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Meditazioni su Maria Ausiliatrice di San Giovanni Bosco



Maria Ausiliatrice



Divozione e progetto di una chiesa a Maria A. in Torino.

Prima di parlare della chiesa eretta in Torino ad onore di Maria Ausiliatrice stimo bene di notare, come la divozione dei Torinesi verso di questa celeste Benefattrice rimonta a' primi tempi del cristianesimo. S. Massimo primo vescovo di questa città ne parla come di un fatto pubblico ed antico.

Il santuario della Consolata è un maraviglioso monumento pariante di quanto diciamo. Ma dopo la vittoria di Lepanto i Torinesi furono de' primi ad invocare Maria sotto al titolo speciale di Ausiliatrice. Il cardinale Maurizio principe di Savoia ha grandemente promossa questa divozione, e sul principio del secolo decimo settimo fece costrurre nella chiesa di s. Francesco di Paola una cappella con altare e con una bellissima statua dedicata a Maria Ausilialrice, di marmo prezioso ed elegante. La Vergine è presentata tenente in mano il Divin Fanciullo.

Questo principe era fervoroso divoto di Maria Ausiliatrice, e siccome vivendo faceva sovente l'offerta del cuore alla sua celeste Madre, così morendo lasciò per testamento che appunto il cuore, qual pegno più caro di se stesso, fosse deposto in una cassa e collocato nel muro a destra dell'altare.

Il tempo avendo logorato e resa questa cappella alquanto abbietta, il re Vittorio Emanuele II ordinò che ogni cosa fosse a sue spese ristorata.

Così il pavimento, la predella, e lo stesso altare furono come rinnovati.

Osservando i Torinesi il ricorso a Maria Ausiliatrice essere mezzo efficacissimo per ottenere grazie straordinarie, cominciarono ad aggregarsi alla Confraternita di Monaco in Baviera, ma pel numero stragrande dei confratelli fu instituita in questa medesima chiesa una Confraternita. Essa ebbe l'apostolica approvazione del Pontefice Pio VI, che con rescritto 9 febbraio 1798 concedeva molte indulgenze con altri favori spirituali.

Così andava ognora più dilatandosi la divozione dei Torinesi all'augusta Madre del Salvatore, e ne provavano i più salutari effetti, quando fu ideato il progetto di una chiesa da dedicarsi appunto a Maria Ausiliatrice in Valdocco popolatissimo quartiere di questa città. Qui adunque abitano molte migliaia di cittadini senza chiesa di sorta fuori quella di Borgo Dora, la quale tuttavia non può contenere più di 1500 persone.

In questo distretto esistevano le chiesette della Piccola Casa della divina Provvidenza e dell' Oratorio di s. Francesco di Sales, ma si l'una che l' altra appena bastavano al servizio delle rispettive loro comunità.

Nel vivo desiderio pertanto di provvedere all'urgente bisogno degli abitanti di Valdocco, e dei molti giovani che nei di festivi vengono all'Oratorio dalle varie parti della città, e che non possono più contenersi nella chiesetta attuale, si deliberò di tentare la costruzione di una chiesa abbastanza capace per questo doppio scopo. Ma un motivo tutto speciale della costruzione di questa chiesa era un bisogno comunemente sentito di dare un segno pubblico di venerazione alla B. Vergine Maria, che con viscere di Madre veramente misericordiosa aveva protetto i nostri paesi scampandoci dai mali cui tanti altri soggiacquero.

Due cose si presentavano davanti per dar mano alla pia impresa; il luogo dell'edifizio, il titolo sotto cui dovesse consacrarsi. Affinchè si potessero secondare i disegni della Divina Provvidenza, questa chiesa doveva edificarsi nella via Cottolengo in sito spazioso, libero, nel centro di quella grande popolazione. Venne pertanto scelto un'area posta fra la detta via Cottolengo e l'Oratorio di s. Francesco di Sales.

Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo sotto cui porre il novello edifizio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il sommo Pontefice il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla Religione, informato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mandò la sua prima graziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all'augusta Regina del cielo. Accompagnava poi la caritatevole offerta con una speciale benedizione agli oblatori aggiungendo queste parole: « Questa tenue offerta abbia più potenti e generosi oblatori che cooperino a promuovere la gloria dell'augusta Madre di Dio in terra, e così accrescasi il numero di quelli che un giorno le faranno gloriosa corona in cielo. »

Stabilito così il luogo e il nome dell'edifìzio, un benemerito ingegnere, cav. Antonio Spezia, ne concepì il disegno, lo sviluppò in forma di croce latina sopra una superficie di 1200 metri quadrati. In questo tratto di tempo nacquero non piccole difficoltà, ma la Santa Vergine, che voleva questo edifizio a sua maggior gloria, dileguò, o meglio allontanò tutti gli ostacoli che si presentavano allora e che più gravi ancora si sarebbero in appresso presentati. Laonde non si pensò più ad altro che a dar cominciamento al sospirato edifizio.

Principio dell'edifizio e funzione della pietra fondamentale.

