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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Nel cammino di fede può capitare che il demonio ti ispiri dei propositi positivi: sabotando, ti prefigge di raggiungere obiettivi alti e belli ma, ahimè, irraggiungibili e fuori dalla tua portata. Prima o poi arriverai ad un punto in cui ti arrenderai nel vedere che quel obiettivo non è per te. Nel frattempo, purtroppo, hai perso molte energie spirituali. È meglio fissare degli obiettivi raggiungibili e concretizzarli passo dopo passo. Così semplifichi il tuo cammino e ti dai anche la possibilità di crescere strada facendo, rendendo sempre più ricco il tuo bagaglio spirituale. Puoi anche inciampare o rallentare il passo, ma se mantieni ferma la decisione di seguire il Signore, il cammino sarà sempre più sorprendente.
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Maggio, mese di Maria Santissima - Meditazioni di don Bosco



Maria



Giorno decimonono. Eternità delle pene dell'inferno.

- v. Deus, in adjutorium meum intende.
- n. Domine ad adjuvandum me festina.
- Gloria Patri etc.
- Gesù mio, misericordia

1. Le pene dei dannati non cagionerebbero tanto terrore, se un giorno dovessero finire. Ma non è così. Levatevi quest' inganno, dice Iddio; i dannati nell' inferno saranno tormentati giorno e notte per tutti i secoli. Cruciabuntur die ac nocte in sæcula sæculorum (Apoc. c. 20). Questa è verità di fede, e Dio ha voluto che fosse ripetuta in molti luoghi della Sacra Scrittura: partite da me, dice il Salvatore ai reprobi, o maledetti, andate nel fuoco eterno (Matt. 25). Gli empii andranno in un supplizio eterno, e le pene dei dannati saranno a guisa di una morte che non uccide mai in eterno (2. Thess. 1). O cristiano, se per disavventura cadrai nell'inferno, non uscirai mai più, e patirai quei mali per tutta l'eternità. Chi non tremerà a questo pensiero?

2. Il dannato nel mezzo delle fiamme è tormentato e nell' anima e nel corpo. Ma i rimorsi della coscienza sono il peggiore di tutti i mali. Dice il Salvatore, che il fuoco dell'inferno va congiunto con rimorso che a guisa di verme roderà la coscienza de' reprobi in eterno: vermis eorum non moritur et ignis non extinguitur. Il primo rimorso sarà il pensare per quanto poco si è dannato. Che dolore al pensare che per una soddisfazione momentanea si è perduto un regno eterno di contenti! Gionata allorchè videsi condannato a morte da Saulle, suo padre, pensando che era condannato solo per aver gustato un po' di miele, andava esclamando: non mi rincresce il morire; ma ciò che mi addolora si è il morire solo per aver gustato un po' di miele. Paululum gustavi melis, et ecce morior. Oh Dio! e qual pena porterà al dannato il pensiero della causa di sua dannazione? Oh se noi potessimo interrogare i dannati, e dimandar loro: che vi rimane ancora, o infelici, di quei gusti, di quelle soddisfazioni, di quei piaceri goduti in vita? Che vi rimane ancora di quell'ultimo peccato per cui vi siete dannati? Ah noi infelici! risponderanno, per un gusto brutale, che scomparve come vento, noi avremo da ardere in questo fuoco, disperati e cruciati per tutta l'eternità! Penseranno eziandio i dannati alla facilità con cui avrebbero potuto salvarsi. Comparve un dannato a sant' Umberto, e disse, che la maggior afflizione che pativa nell' inferno era il pensiero del poco per cui si era dannato e del poco che avrebbe dovuto fare per salvarsi.

