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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

San Francesco di Sales:La modestia esteriore serve molto all’interiore e contribuisce alla pace e alla tranquillità dell’animo.
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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

UN NUOVO ORDINE MONASTICO

Fu una visione a rivelare a Brigida che avrebbe do­vuto occuparsi anche di un compito di fondamentale importanza per la vita spirituale del suo travagliato tempo: la fondazione di un nuovo ordine monastico dedicato al Santissimo Salvatore e in onore della Ver­gine Maria. Nell'introduzione alla Regola dell'ordine si legge infatti:

Io fui come un re che piantò buone vigne e per un certo tempo ne ricavò buoni frutti. Queste vigne erano gli ordini monastici e le istituzioni dei Santi Padri, che ristoravano gli assetati, riscaldavano chi aveva freddo, mortificavano gli insolenti e portavano la luce ai ciechi. Ora però mi lamento perché le siepi che proteggevano le vigne sono spezzate, i guardiani dormono ed entra­no i ladri, le radici sono scalzate dalle talpe, le viti ap­passiscono per mancanza d'acqua, i grappoli sono strap­pati via dal vento e calpestati. Affinché però il vino non scompaia completamente, voglio piantare una nuova vi­gna; lì tu porterai le viti delle mie parole.

La Regola del nuovo ordine fu dettata a Brigida in visione:

Tutti gli articoli di questa Regola mi vennero det­tati da Gesù Cristo. Non erano per me come parole scritte sulla carta, ma io li comprendevo uno dopo l'altro e con l'aiuto della grazia di Dio li ho conser­vati tutti nella mia memoria. Quando la visione ebbe fine, il mio cuore fu così pieno di calore e di gioia che nulla più vi poteva entrare, se doveva continuare a vi­vere; diversamente sarebbe scoppiato dall'allegrezza. Per molti giorni il mio cuore fu pieno e gonfio come un sacco ricolmo, e così continuò a essere finché non potei raccontare tutto a un pio amico di Dio, che scrisse ogni cosa il più rapidamente possibile. Quan­do tutto fu scritto, il mio cuore e il mio corpo tor­narono lentamente come erano prima.

Una descrizione veramente efficace dell'estasi e dei gioiosi effetti che essa produce nell'animo di chi ne è gratificato.

Il nuovo ordine doveva essere caratterizzato dalla compresenza di uomini e donne che fanno vita di­stinta ma associata: un cosiddetto «monastero dop­pio». I monasteri doppi esistevano già fin dai primi tempi dell'era cristiana sia in Oriente sia in Europa, e quello voluto da Brigida aveva quindi dei precedenti. Nel corso del suo pellegrinaggio a Santiago de Com­postela, Brigida aveva attraversato la Francia ed era venuta in contatto con l'ordine monastico di Fonte­vrault, nella diocesi di Poitiers, fondato dal beato Ro­berto d'Arbrissel nell'XI secolo, la cui caratteristica era appunto la compresenza di monaci e religiose ri­gidamente separati. I monaci erano sottomessi alla ba­dessa.

A queste caratteristiche Brigida volle attenersi. Un monastero di sole suore era per lei inconcepibile, in quanto per celebrare la messa, ricevere la confessio­ne e amministrare i sacramenti erano indisp

ensabili i sacerdoti. Suore e sacerdoti dovevano però vivere in edifici diversi e anche nei momenti comuni in chiesa occupare posizioni distanti fra loro. La Regola dettata a Brigida è assai particolareggia­ta e ispirata a un ben preciso simbolismo: in trenta ca­pitoli viene descritta tutta l'organizzazione del mo­nastero e la vita dei frati e delle suore. Nel nuovo or­dine monastico voluto da Brigida i sacerdoti devono essere tredici, come gli apostoli (il tredicesimo è san Paolo). Quattro i diaconi, che rappresentano i quat­tro grandi dottori della Chiesa: Ambrogio, Agostino, Girolamo, Gregorio. Otto i laici al servizio dei sacer­doti. Le suore devono essere sessanta. In tutto ottan­tacinque persone, corrispondenti ai tredici apostoli e ai settantadue discepoli.

