Biografia di Santa Clelia Barbieri
La beatificazione
Di questa santità giovane, maturata nei solchi della buona terra, Paolo VI espresse mirabilmente la sostanza evangelica nel discorso del 27 ottobre 1968, all'atto della beatificazione:«A che cosa paragoneremo il regno di Dio? o con quale similitudine lo figureremo? Esso è simile a un granello di senapa, il quale, quando si semina in terra, è più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma, seminato che sia, cresce e diventa più grande di tutti gli erbaggi e fa dei rami così grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Mc 4,30-32).
A queste parole del Signore correva il nostro pensiero, mentre porgevamo il nostro atto di venerazione alla nuova Beata. La prima impressione che la sua vita offre al nostro sguardo, abituati, come tutti siamo, a osservare e misurare gli uomini secondo la loro statura nel contesto storico e sociale, è quella della piccolezza. Qual è la sua storia? Si dura fatica a rintracciarla e a descriverla per la scarsezza di dati di cui si compone, per un primo motivo, quello della brevità del suo soggiorno terreno di soli ventitré anni.
Ed altro limite riscontriamo in Clelia nella scena umana in cui quella vita si svolge: l'umiltà dell'ambiente, quello di una modesta ed ignota parrocchia rurale, le Budrie di S. Giovanni in Persiceto.
Ma un'altra impressione succede, quella della scoperta. Avviene spesso nella vita dei Santi. I titoli della loro vera personalità bisogna scoprirli, e perciò bisogna cercarli. Quelli che credono che la santità abbia come manifestazione ordinaria il miracolo, spesso si illudono. Il miracolo potrà verificarsi, e costituire il segno di virtù e di carismi straordinari, e quindi di santità meritevole di speciale onore e di fiducioso credito. Ma questa santità dev'essere cercata in altre sue manifestazioni, le quali esigono nell'osservatore particolari condizioni di spirito, che sono poi quelle che da un lato rendono a lui benefico il culto dei Santi e dall'altro lo giustificano; cioè dev'essere cercata nella somiglianza, che il Santo riflette su di sé, di Cristo, il modello, il maestro, il vero santo.
E allora pare a noi di riudire la voce del Signore fare l'apologia dei suoi eletti; ed ora di questa sua fedelissima Beata; la voce, diciamo, di Lui, rimpicciolito perfino sotto il nostro livello (cfr. Fil 2,7-8), di Lui, fattosi povero quand'era la ricchezza stessa (cfr. II Cor 8,9), diventato, fratello a tutti noi per essersi definito «il Figlio dell'uomo» (Mt 8,20 ss.), e ritenuto socialmente il «Figlio del fabbro» (Mt 13,55); di Lui, che effondendo al Padre l'amarezza e la dolcezza insieme del suo cuore, posto a contatto con gli uomini ribelli e con quelli fedeli, svela il piano segreto della sua rivelazione: «Io Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai dotti e ai sapienti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto!» (Mt 11,25-26).
Ecco la sua parrocchiana
Artisti prestigiosi hanno dipinto il ritratto di Clelia Barbieri, ma l'immagine esemplare la delineò papa Montini in questa epifania del 27 ottobre 1968, in cui Clelia «umile, eletta, fedelissima» venne inserita nei ruoli della santità giovane e paragonata al chicco di grano che matura in fretta nei solchi della buona terra.Intorno al colonnato del Bernini si parlava dialetto con la tipica inflessione persicetana in quella giornata dell'ottobre romano, che segnò un memorabile incontro fra la comunità del villaggio e la Chiesa universale. Nella grande abside di S. Pietro insieme con il card. Giacomo Lercaro, già moderatore al Concilio Vaticano II, e con il card. Antonio Poma, suo sucessore nella cattedra petroniana, spiccavano le Minime dell'Addolorata e i parrocchiani delle Budrie: fra essi, radioso, don Ugo Bravi. Rivolgendosi a lui il pontefice indicò con la mano la nuova Beata in gloria: «Ecco la sua parrocchiana!».
Nell'abbraccio al pastore delle Budrie Paolo VI ricompensò i vecchi parroci di Clelia Barbieri – don Giuseppe Setanassi e don Gaetano Guidi - che avevano guidato la comunità attraverso il turbine: il colera del 1855, il tramonto dello stato pontificio nel 1859, le repressioni di Crispi nel 1866, i moti del macinato nel 1869: parroci di campagna, magnifici sacerdoti, ottimi pastori, educatori di santi.
Si rinnnovano i prodigi
Madre Clelia oggi è conosciuta, amata e invocata in tante parti della terra. Si rinnovano i prodigi. È il caso di Liana Stefanutto, che nel giugno 1982 si trovava all'unità coronarica del S. Orsola, sotto «monitor», già dichiarata irrecuperabile per un «lupus eritematoso sistemico», complicato da una gravissima sindrome cardio-respiratoria. Morire a 22 anni: è la sentenza inesorabile.Le risorse mediche sembravano urtare contro un muro. Qualcuno allora suggerii di pregare la B. Clelia, applicando sul cuore la reliquia. Fu il vescovo ausiliare Benito Cocchi. Liana, ridotta a 30 chili, si riprese nel giro di 24 ore. Ricominciò a mangiare; a sorridere. Tre anni dopo, il 4 maggio 1985, si sposerà con Carlo Zilli nella sua chiesa di Flambruzzo di Rivignano (Udine).
