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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Di fronte all'imperativo categorico di perdonare sempre, agli apostoli era sembrata la cosa più logica e più evidente di chiedere a Gesù un aumento di fede. Loro sono convinti che solamente una fede grande poteva operare ciò che la durezza del cuore e la meschinità della mente sembra impedire. Infatti, perdonare sempre non è possibile con le sole forze umane. La fede è uno slancio dell'anima che non si arrende all'evidenza delle cose e all'umanamente impossibile, perché crede che a Dio tutto sia possibile. La fede è quella forza intima che va sempre più in là rispetto alla durezza e gretezza del nostro cuore. La fede è un modo nuovo di vedere le cose e le persone: guardare con lo sguardo di Dio. Signore, aumenta la nostra fede!

LETTURE A CASO

Lc 22,1-71

1Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, 2e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo. 3Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. 4Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani. 5Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. 6Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.

7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. 8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare". 9Gli chiesero: "Dove vuoi che la prepariamo?". 10Ed egli rispose: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà 11e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 12Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate". 13Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.

14Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". 17E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, 18poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".

19Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". 20Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".

21"Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. 22Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!". 23Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.

24Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. 25Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. 26Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. 27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; 29e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, 30perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.

31Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 32ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli". 33E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte". 34Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi".

35Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". 36Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!".

39Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". 41Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: 42"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". 43Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. 44In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. 45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".

47Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. 48Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?". 49Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?". 50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. 51Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l'orecchio, lo guarì. 52Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? 53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre".

54Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. 56Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui". 57Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!". 58Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!". 59Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". 60Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". 62E, uscito, pianse amaramente.

63Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, 64lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?". 65E molti altri insulti dicevano contro di lui.

66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: 67"Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete; 68se vi interrogo, non mi risponderete. 69Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio". 70Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono". 71Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 20, 19-31: Otto giorni dopo, venne Gesù.

1 Cor 5,1-12

1Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. 2E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione! 3Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: 4nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, 5questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.

6Non è una bella cosa il vostro vanto. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? 7Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! 8Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

9Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi. 10Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! 11Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. 12Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? 13Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi!


I Lettera ai Corinti: XIX. La pace

1. L'umiltà e la modestia di siffatti uomini, tanto celebri per l'obbedienza, hanno reso migliori non solo noi, ma anche le generazioni a noi precedenti e quelli che recepiscono le parole di Lui nel timore e nella verità. 2. Partecipi, dunque, di molte e grandi azioni gloriose, corriamo verso la meta di pace dataci fin dal principio e guardiamo il padre e creatore di tutto l'universo. Attacchiamoci ai doni e ai benefici della pace, magnifici e sublimi. 3. Contempliamolo con il pensiero e guardiamo con gli occhi dell'anima la grande sua volontà! Consideriamo quanto sia equanime verso ogni sua creatura.

(Autore: San Clemente Romano)

L'imitazione di Cristo: GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA GRAZIA

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, poni molta attenzione agli impulsi della natura e della grazia, perché i loro moti sono molto contrari, ma così sottili, che solo un uomo spirituale ed intimamente illuminato riesce a fatica a distinguerli. Tutti gli uomini desiderano, certo, il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni, hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparenza di bene restano ingannati. La natura è scaltra ed alletta molti, irretisce ed inganna; inoltre, per fine ha sempre se stessa. La grazia, al contrario, cammina con semplicità, evita il male sotto qualsiasi aspetto esso appaia; non tende insidie; opera tutto rettamente, per amore di Dio, nel quale, come suo ultimo fine, trova pace. La natura mal sopporta d'essere mortificata, non vuole subire pressioni né essere soffocata né sottostare né piegarsi da sé al giogo.

La grazia, invece, attende alla propria mortificazione, resiste alla sensualità, cerca d'essere assoggettata, desidera d'essere vinta, non vuole far uso della sua libertà, ama d'essere tenuta sotto disciplina; non ha cupidigia di prevalere su alcuno, ma aspira a vivere ed a mantenersi sempre sottoposta a Dio; e, per amore di Dio, è pronta a piegarsi umilmente ad ogni umana creatura. La natura s'affatica per il suo vantaggio e bada a quanto guadagno le possa venire da altri.

La grazia, invece, considera non il profitto ed il vantaggio propri, ma piuttosto quello che possa giovare agli altri. La natura si compiace degli onori e degli ossequi. La grazia, invece, attribuisce lealmente a Dio ogni onore e gloria. La natura teme la vergogna e il disprezzo. La grazia, invece, gode di "patire in giurie per il nome di Gesù" (At 5,41). La natura ama l'ozio e gli agi del corpo. La grazia, invece, non può starsene inoperosa ed accetta con piacere la fatica. La natura cerca di possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle comuni e grossolane. La grazia, invece, si compiace delle cose semplici ed umili, non disdegna quelle rozze né rifiuta di vestirsi di vecchi panni.