La Regola descrive ogni aspetto, abito compreso. Sulla cuffia delle suore e sul mantello degli uomini cin­que fiamme di stoffa rossa simboleggiano le piaghe di Cristo.

Capo del monastero è la badessa; il primo dei sa­cerdoti, il confessore generale, deve obbedire a lei, co­sì come la Vergine, rappresentata dalla badessa, è re­gina degli apostoli.

In visioni successive furono precisate a Brigida al­tre norme, contenute nelle Rivelazioni supplementa­ri (Revelationes extravagantes), relative soprattutto al­l'ideale ascetico, assai simile a quello cistercense di san Bernardo, previsto per la vita monastica: viene sotto­lineato il valore della semplicità, dell'umiltà, dell'ob­bedienza e dei silenzio. Niente quadri alle pareti, se non quelli che rappresentano la vita di Gesù e dei santi, niente sculture, finestre con vetri bianchi o gialli. Austerità ascetica in ogni cosa. Niente organo inoltre, poiché costituisce una distrazione, e solo canti simili a quelli dei certosini, cioè puri e rivolti unicamente a Dio, e non al piacere di chi ascolta: «Al monastero de­ve in un certo senso venire a mancare il tempo, deve regnare serietà di canto, purezza dei sensi, osservan­za del silenzio, attenzione alla parola di Dio».

Nelle Revelationes extravagantes il Signore si rive­la addirittura il vero architetto della chiesa abbaziale e ne detta tutti i dettagli costruttivi. Eccone qualche esempio:

Il coro della chiesa deve essere a occidente, a lato del lago'. Deve essere un alto muro a tramonto, dal­la casa sul lago sino alla fine della corte dei clerici. Tra questo muro e il coro ci sarà uno spazio di di­ciotto aunes (misura di lunghezza di 1,20 m circa) per edificare il parlatorio, che sarà divi­so per il lungo da un muro che andrà dal coro dei Fra­telli al muro vicino al lago. In questo parlatorio i Fra­telli e le Sorelle potranno parlare fra loro delle loro necessità. Che non ci siano finestre nello spazio tra i religiosi e le religiose, così che non si vedano. Che in questo muro ci siano anche due ruote, come è costu­me in tali monasteri. E poi che il coro dei religiosi ab­bia ventidue aune di lunghezza sotto un'unica volta, dal parlatorio che guarda a occidente fino al grande altare, così che questo grande altare sia sotto la vol­ta; e i clerici devono stare tra il grande altare e la pa­rete che guarda a occidente. Quanto alla volta, essa avrà venti aune di larghezza; e il muro che è dietro, dalla parte dei religiosi verso il tramonto, avrà cinque finestre basse e vicine a terra, dove le Sorelle faran­no la loro confessione e riceveranno il corpo del Si­gnore. La chiesa stessa deve avere cinque volte nel senso della lunghezza e tre in larghezza, e ogni volta deve essere di venti aune in larghezza e ventotto in lunghezza, e che si aggiungano tre volte contigue die­tro al grande altare...

Come sede per il nuovo ordine, Brigida pensa al ca­stello reale di Vadstena, poco a nord del monastero di Alvastra, a metà strada tra questo e Ulvasa, in una insenatura del lago Vàttern. Il castello appartiene al re, e a lui quindi dovrà essere richiesto.

Trascritta la Regola, Brigida fa visita al maestro Matthias a Linkòping e gli fa leggere quanto le è sta­to dettato dal Signore. L'anziano e saggio teologo non trova nulla da obiettare e approva ogni cosa. Tutto è pronto, è tempo di ritornare alla vita pubblica.

Dopo due anni di completo ritiro ad Alvastra, Bri­gida dà inizio alla sua missione e si reca alla corte di Stoccolma per far sapere al re e ai nobili quanto il Si­gnore le ha ordinato di comunicare loro; deve inol­tre compiere i passi necessari per far approvare la sua Regola e svolgere i suoi compiti politici.

Durante il soggiorno al monastero di Alvastra, Bri­gida era sempre stata ben informata di ciò che acca­deva a corte dal fratello Israel e dai figli maggiori Karl e Birger che, per il loro rango e i loro uffici, la fre­quentavano regolarmente. A corte si viveva allegra­mente e nel lusso, ma il paese era gravato da tasse sempre più pesanti.

Per ordine del Signore, Brigida torna quindi a cor­te e viene subito ricevuta dal re, che l'ascolta in un misto di devozione, affetto e timore. Brigida ha molte cose da rimproverargli: Magnus è pavido, cede facil­mente al parere altrui, non vuole contrariare nessu­no. Politicamente aveva commesso l'errore di aiutare lo Holstein contro il re danese e molti soldati svede­si erano caduti nell'assedio del castello di Copena­ghen. Il re inoltre aveva contratto molti debiti per ac­quisire nuove terre e aveva di conseguenza imposto gravose tasse al popolo.

Brigida ha anche molte importanti richieste da fa­re al re: prima di tutto, la sua approvazione del pro­getto di un nuovo ordine e l'appoggio alla richiesta di ratifica della Regola da parte del papa; poi la do­nazione del castello reale di Vadstena come sede del monastero. Brigida chiede inoltre al re che la Svezia, neutrale, supplichi il papa di farsi mediatore di pace tra Francia e Inghilterra. Brigida conosceva bene, per averle constatate di persona nel corso del suo pelle­grinaggio a Santiago de Compostela, le devastazioni e la miseria provocate dalla guerra tra le due grandi nazioni, e questa consapevolezza la induceva a impe­gnarsi con tutta se stessa per porvi rimedio. Infine Bri­gida prospetta al re una crociata in Finlandia per con­vertire i pagani, cosa che del resto era già nei progetti di Magnus .

Il re plaude all'idea di un ordine tutto svedese, che costituisce una prestigiosa novità in quanto tutti gli or­dini esistenti nel Paese erano fino ad allora venuti da fuori (i cistercensi dalla Francia, i francescani e i do­menicani dall'Italia), e appoggia la richiesta di ap­provazione della Regola da parte del papa, al quale sarà inviato un messaggero. Quanto al castello di Vad­stena, chiede di potersi consultare con Bianca, la re­gina sua moglie. Anche il suggerimento di intercede­re presso il papa incontra il favore del sovrano.

Brigida si mette all'opera: prepara messaggi per Edoardo III d'Inghilterra e Filippo di Valois, re di Francia, ai quali chiede, nel nome del Signore, di giun­gere alla pace; propone anche che si cerchi un accor­do attraverso un matrimonio che ristabilisca l'armo­nia tra le due case regnanti.

Altri messaggi sono destinati a papa Clemente VI (1342-1352) perché indica il giubileo per il 1350, ap­provi il suo ordine, riporti la cura papale a Roma, uni­ca vera sede del vicario di Cristo, e si impegni a met­tere pace fra i belligeranti. Ciò che gli scrive è detta­to direttamente da Dio:

Scrivi in mio nome a papa Clemente: io ti ho in­nalzato e ti ho fatto ottenere i massimi onori. Alzati dunque e ristabilisci la pace tra i sovrani di Francia e Inghilterra, che sono come pericolose belve e corrut­tori di anime. Vieni poi in Italia e annuncia la paro­la di Dio e un anno di salvezza e amore di Dio (anno giubilare), e guarda le strade coperte del sangue dei miei santi; allora ti darò quel premio che non ha mai fine'.

Per preparare adeguatamente le importanti missio­ni che si è prefissata, Brigida rimane a corte tutto l'in­verno tra il 1345 e il 1346, non più come consiglie­ra dei sovrani, ma come amica e parente. È molto no­ta: si dice che abbia il potere di guarire gli ammalati, comandare ai demoni, conoscere nella preghiera lo stato dei defunti e convertire i peccatori.

