Santo Rosario on line

Venerdi, 3 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santi Filippo e Giacomo ( Letture di oggi )

Sant'Antonio di Padova:Il vangelo predicato da Cristo e dagli apostoli, è l'umiltà: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore". Dov'è umiltà, ivi è stabilità e salvezza: il fariseo non era umile, e per questo cadde, e proprio mentre volle apparire giusto, si rivelò peccatore.

UFFICIO DELLE LETTURE
Mercoledì della 4° settimana del Tempo di Pasqua


V. O Dio, vieni a salvarmi.
R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

Questa introduzione si omette quando si comincia l'Ufficio con l'Invitatorio.

Inno
Ecco il gran giorno di Dio,
splendente di santa luce:
nasce nel sangue di Cristo
l'aurora di un mondo nuovo.

Torna alla casa il prodigo,
splende la luce al cieco;
il buon ladrone graziato
dissolve l'antica paura.

Gli angeli guardano attoniti
il supplizio della croce,
da cui l'innocente e il reo
salgono uniti al trionfo.

O mistero insondabile
dell'umana redenzione:
morendo sopra il patibolo
Cristo sconfigge la morte.

Giorno di grandi prodigi!
La colpa cerca il perdono,
l'amore vince il timore,
la morte dona la vita.

Irradia sulla tua Chiesa
la gioia pasquale, o Signore,
unisci alla tua vittoria
i rinati nel battesimo.

Sia lode e onore a Cristo,
vincitore della morte,
al Padre e al Santo Spirito
ora e nei secoli eterni. Amen.

  Oppure:

Hic est dies verus Dei,
sancto serénus lúmine,
quo díluit sanguis sacer
probrósa mundi crímina.

  Fidem refúndit pérditis
cæcósque visu illúminat;
quem non gravi solvit metu
latrónis absolútio.

  Opus stupent et ángeli,
pœnam vidéntes córporis
Christóque adhæréntem reum
vitam beátam cárpere.

  Mystérium mirábile,
ut ábluat mundi luem,
peccáta tollat ómnium
carnis vitia mundans caro.

  Quid hoc potest sublímius,
ut culpa quæret grátiam,
metúmque solvat cáritas
reddátque mors vitam novam?

  Esto perénne méntibus
paschále, Iesu, gáudium,
et nos renátos grátiæ
tuis triúmphis ággrega.

  Iesu, tibi sit glória,
qui morte victa prænites,
cum Patre et almo Spíritu,
in sempitérna sæcula. Amen.

I Antifona
Nell'intimo soffriamo,
aspettando la redenzione del nostro corpo.

SALMO 38, 2-7 (I) Preghiera nella malattia
La creazione è stata sottomessa alla caducità … e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloria dei figli di Dio … ma anche noi gemiamo aspettando la redenzione del nostro corpo (cfr. Rm 8, 20-23).

Ho detto: «Veglierò sulla mia condotta *
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca *
mentre l'empio mi sta dinanzi».

Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene, *
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
Ardeva il cuore nel mio petto, *
al ripensarci è divampato il fuoco;

allora ho parlato: *
«Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni *
e saprò quanto è breve la mia vita».

Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni, *
la mia esistenza davanti a te è un nulla.

Solo un soffio è ogni uomo che vive, *
come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita, *
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

I Antifona
Nell'intimo soffriamo,
aspettando la redenzione del nostro corpo.

II Antifona
Ascolta la mia preghiera, Signore,
non essere sordo al mio pianto.

SALMO 38, 8-14 (II) Preghiera nella malattia
La creazione è stata sottomessa alla caducità … e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloria dei figli di Dio … ma anche noi gemiamo aspettando la redenzione del nostro corpo (cfr. Rm 8, 20-23).

Ora, che attendo, Signore? *
In te la mia speranza.
Liberami da tutte le mie colpe, *
non rendermi scherno dello stolto.

Sto in silenzio, non apro bocca, *
perché sei tu che agisci.
Allontana da me i tuoi colpi: *
sono distrutto sotto il peso della tua mano.

Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo, †
corrodi come tarlo i suoi tesori. *
Ogni uomo non è che un soffio.

Ascolta la mia preghiera, Signore, *
porgi l'orecchio al mio grido,

non essere sordo alle mie lacrime, †
poiché io sono un forestiero, *
uno straniero come tutti i miei padri.
Distogli il tuo sguardo, che io respiri, *
prima che me ne vada e più non sia.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

II Antifona
Ascolta la mia preghiera, Signore,
non essere sordo al mio pianto.

III Antifona
Fiorente come un olivo
chi si abbandona in Dio, alleluia.

SALMO 51 Contro un calunniatore
Chi si vanta si vanti nel Signore (1 Cor 1, 31)

Perché ti vanti del male, *
o prepotente nella tua malizia?

Ordisci insidie ogni giorno; †
la tua lingua è come lama affilata, *
artefice di inganni.

Tu preferisci il male al bene, †
la menzogna al parlare sincero. *
Ami ogni parola di rovina, o lingua di impostura.