La natura tiene l'occhio rivolto ai beni temporali, gioisce dei guadagni, si rattrista delle perdite e si irrita per una parola lievemente offensiva. La grazia, invece, mira ai beni eterni e non s'attacca alle cose temporali, né s'agita per la perdita di cose materiali, né s'inasprisce per parole un po' brusche, poiché ha posto il suo tesoro e la sua gioia in Cielo, dove nulla perisce. La natura è avida e prova più piacere nel prendere che nel donare, ama ciò che le appartiene personalmente. La grazia, invece, è pietosa e condivide ciò che ha, rifugge dalle cose personali, si contenta di poco, "giudica che c 'è più gioia nel donare che nel ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature, al proprio corpo, alle vanità ed alle distrazioni.

La grazia, invece, attira a Dio ed alle virtù, rinunzia alle creature, fugge il mondo, odia i desideri della carne, frena il desiderio degli svaghi, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche divertimento esteriore, nel quale trovino diletto i sensi. La grazia, invece, cerca la consolazione soltanto in Dio ed il compiacimento nel Sommo Bene, elevandosi sopra tutti i beni sensibili. La natura fa tutto per il proprio guadagno e per il proprio vantaggio, non sa fare nulla gratuitamente; ma spera di ricevere, per il bene fatto, un compenso uguale o maggiore o lodi e favori; e brama che siano molto apprezzate le sue azioni ed i suoi doni.

La grazia, invece, non cerca nessun compenso temporale né domanda, come mercede, alcun premio se non Dio solo; delle cose materiali, pur necessarie, non desidera più di quanto le possa servire al conseguimento dei beni eterni. La natura si compiace delle molte amicizie e parentele, si gloria dell'alta posizione sociale e della nobiltà di stirpe, sorride ai potenti, blandisce i ricchi, applaude ai suoi eguali. La grazia, invece, ama anche i nemici e non s'inorgoglisce per la quantità degli amici né dà importanza all'alta posizione sociale o al casato d'origine, se non in quanto ci sia stata in esso una virtù più grande. Favorisce più il povero che il ricco, simpatizza più per l'innocente che per il potente, fa festa con chi dice la verità e non con chi mentisce. Esorta sempre i buoni ad aspirare a "doni spirituali sempre più grandi" (1 Cor 12,31) e ad assomigliare per le loro virtù al Figlio di Dio. La natura, se qualcosa le manca e l'affligge, subito si lagna.

La grazia sopporta con fermezza la povertà. La natura volge ogni cosa a suo favore, combatte e discute per i propri interessi. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, come al principio dal quale esse hanno origine; non attribuisce a sé nulla di buono né presume di sé con superbia; non muove contestazioni né fa prevalere su altri il proprio parere; ma in ogni suo sentimento e pensiero si sottomette all'eterna Sapienza e al giudizio di Dio. La natura è smaniosa di conoscere cose segrete e di sentire novità; vuole apparire bene all'esterno e fare molte esperienze per mezzo dei sensi; brama d'essere conosciuta e di fare ciò da cui nascono lode ed ammirazione. La grazia, al contrario, non si cura di conoscere novità e curiosità, perché tutto ciò è nato dall'evoluzione del vecchio, non essendoci su questa terra nulla che sia nuovo e duraturo. Essa, pertanto, insegna a frenare i sensi, ad evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tenere nascosto umilmente ciò che sarebbe degno di lode e d'ammirazione e a cercare, in ogni circostanza ed in ogni scienza, il vero profitto, la lode e la gloria di Dio. Non vuole che si faccia pubblicità a lei ed alle sue opere, ma desidera che nei suoi doni si benedica Dio, che tutto elargisce per puro amore.

Questa grazia è una luce soprannaturale, uno straordinario, speciale dono di Dio, un segno distintivo degli eletti e un pegno dell'eterna salvezza; essa innalza l'uomo dall'amore terreno all'amore celeste e lo trasforma da carnale in spirituale. Perciò, quanto più si domina e si vince la natura, tanto maggiore grazia ci viene infusa; e, di giorno in giorno, per nuove visite celesti, l'uomo interiore si va trasformando secondo l'immagine di Dio.