3. Almeno il dannato potesse ingannare se stesso, e dire: questi tormenti un giorno finiranno; ma no. Passeranno venti anni dacchè tu sarai all'inferno, ne passeranno mille e l' inferno allora incomincia; ne passeranno cento mila, cento milioni, mille milioni di anni e di secoli, e l'inferno sarà da capo. Se un Angelo portasse la nuova ad un dannato che Iddio lo vuole liberare dall' inferno quando saranno passati tanti milioni di secoli, quante sono le gocce di acqua, le foglie degli alberi, i granelli di sabbia del mare e della terra, questa nuova porterebbe la più grande consolazione ad un dannato. Esso direbbe: è vero che hanno da passare tanti secoli, avranno però da finire un giorno. Ma passeranno tutti questi secoli e tutti i tempi immaginabili e l'inferno sarà sempre da principio. Ogni dannato farebbe questo pattò con Dio: Signore, accrescete quanto vi piace queste mie pene, fatemi stare in questi tormenti quanto tempo vorrete, basta che mi diate la speranza che siano una volta per finire. Ma no, questo termine non verrà mai, e Iddio farà sempre rispondere: in inferno nulla est redemptio. Tutto ciò che vede, ciò che sente, ciò che gusta, ciò che patisce, tutto gli ricorda l'eternità. Sempre, non mai, eternità vedrà scritto su quelle fiamme che lo cruciano; sempre, non mai, eternità sulla punta delle spade che lo trafiggono; sempre, non mai, eternità su quei demonii che giorno e notte lo tormentano; sempre, non mai, eternità su quelle porte che non si apriranno mai più. Quanti al pensiero dell' eternità abbandonarono il mondo, la patria, i parenti per andarsi a confinare nelle grotte, nei deserti, vivere soltanto a pane ed acqua e talvolta a sole radici di erba, e tutto questo per evitare le pene eterne dell'inferno! E tu, cristiano, che fai? dopo esserti tante volte meritato quelle pene col peccato, che fai? Prostriamoci ai piedi del nostro Dio, e pentiti dei peccati commessi, diciamogli così: Signore, vi prometto di non mai più peccare per l'avvenire, datemi ogni male nella vita presente, purchè non mi mandiate all'inferno. Cara Madre Vergine Maria, liberate dall'inferno l'anima mia.

Esempi.

S. Policarpo Vescovo di Smirne quando era condotto al martirio, disse al proconsole che facesse pur venire contro di lui le fiere. Il proconsole rispose: dacchè le fiere non ti spaventano, temerai certamente il fuoco, nel quale ti farò bruciare vivo, se non rinunzi alla tua religione. A cui s. Policarpo: veramente mi fai una minaccia terribile; pensi tu che debba temersi un fuoco che dopo un'ora o poco più si spegne? Ti dirò qual fuoco si debba temere e che tu non sai. Avvi un fuoco di pene atrocissime che è riserbato nell' altra vita agli empii; questo è il fuoco che temo io. (Dal Cesari).

Eravi un signore nel regno di Francia, il quale aveva passato la sua vita nei passatempi e nelle delizie del mondo. Egli però era molto dotto, ed un giorno cominciò a pensare se i dannati nell'inferno dovessero dopo mille anni essere liberati; e rispose a questo suo pensiero di no. Appresso diceva fra sè: forse saranno liberati dopo cento mila anni? E tosto il pensier suo rispondeva egualmente no. Poi andava dicendo tra sè: forse dopo mille milioni d'anni saranno liberati? No diceva. O almeno i dannati usciranno dall'inferno quando siano trascorsi tanti migliaia d'anni quante sono le gocciole d'acqua nel mare? E rispose a se medesimo che mai no. Commosso da tal pensiero sentissi un gran dolore de' suoi peccati e si pose a piangere la vita sregolata che aveva tenuto fino allora; di poi abbandonò il peccato, il mondo e le sue vanità. Come cominciò a gustare la dolcezza del servizio di Dio andava dicendo; oh come sono stolti e miseri gli uomini del mondo, i quali pel piacere di un momento vanno alle pene eterne che non avranno mai più fine. (Dal Passavanti).

Giaculatoria.

Sentomi in fondo al cuore
Voce, che ognor mi dice:
O buona, od infelice,
Avrai l'eternità.

Preghiera.

Ricordatevi o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo, che da Voi sia stato rigettato od abbandonato alcuno, il quale implori i vostri favori. Io animato da questa fiducia, mi presento a voi. Non vogliate o madre del Verbo Eterno disprezzare le preghiere di questo vostro umilissimo figlio, uditelo favorevolmente, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria