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Sabato, 4 maggio 2024 - Misteri gaudiosi - San Ciriaco ( Letture di oggi )

Massime di perfezione cristiana:Non c'è strada più diritta e sicura, che conduca alla vita eterna, di quella della tribolazione e delle contrarietà, accettate con rassegnazione.

LETTURE A CASO

Mt 18,1-35

1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?". 2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.

5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.

6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. 7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!

8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. 9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.

10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. 11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.

12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? 13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.

15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.

19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".

21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Lc 13, 22-30 Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.

At 12,1-25

1In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa 2e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. 3Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. 4Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. 5Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. 6E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. 7Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: "Alzati, in fretta!". E le catene gli caddero dalle mani. 8E l'angelo a lui: "Mettiti la cintura e legati i sandali". E così fece. L'angelo disse: "Avvolgiti il mantello, e seguimi!". 9Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.

10Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui. 11Pietro allora, rientrato in sé, disse: "Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei". 12Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera. 13Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era. 14Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro. 15"Tu vaneggi!" le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: "È l'angelo di Pietro". 16Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti. 17Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: "Riferite questo a Giacomo e ai fratelli". Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.

18Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro? 19Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa.

20Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re. 21Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. 22Il popolo acclamava: "Parola di un dio e non di un uomo!". 23Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò.

24Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. 25Bàrnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco.


Il lavoro dei monaci: Le argomentazioni degli infingardi.

. 2. La prima cosa che occorre prendere in esame sono i pretesti che adducono questi monaci che si rifiutano di lavorare. Poi, se riscontreremo che essi sono nel falso, occorrerà dire qualcosa sui mezzi per farli ravvedere. Essi sostengono che le parole dell’Apostolo: Chi non vuol lavorare non deve nemmeno mangiare, non debbono intendersi del lavoro manuale, quello, per esempio, dei contadini o dei braccianti. Non può infatti l’Apostolo essere in contrasto col vangelo, dove son riportate le parole del Signore: Io pertanto vi dico di non essere in angustia, per la vostra vita, su che cosa mangiare né, per il vostro corpo, su come vestirvi. La vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli dell’aria: essi non seminano, non mietono, non raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. E voi non valete più di loro? E chi di voi è capace, a forza di pensarci, d’aumentare di una spanna l’altezza del suo corpo? Quanto poi al vestiario, perché preoccuparvene tanto? Osservate i gigli del campo e come si sviluppano. Essi non lavorano né filano; eppure, ve lo dico io, nemmeno Salomone nello splendore della sua gloria era vestito come uno di loro. Se pertanto Dio veste in tal modo l’erba del campo che oggi è e domani viene gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede? Non vi angustiate dunque né andate a dire: Che cosa mangeremo o che cosa berremo o di che ci copriremo? Sono, queste, cose di cui vanno in cerca i pagani: cose di cui il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate dunque in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date per giunta. Né mettetevi in pena per il domani: il domani avrà di per sé la sua pena. A ogni giorno il suo affanno. Ecco un testo – argomentano costoro – in cui il Signore ci ordina di non inquietarci né per il cibo né per il vestito. Potrebbe mai un apostolo dissentire dal suo Signore e venirci a comandare d’essere preoccupati del cibo, della bevanda e delle vesti fino al punto che ci si debba accollare anche il peso delle attività, dei travagli e delle fatiche dei braccianti? Le parole: Chi non vuol lavorare non deve nemmeno mangiare debbono, conseguentemente, essere riferite ai lavori d’ordine spirituale, quelli – ad esempio – di cui si tratta nell’altro passo, dove si dice: A ciascuno come ha largito il Signore. Io ho piantato; Apollo ha innaffiato; chi poi ha fatto crescere è stato Iddio. E poco dopo: Ciascuno riceverà il compenso in proporzione del lavoro svolto. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio. In conformità con la grazia ricevuta, io, da esperto architetto, ho posto il fondamento. L’Apostolo dunque lavorava piantando, innaffiando, elevando l’edificio e ponendone le fondamenta. Colui che non vuol sottoporsi a tal genere di lavori non deve nemmeno mangiare. A che servirebbe infatti nutrirsi della parola di Dio, gustata spiritualmente, se non ne seguissero opere di edificazione per il prossimo? Si sarebbe come quel servo indolente che, ricevuto il talento, lo nascose e non seppe ricavarne gli emolumenti intesi dal padrone, e così non ne trasse altro utile se non quello di vedersi, alla fine, tolta la somma e lui stesso scacciato fuori casa nel buio. Così – dicono – ci comportiamo anche noi: attendiamo alla lettura in compagnia dei fratelli che affaticati vengono a noi di tra le burrasche del mondo per trovare, fra noi, la quiete nello studio della parola di Dio, nella preghiera, nei salmi, negli inni e nei cantici spirituali. Dialoghiamo con loro, li consoliamo, li esortiamo al bene costruendo in essi, cioè nella loro condotta, quanto a nostro avviso ancora vi manca, avuta considerazione dello stato in cui si trovano. Se non ci dedicassimo a tali attività, sarebbe pericoloso il nostro ricorrere a Dio in cerca degli alimenti d’ordine spirituale che egli dispensa. È ad essi che si riferisce l’Apostolo quando afferma: Chi non vuol lavorare non deve nemmeno mangiare. In tal modo, questi monaci si lusingano di stare in regola con gli insegnamenti del vangelo e con quelli dell’Apostolo: col vangelo, in quanto intende dare precetti sul non preoccuparsi per la vita presente con le sue necessità d’ordine fisico e temporale; con l’Apostolo, in quanto le parole: Chi non vuol lavorare non deve nemmeno mangiare si riferiscono al cibo e al lavoro d’ordine spirituale.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: NEL SACRAMENTO L'ANIMA DEVOTA DEVE TENDERE CON TUTTA SE STESSA ALL'UNIONE CON CRISTO

PAROLE DEL DISCEPOLO
Chi mi darà, o Signore, ch'io possa trovare Te Solo, aprirTi tutto il mio cuore e godere di Te, come desidera l'anima mia, sicché, ormai, nessuno mi disprezzi né alcuna creatura mi possa scuotere o sfiorare con il suo sguardo, ma Tu solo parli a me ed io a Te, come chi ama suole discorrere con l'amato, e l'amico suole sedere a banchetto con l'amico? Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi tutto a Te, distaccare il mio cuore da tutte le cose create ed imparare a gustare di più le cose celesti ed eterne per mezzo della Santa Comunione e della frequente celebrazione della Messa.

Ah! Signore Dio, quando sarò tutto unito ed assorbito in Te, totalmente dimentico di me? Tu in me ed io in Te! Così, concedi che possiamo rimanere uniti in un solo Spirito! Veramente Tu sei "il mio Amato, riconoscibile fra mille e mille" (Ct 5,10), con il quale all'anima mia piacque abitare tutti i giorni della sua vita.

Veramente Tu sei Colui che mi porta la pace; Colui, nel quale è la pace suprema, il riposo vero; Colui, fuori del quale non ci sono che fatica, dolore e miseria infinita. " Veramente Tu sei un Dio misterioso" (Is 45,15) e non tratti con gli empi; ma la tua conversazione è con gli umili e con i semplici. "Oh, quant 'è soave il tuo Spirito, o Signore!" (Sap 12,1). Per dare una dimostrazione della tua dolcezza verso i tuoi figli, Ti degni di ristorarli con il soavissimo Pane che scende dal Cielo. "Non c'è davvero altra nazione così grande, che abbia la Divinità tanto vicina a sé quanto Tu, o Dio nostro" (Dt 4,7), che sei presente a tutti i tuoi fedeli, ai quali Tu doni Te stesso in cibo e salutare possesso, come quotidiano conforto e come mezzo d'elevazione del cuore al Cielo.

Quale altra gente, infatti, è tanto gloriosa, quanto il popolo cristiano? O quale creatura sotto il cielo può dirsi da Te amata così, come l'anima devota, nella quale entra Dio per nutrirla con il suo Corpo glorioso? O grazia ineffabile, degnazione ammirabile, amore incommensurabile prodigato all'uomo in modo così singolare! Ma che cosa renderò al Signore in cambio di codesta grazia, d'un amore tanto eccelso? Non c'è altra offerta ch'io possa fare più gradita di quella di donare tutto il mio cuore al mio Dio e d'unirmi intimamente con Lui.

Allora, trasalirò di giubilo nel profondo, quando l'anima mia sarà compiutamente unita a Dio. Allora, Egli mi dirà: Se tu vuoi essere con Me, anch'Io voglio essere con te. Ed io Gli risponderò: Degnati, Signore, di rimanere con me, perché io desidero ardentemente essere con Te.Questo è tutto il mio desiderio, che il cuore mio resti unito a Te.