Biografia di Santa Clelia Barbieri
Al servizio del popolo di Dio
Il Ritiro si aprì il 1° maggio. Le ragazze entrarono povere e liete, con una cambiale in bianco sottoscritta dalla divina Provvidenza... La mattina, dopo la Messa, fecero ingresso nella casa del maestro Clelia e Orsola; la sera si unirono a loro Teodora e Violante. In questa entrata a due a due si avverte un richiamo evangelico, ma anche una precauzione di fronte al finimondo degli ultimi mesi.In tavola, a cena, ci fu un uovo in quattro. E non mancò fin dal primo momento un segno di benedizione dall'alto e di solidarietà paesana. Una bambina di 6 anni, Maria Baroni, bussò alla porta con quattro pani: «Portali a Clelia tu che le vuoi tanto bene - le aveva detto la nonna - che abbiano da mangiare questa sera...».
La fondazione esprime l'ideale maturato negli ultimi anni. C'è un ampio respiro di preghiera, anche al mattino presto e alla notte tardi, e il cuore aperto a tutti i bisogni della comunità, con un particolare genio per cogliere i casi più acuti: figli abbandonati, orfani, malati, anime in crisi.
Clelia sapeva interpretare anche il silenzio, o lo scarso e inceppato linguaggio dei balbuzienti. Così fu per Celestino Cocchi, un allievo della classe dei comunicandi, il quale si era impappinato all'esame di dottrina, come capita agli handicappati della parola in certe «giornate-no». Don Guidi, che pure era un mite di cuore, scosse la testa. Il ragazzo non fu ammesso alla prima Comunione.
C'era dietro una storia di miseria familiare. La mamma era costretta a mettere il ragazzo a servizio come garzone presso un contadino. La sera stessa Clelia, recatasi a casa, quando il ragazzo era già a letto, lo interrogò con tanta arte da renderlo insolitamente sciolto nel linguaggio. Poté poi attestare al parroco che era preparato; e così Celestino fece la comunione insieme agli altri.
La solidarietà della povera gente, all'interno dei cortili a cui si affacciavano le case dei pigionanti, era immediata e istintiva. Quel poco che era sulla tavola, diviso, si moltiplicava... Clelia, ancora tredicenne, aveva adottato la piccola Maria Ferrari rimasta senza mamma. Ogni mattina andava a farle dire le preghiere, la pettinava, le insegnava a sbrigare le faccende di casa, l'accompagnava a scuola, e la invitava spesso alla sua povera cena condita di poco olio e molta carità... Maria, andata sposa a Carlo Gardini, diverrà madre di un vescovo, mons. Francesco Gardini, e non dimenticherà la sua giovane madrina: «Quello che so fare, l'ho imparato da lei; specialmente l'amore verso i poveri!».
Diriamisino e quiete
L'apostolato di Clelia e delle sue compagne è tipicamente missionario e itinerante. Una disponibilità flessibile e mobilissima, come conseguenza dell'Eucaristia, vena sorgiva del loro servizio. Forse dal nonno canapino, che seguiva di casa in casa nel suo lavoro giornaliero, ha appreso questo apostolato che ha l'immobilità dell'adorazione e l'estrema mobilità della vita apostolica.Esternamente nessuna forma speciale; le ragazze vestono di nero a pallini bianchi e fanno la vita di tutti: vanno nei campi a spigolare, filano al lume di lucerna a veglia nelle stalle, e magari partecipano alla festa del Carnevale in cui i budriesi, in concorrenza con i personaggi del Carnevale persicetano, Bertoldo e Bertoldino, portano Sandrone in Samoggia.
Clelia non è la figura segregata nel senso monastico tradizionale, né lo poteva essere; ma è totalmente immersa nella comunità di paese: una figura viva, reale, non una di quelle immagini disincarnate e rarefatte che non si trovano fra la gente di questo mondo.
Quando giunge alla maturità, è paragonabile a una pianta innestata. L'humus, le radici, il tronco appartengono alla terra del suo villaggio, della sua famiglia, del suo cortile, della sua struttura comunitaria. Ma c'è un germe nuovo, un dato inconfondibile che viene dall'opera creativa dello Spirito Santo. La storia dei santi è, nella sua realtà profonda e differenziale, il segno del passaggio di Dio.
Il minimo romito da Paola
Gli ultimi anni - dal 1 maggio 1868, giorno dell'ingresso nella casa del maestro, al 13 luglio 1870 - sono pieni di luce. In misura semplice e campagnola si ripetono i prodigi dell'esodo e della prima comunità apostolica.Clelia è come la fontana del villaggio. Ha il cuore liquido, come dicono. Profetizza. Intuisce i cuori. Smuove montagne indurite nel male. Consola i morenti.
Tanti episodi fanno sorgere in noi lo stupore evangelico, come il «fioretto» delle mele rubate e della lampada di S. Francesco da Paola.
Raccogliamo dalla viva voce di Anna Forni le perle di questo vangelo dell'infanzia, che segnò i primi passi del Ritiro delle Budrie.
Dice Anna: «Io ero cuciniera e una mattina non avevamo nulla in casa, neppure per sdigiunare; giacché può dirsi che per lo più si viveva della provvidenza che Dio mandava giorno per giorno. Mi presento alla fondatrice con una boccetta che conteneva un po' d'olio. - Ecco quello che abbiamo oggi: cosa faremo? - Con quel po' d'olio, rispose, andate e accendete il lume a san Francesco da Paola».
Il «minimo fra i minimi» era un grande amico di Clelia Barbieri; la sua immagine con la barba, il cappuccio, lo stendardo dal motto «Charitas» era in posizione di onore nell'arredo della casa del maestro. Una lampada perenne vi ardeva anche nei giorni di magra.