

L'apostolo fuggì via dalla vergogna. Un'altra causa di strazio, per la Vergine, fu quando vide gli operai che preparavano la croce per suo Figlio.

La veggente così raccontò al poeta Brentano: «Mi accorsi che gli angeli impedivano gli operai nel loro lavoro, affinché venisse eseguito secondo il modello voluto da Dio».

Gesù in carcere

Vidi Gesù in una piccolissima cella dal soffitto a volta; uno spiraglio di luce penetrava da una fessura in alto. La prigione era sotterranea al tribunale di Caifa.

Al Signore non gli era stata restituita la veste, era ricoperto solo da una fascia sul basso ventre e sulle spalle portava uno straccio rosso pieno di sputi. Non appena fu in carcerato, Gesù offrì i suoi patimenti al Padre celeste per espiare i peccati del mondo e dei suoi carnefici.

Subito dopo i maltrattamenti nella casa di Caifa, il Signore era stato portato in quella segreta e legato a una colonna molto bassa al centro della prigione. Questa posizione era abbastanza dolorosa perché lo costringeva a tenersi sulle gambe spossate e i piedi feriti e gonfi, mentre i carcerieri non cessavano di malmenarlo. Quando gli aguzzini si davano il cambio, i nuovi arrivati, freschi e riposati, si accanivano con maggior foga contro di lui. Intanto il Redentore continuava a pregare incessantemente, volgendo il suo sguardo luminoso in alto, verso il sole nascente che annunziava la sua passione. Lo udii sospirare e ringraziare Dio per quel giorno ardentemente atteso dagli antichi patriarchi.

Vidi il primo raggio di sole risplendere sul capo del Signore, quale benedizione mattutina del Padre al Figlio. Era il giorno del nostro riscatto.

Nel vedere questa scena triste e commovente, lo supplicai con le lacrime agli occhi:

«Oh, mio Sposo divino, lasciami partecipare alla tue sofferenze causate anche dai miei peccati!».

Circondato di luce, Gesù apparve tanto santo e buono che perfino i carcerieri non osarono più tormentarlo.

Disperazione di Giuda

Vidi Giuda introdursi nel recinto del tribunale di Caifa; sul suo volto si leggeva la più completa disperazione.

Fino a quel momento aveva vagato come un folle tra i cumuli di rifiuti alla periferia di Gerusalemme.

I trenta denari, prezzo del suo tradimento, erano nella borsa appesa al suo fianco sotto il mantello. Quando egli entrò nel tribunale il processo era già finito e la sala era immersa nel silenzio.

Profondamente turbato, Giuda chiese a una delle guardie l'esito del processo a Gesù.

«E stato condannato a morte e sarà crocifisso», gli fu risposto.

Le guardie aggiunsero che all'alba il Galileo sarebbe stato trascinato di nuovo dinanzi al consiglio per essere con dannato pubblicamente.

Il traditore uscì dal tribunale e apprese dalla gente altre notizie riguardo al Redentore. Udì raccontare con quanta durezza Gesù era stato trattato e con quanta pazienza aveva sopportato i maltrattamenti, gli schemi e le sofferenze.

Caduto nella più profonda disperazione, l'infame traditore si nascose dietro la casa di Caifa; egli, come Caino, voleva sfuggire gli uomini. Proprio in questo luogo alcuni operai erano intenti a costruire la croce: i singoli pezzi erano in ordine l'uno vicino all'altro. Giuda guardò quella scena con terrore e fuggì via spaventato: quel patibolo era il frutto del suo orribile tradimento. Il miserabile si celò nei dintorni in attesa di conoscere il giudizio definitivo.

Il processo

Alle prime luci dell'alba il sinedrio si radunò nella gran de sala del tribunale. Il consiglio era formato dai sommi sacerdoti, Caifa e Anna, dagli anziani e dagli scribi del popolo. Il giudizio su Gesù della notte precedente era stato solo preliminare, adesso serviva un giudizio definitivo valido pubblicamente, perché la legge non consentiva che fosse emessa una sentenza durante la notte. Era la vigilia di Pasqua e il tempo stringeva; i sacerdoti volevano condannare e crocifiggere il Nazareno prima della festa. Vidi che dal consiglio erano stati esclusi tutti coloro che coltivavano buone intenzioni verso Gesù, compresi quelli che non erano suoi dichiarati nemici. Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea e gli altri membri esclusi avevano lasciato il tribunale e si erano ritirati nel tempio.

Quando tutto fu pronto, Caifa ordinò che venisse introdotto Gesù per la sentenza.

I carcerieri trascinarono Gesù nella sala con orribile brutalità, tirandolo per una fune, tra beffe e percosse. Traboccando ira, Caifa lo interrogò:

«Sei tu dunque l'Unto del Signore, il Figlio di Dio?».

Gesù, con somma pazienza e solenne gravità, gli rispose:

«Se io ve lo dico, non mi credete e non mi rispondere te, né mi lascerete andare, perciò fin d'ora il Figlio dell'uomo starà assiso alla destra di Dio».

I giudici si guardarono tra loro, poi dissero a Gesù con tono sdegnoso:

«Tu sei dunque il Figlio di Dio?».

«Voi lo dite, io lo sono!», rispose Gesù con la voce della Verità.

Allorché il Signore pronunziò queste ultime parole tutti si levarono contro di lui indignati:

«Cosa vogliamo di più, oltre questa bestemmia? Quale altra prova andiamo cercando?».

Dopo averlo ingiuriato, accusandolo di essere un vagabondo impostore, lo fecero legare di nuovo e gli misero una corda al collo per inviarlo dinanzi al procuratore romano come condannato a morte.

Il sinedrio aveva deciso di presentarlo a Pilato in qualità di «criminale nemico dell'imperatore», allo scopo di legittimare la condanna di Gesù.

Suicidio di Giuda

«Ecco perché quel campo è chiamato anche oggi “Campo del sangue”» (Matteo 27,8).

Caifa fece inviare un messaggero da Pilato per pregar lo di giudicare «il Galileo criminale» prima della festa solenne.

Davanti al palazzo di Caifa fu organizzato il corteo che doveva condurre Gesù da Pilato: i sommi sacerdoti e alcuni membri del sinedrio precedevano in abiti solenni, seguivano subito dopo i falsi testimoni e un gruppo di perversi scribi e farisei, acerrimi nemici del Signore; dietro di loro camminava Gesù, trascinato dagli sgherri con le funi. La schiera partì da Sion diretta verso la città bassa, dove si trovava il palazzo del procuratore romano.

Giuda, che era rimasto nei paraggi, udiva la voce del popolo:

«Il gran consiglio ha condannato il Galileo a morte, lo conducono da Pilato. Sarà senz'altro crocifisso. Durante il processo ha dimostrato un coraggio e una pazienza senza limiti, non ha mai risposto, ha solo detto che presto siederà alla destra di Dio. L'hanno ridotto davvero male! E stato venduto al sinedrio da un suo discepolo che ha consumato con lui l'agnello pasquale. Questo miserabile meriterebbe anch'egli la condanna a morte!».

Nell'udire queste parole il traditore fu afferrato da un'indicibile angoscia, sentì improvvisamente il peso delle trenta monete nella borsa appesa alla sua cintura: era come il peso dell'inferno.

Tormentato nell'anima, si mise a correre all'impazzata come se fosse inseguito da un demonio.

Non andava a gettarsi ai piedi del Signore, a chiedergli perdono e a morire con lui, ma correva al tempio con la speranza di sbarazzarsi del vile tradimento.

Nel luogo di culto si trovavano molti membri del consiglio, essendovi si recati subito dopo il processo a Gesù.

Fuori di sé, Giuda staccò dalla cintura la borsa con i denari e la tese a quelli, poi con voce rotta dall'angoscia esclamò:

«Riprendetevi il vostro denaro, ma liberate Gesù! Io rompo il patto perché riconosco di aver tradito un inno cente».

I membri del consiglio lo guardarono con alterigia e, di mostrandogli tutto il loro disprezzo, gli dissero:

«E che c'importa che tu abbia peccato? Se tu credi di aver venduto sangue innocente è una cosa che non riguarda noi, ma solo te! Noi abbiamo condannato un uomo degno di morte e non vogliamo più sentir parlare del denaro che ti abbiamo dato!».

E senza toccare il denaro, che Giuda tendeva loro con la mano destra, si allontanarono.

In un impeto d'ira, il traditore strappò la borsa e gettò le monete nel tempio; fatto questo fuggì dalla città.

Vidi Satana correre al suo fianco nella valle di Hinnon, luogo in cui gli Ebrei avevano, un tempo, sacrificato i propri figli agli idoli.

Il diavolo sussurrava a Giuda tutte le maledizioni che i profeti avevano scagliato sulla valle, come se le medesime ricadessero su di lui, vivo esempio di quei delitti.

Il demonio gli ripeteva:

«Caino, dov'è Abele, tuo fratello? Che hai fatto? Il suo sangue grida: Che tu sia maledetto sulla terra, dove andrai errando senza pace!».

Nel volgere gli occhi verso il torrente Cedron, dov'era giunto, e verso il Getsemani, udì le ultime parole che Gesù gli aveva rivolto: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo!». Allora sentì di perdere la ragione e fu pieno di orrore per se stesso. Satana gli sussurrò all'orecchio:

«Qui Davide passò il Cedron fuggendo davanti ad Assalonne, il quale morì appeso a un albero».

Con la mente completamente ottenebrata dalla pazzia, Giuda giunse in una zona fangosa piena di immondizie e, in questo lurido luogo, Satana la fece finita con lui sussurrandogli:

«Lo stanno conducendo a morte, perché tu lo hai venduto! Miserabile, come potrai sopravvivere?».

Spinto dall'estrema disperazione, il traditore prese la cintura e si impiccò a un albero. Subito dopo il suo corpo crepò e io vidi le sue viscere spargersi a terra.