Perciò Dio ti demolirà per sempre, †
ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda *
e ti sradicherà dalla terra dei viventi.

Vedendo, i giusti saran presi da timore *
e di lui rideranno:

«Ecco l'uomo che non ha posto in Dio la sua difesa, †
ma confidava nella sua grande ricchezza *
e si faceva forte dei suoi crimini».

Io invece come olivo verdeggiante nella casa di Dio. †
Mi abbandono alla fedeltà di Dio *
ora e per sempre.

Voglio renderti grazie in eterno *
per quanto hai operato;
spero nel tuo nome, perché è buono, *
davanti ai tuoi fedeli.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

III Antifona
Fiorente come un olivo
chi si abbandona in Dio, alleluia.

Versetto
V. Dio ha fatto risorgere Cristo dai morti, alleluia.
R. perché in Dio sia la nostra fede e la speranza, alleluia.

Prima Lettura

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni, apostolo 14, 14 - 15, 4
E' giunta l'ora di mietere

Io, Giovanni, guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.
Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l'ira di Dio.
Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine, cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell'Agnello:
«Grandi e mirabili sono le tue opere
o Signore Dio onnipotente;
giuste e veraci le tue vie,
o Re delle genti!
Chi non temerà, o Signore,
e non glorificherà il tuo nome?
Poiché tu solo sei santo.
Tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati».

Responsorio Ap 15, 3; Es 15, 11
R. Cantavano il cantico dell'Agnello: Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente. * Giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti, alleluia.
V. Chi è come te fra gli dei, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, operatore di prodigi?
R. Giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti, alleluia.

Seconda Lettura

Dal trattato «Sulla Trinità» di sant'Ilario, vescovo (Lib. 8, 13-16; PL 10, 246-249)
La naturale unità dei fedeli in Dio mediante l'incarnazione del Verbo e il sacramento dell'Eucaristia

E' indubitabile che il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14) e che noi con il cibo eucaristico riceviamo il Verbo fatto carne. Perciò come non si dovrebbe pensare che dimori in noi con la sua natura colui che, fatto uomo, assunse la natura della nostra carne ormai inseparabile da lui, e unì la natura della propria carne con la natura divina nel sacramento che ci comunica la sua carne? In questo modo tutti siamo una cosa sola, perché il Padre è in Cristo, e Cristo è in noi.
Dunque egli stesso è in noi per la sua carne e noi siamo in lui, dal momento che ciò che noi siamo si trova in Dio.
In che misura poi noi siamo in lui per il sacramento della comunione del corpo e del sangue, lo afferma egli stesso dicendo: E questo mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete; poiché io sono nel Padre e voi in me e io in voi (cfr. Gv 14, 17-20).
Se voleva che si intendesse solo l'unione morale o di volontà, per quale ragione avrebbe parlato di una graduatoria e di un ordine nell'attuazione di questa unità? Egli è nel Padre per natura divina. Noi siamo in lui per la sua nascita nel corpo. Egli poi è ancora in noi per l'azione misteriosa dei sacramenti.
Questa è la fede che ci chiede di professare. Secondo questa fede si realizza l'unità perfetta per mezzo del Mediatore. Noi siamo uniti a Cristo, che è inseparabile dal Padre. Ma pur rimanendo nel Padre resta unito a noi. In tal modo arriviamo all'unità con il Padre. Infatti Cristo è nel Padre connaturalmente perché da lui generato. Ma, sotto un certo punto di vista, anche noi, attraverso Cristo, siamo connaturalmente nel Padre, perché Cristo condivide la nostra natura umana. Come si debba intendere poi questa unità connaturale nostra lo spiega lui stesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv 6, 56).
Nessuno sarà in lui, se non colui nel quale egli stesso verrà, poiché il Signore assume in sé solo la carne di colui che riceverà la sua.
Il sacramento di questa perfetta unità l'aveva già insegnato più sopra dicendo: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 7). Egli vive in virtù del Padre. E noi viviamo in virtù della sua umanità così come egli vive in virtù del Padre.
Dobbiamo rifarci alle analogie per comprendere questo mistero. La nostra vita divina si spiega dal fatto che in noi uomini si rende presente Cristo mediante la sua umanità. E, mediante questa, viviamo di quella vita che egli ha dal Padre.

Responsorio Gv 6, 56, 58; cfr. Dt 4, 7
R. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui. * questo è il pane disceso dal cielo, alleluia.
V. Nessuna nazione al mondo ha la divinità così vicina a sé, come è vicino a noi il Signore nostro Dio.
R. Questo è il pane disceso dal cielo, alleluia.


ORAZIONE
O Dio, vita dei tuoi fedeli, gloria degli umili, beatitudine dei giusti, ascolta la preghiera del tuo popolo, e sazia con l'abbondanza dei tuoi doni la sete di coloro che sperano nelle tue promesse. Per il nostro Signore.

R. Amen.
Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.