Ma una nuova sofferenza si sta preparando per lei: una lettera del priore di Alvastra la informa che il fi­glio Bengt, che sembrava destinato alla vita monasti­ca, è gravemente ammalato. Il ragazzo muore infatti all'inizio del 1346, poco dopo l'arrivo della madre, e viene sepolto nella chiesa di Alvastra, dove già ripo­sano il padre e il fratellino Gudmar. Brigida ha poco tempo per concedersi al dolore, perché gli impegni in­calzano: i messaggi per il pontefice devono essere re­capitati, bisogna lavorare per il nuovo ordine voluto dal Signore.

Come messaggero presso il pontefice viene scelto il vescovo Hemming di Abo, in Finlandia, uomo di grande cultura ed esperienza, che aveva studiato a Pa­rigi ed era stato allievo del benedettino Pierre Roger de Rotiers, eletto papa nel 1342 ad Avignone col no­me di Clemente VI. Nel suo viaggio ad Avignone è ac­compagnato dal monaco Petrus di Alvastra. Re Ma­gnus appoggia la missione e affida ai messaggeri una lettera scritta di suo pugno da recapitare ai sovrani di Francia e Inghilterra.

Nella primavera del 1346 il vescovo Hemming e Petrus di Alvastra partono per Avignone. Come la­sciapassare e raccomandazione hanno una lettera di maestro Matthias, che funge ora da prologo alle Ri­velazioni e inizia con queste parole: «Cose stupefa­centi e meravigliose sono state udite nella nostra ter­ra» (Stupor et mirabilia audita sunt in terra nostra).

Il 1° maggio 1346, giorno in cui si festeggia santa Valpurga, Brigida ha una grande gioia: re Magnus e la regina Bianca le donano il castello di Vadstena. Qui sarà fondato il monastero che i sovrani scelgono co­me estrema dimora per loro stessi e i loro eredi. Al castello vengono unite molte terre e in seguito anche una notevole cifra per le opere di adattamento e co­struzione. II superbo palazzo reale dovrà infatti esse­re trasformato in monastero, operazione che richie­derà molto lavoro. Dovrà inoltre essere edificata una chiesa adatta alle esigenze di un grande monastero.

Da allora, per tutto il tempo trascorso ancora in Sve­zia, Brigida passò lunghi periodi a Vadstena per avviare i lavori di ristrutturazione e adattamento e anche in se­guito, ormai stabilita a Roma, continuerà a dedicare al monastero molta attenzione. Non vi tornò più da viva, ma i suoi resti mortali vi furono traslati un anno dopo la morte, che avvenne a Roma nel 1373.

Con la donazione del castello reale di Vadstena, Bri­gida ha ottenuto una prima, importante vittoria. Non tutto però va come dovrebbe: da Avignone il vesco­vo Hemming scrive che papa Clemente VI non ha pre­stato orecchio alle sue richieste, non si è adoperato per favorire la pace tra Francia e Inghilterra e non vuole lasciare Avignone per tornare a Roma. Del re­sto tre anni prima, nel 1343, non aveva ascoltato Co­la di Rienzo, venuto ad Avignone come ambasciatore della città di Roma, della quale gli aveva fatto presente la decadenza`. Il papa non è contrario a indire un giubileo per il 1350, ma di un nuovo ordine non vuole neppure sentir parlare: ha ricordato anzi che il con­cilio Laterano del 1215 aveva stabilito che nessun nuovo ordine dovesse più essere fondato.

Brigida se ne rammarica molto, ma non si abbatte e continua la sua opera affinché l'ordine venga ap­provato, sempre fiduciosa nelle parole che le erano state dette dal Signore e che figurano nel capitolo XXXI della Regola: Labora igitur tu, et cooperare quantum poteris; Ego autem perficiam dum mibi pla­cuerit. In buona sostanza, aiutati che Dio t'aiuta. Una grande saggezza.