Mentre Liana si riconcilia con la vita, a Wadakanchery si è appena aperta la prima casa del Kerala in diocesi di Trichur. Suor Maria Rosa e le compagne indiane hanno portato con sè una reliquia ex ossibus della fondatrice, e un po' di terra delle Budrie per deporla nelle fondamenta con la prima pietra. Manca il cemento, manca l'acqua, manca la luce... La Provvidenza interviene. Si invoca l'intercessione della B. Clelia e di S. Francesco da Paola, in ginocchio, sulla terra arida. Zampilla l'acqua da cui si ricaverà il pozzo artesiano. Ne parla la stampa locale. E' una vena limpida e gustosa, inesauribile, a cui attinge anche la gente dei dintorni.
Oltre gli argini del Samoggia
La devozione popolare si fa più diffusa e condivisa. Si inaugurano targhe stradali, dedicate a «Clelia Barbieri religiosa educatrice», si erige una parrocchia alla Cavazzona di Castelfranco Emilia con il titolo della Beata Clelia. Lo stesso avviene in Africa a Usokami, dove il 12 ottobre 1985 il card. Biffi, arcivescovo di Bologna, accoglie nella povera casetta di fianco alla missione cinque aspiranti Minime tanzaniane: Monika, Rehema, Alfonsina, Luisa, Yuditha.Ben oltre gli argini del Samoggia, le Minime toccano ora le isole lontane, secondo la predizione di Clelia. Le carrozze approdano alle Budrie dal continente nero e dall'India, la culla del mondo.
Vederti santa
Il 22 maggio 1712, festa della SS. Trinità, Clemente XI iscriveva nel calendario della Chiesa universale Caterina de' Vigri (1416-1463). Per tutti, la «santa». Da allora la diocesi petroniana non ha più conosciuto una simile giornata: il «Proprio» bolognese registra una gloriosa serie di beati dal 1300 in poi; ma, al di fuori della clarissa del Corpus Domini, nessun membro della Chiesa locale ha raggiunto la canonizzazione. Sarà l'umile bracciante delle Budrie a toccare l'altissimo traguardo dopo oltre due secoli.Torna all'animo con indicibile emozione la domanda della piccola Clelia: «Dimmi, mamma, come posso farmi santa?». Imelde Becattini, verbalizzando questo interrogativo, parla di «santa ingenuità»; ma è una espressione carica di forza profetica. La pastorella di Pibrac
In quegli anni calamitosi Pio IX esercitò il carisma della consolazione innalzando agli onori dell'altare mirabili figure, fra cui Germana Cousin, beatificata il 7 maggio 1854 e santificata il 29 giugno 1867.
Se, come era consuetudine, i parroci ne diedero notizia negli avvisi domenicali, è legittimo pensare che l'incantevole vicenda della pastorella di Pibrac sia giunta all'orecchio di Clelia Barbieri. Quella giovane tolosana che un biografo chiama «fanciulla senza importanza», non può non aver colpito chi in certo modo viveva una storia parallela. Handicappata della mano destra, privata in tenera età della propria madre, Germana visse in estrema povertà. Al ritorno dai pascoli trovava riposo sopra un letto di sarmenti. Su questo sfondo, reso ancor più dolente da guerre di religione e da scontri sociali, si svolge un racconto che almeno in due occasioni splende di luce prodigiosa: il cammino a piedi nudi sul torrente Courbet, e i pani mutati in fiori nel grembiale aperto sulla neve...
Una nota specifica la accomuna alla ragazza delle Budrie: Germana parlava di Dio e della Vergine ai propri amici delle campagne, comunicando loro ciò che aveva appreso nella catechesi parrocchiale; e ogni giorno andava a Messa, affidando il suo gregge al divino pastore.
La trovarono morta, a 22 anni, un mattino d'estate del 1601. La Chiesa di Francia, agli inizi del secolo XX, la proclamò patrona della Gioventù rurale. La risposta tanto attesa
«Mamma, come posso farmi santa?»... Ci è nota la domanda: non la risposta. Forse Giacinta Barbieri si asciugò le lacrime e rimase muta, volgendo lo sguardo stupito e commosso alla sua primogenita.
La risposta verrà molto più tardi nel clima ardente della «inspirazione granda» del 31 gennaio 1869. Il dialogo non è più con la madre ma con lo sposo Gesù, che scioglie così l'interrogativo dei verdissimi anni: «... La speranza che ho di vederti santa è straordinaria».
Il grido di Clelia - «Amate Iddio!» - ha il valore di un solenne Te Deum, a cui farà eco tutta la plebs sancta, nel momento in cui Giovanni Paolo Il pronuncerà la formula di canonizzazione:
«Ad onore della Santissima Trinità, per l'esaltazione della fede cattolica e l'incremento della vita cristiana, con l'autorità del Nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto e invocato l'aiuto di molti nostri fratelli nell'episcopato, dichiariamo e definiamo santa la beata Clelia Barbieri di Bologna, la ascriviamo all'albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa sia devotamente onorata tra le sante Vergini».
Preghiera del catechista
Padre della luce, ascolta la preghiera, che ti rivolgiamo come evangelizzatori e catechisti, a cui è affidato il compito di annunciare la Parola che salvae di educare alla fède. Donaci lo Spirito di sapienza che guidò Santa Clelia alla conoscenza del mistero nascosto ai dotti e agli intelligenti e rivelato ai piccoli.
Fa' che diveniamo anche noi alla scuola di Cristo, Maestro e Sposo della Chiesa, autentici operai del Vangelo per dire a tutti, più con la vita che con le parole: «Amate Iddio, perché è grande e buono!».
Se la coscienza dei nostri limiti ci fa tremare di fronte a una missione così grande,
la tua divina misericordia, di cui Clelia Barbieri ci è messaggera e testimone, ci dà fiducia di poter collaborare, in semplicità e letizia, alla crescita del tuo popolo. Per Cristo nostro Signore.