Fatti gli scavi all'ordinaria profondità, eravamo in procinto di gettare giù le prime pietre, e la prima calce, quando ci siamo accorti che le fondamenta appoggiavano sopra terreno di alluvione e perciò inetto a sostenere le basi di un edifizio di quella fatta. Si dovettero perciò approfondare di più gli scavi, fare una forte e larga palificata corrispondente alla periferia della progettata costruzione.

Il palificare e scavare a notabile profondità fu cagione di maggiori spese sia per l' aumento dei lavori, sia per la copia di materiali e di legnami che dovevano collocarsi sotto terra. Ciò nonostante i lavori furono alacremente continuati, e il 27 aprile 1865 si poterono benedire le fondamenta e porre la pietra angolare.

Per comprendere il significato di questa funzione conviene osservare essere disciplina della Chiesa cattolica che niuno debba incominciare la fabbrica di un sacro edifizio senza espressa licenza del vescovo, sotto la cui giurisdizione ritrovasi il terreno che si vuole destinare a questo scopo. Aedificare ecclesiam nemo potest, nisi auctoritate dioecesani.

Conosciuta la necessità della Chiesa e stabilitone il luogo, il vescovo in persona o per mezzo di un suo incaricato va a porre la pietra fondamentale. Questa pietra figura Gesù Cristo che ne' libri santi è detto pietra angolare, ovvero il fondamento di ogni autorità, di ogni santità. Il vescovo poi con quell'atto indica che egli riconosce la sua autorità da Gesù Cristo, cui quell'edificio appartiene, e da cui deve dipendere ogni esercizio religioso che sia per farsi in avvenire in quella chiesa, mentre il vescovo ne prende possesso spirituale mettendo la pietra fondamentale.

I fedeli della Chiesa primitiva, quando volevano fabbricare qualche chiesa, ne contrassegnavano prima il luogo colla croce per dinotare che quel sito, destinandosi al' culto del vero Dio, non poteva più servire ad uso profano.

La benedizione poi si fa dal vescovo ad esempio di quanto fece il patriarca Giacobbe allora che in un deserto alzò una pietra sopra cui fece sacrifizio al Signore: Lapis iste, quem erexi in titulum, vocabitur domus Dei.

È pur bene qui di notare che ogni chiesa, ed ogni culto che in quella si esercita è sempre rivolto a Dio, cui ogni atto, ogni parola, ogni segno è dedicato e consacrato. Questo atto religioso si dice Latria ossia culto supremo, o servizio per eccellenza che si presta solamente a Dio. Le chiese soglionsi anche dedicare ai santi con un secondo culto che si dice Dulia, che vuol dire servizio prestato ai servi del Signore.

Quando poi il culto è indirizzato alla Beata Vergine dicesi Iperdulia, vale a dire servizio sopra eminente a quello che si rende ai santi. Ma la gloria e l' onore che si tributano ai santi ed alla B. Vergine non si fermano in loro, ma per loro mezzo vanno a finire in Dio che è il termine delle nostre preghiere e delle nostre azioni. Quindi le chiese sono tutte consacrate primieramente a Dio Ottimo Massimo, poi alla B. Vergine; quindi a qualche santo a beneplacito dei fedeli. Così leggiamo che s. Marco Evangelista in Alessandria d' Egitto consacrò una chiesa a Dio ed al suo maestro s. Pietro apostolo.

Conviene eziandio osservare intorno a queste funzioni, che talvolta il vescovo benedice la pietra angolare e qualche distinto personaggio la depone al suo posto, e mette sopra la prima calce. Così abbiamo dalla storia che il Sommo Pontefice Innocenzo X l'anno 1652 benedisse la pietra fondamentale della chiesa di s. Agnese in Piazza Navona, mentre il principe Pamfili Duca di Carpinete la depose giù nelle fondamenta.

Così nel nostro caso Monsig. Odone di f. m. vescovo di Susa era incaricato di fare la funzione religiosa mentre il Principe Amedeo di Savoia collocava a suo posto la pietra angolare, e vi metteva sopra la prima calce.

Pertanto il giorno 27 aprile 1865, alle due di sera si cominciò la religiosa funzione. Il tempo era sereno, una moltitudine di gente, la prima nobiltà torinese ed anche non torinese era intervenuta. I giovanetti appartenenti alla casa di Mirabello in quella occasione erano venuti a formare coi loro compagni torinesi una specie di esercito.

Il venerando Prelato dopo le preci e i salmi prescritti asperse con acqua lustrale le fondamenta del disegnato edifizio, di poi si portò presso al pilastro della cupola nel lato del Vangelo, il quale sorgeva già al livello dell'attuale pavimento. Qui fu redatto un verbale di quanto si faceva, e si lesse ad alta voce nel tenore seguente:

« L'anno del Signore mille ottocento sessantacinque, il ventisette aprile, ore due di sera; l'anno decimonono del Pontificato di Pio IX, de' Conti Mastai Ferretti felicemente regnante; l' anno decimosettimo di Vittorio Emanuele II; essendo vacante la sede arcivescovile di Torino per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Franzoni, Vicario Capitolare il Teologo Collegiato Giuseppe Zappata; curato della Parochia di Borgo Dora il Teologo Cattino Cav. Agostino; direttore dell'Oratorio di san Francesco il sacerdote Bosco Giovanni; alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta; del conte Costantino Radicati Prefetto di Torino; della Giunta Municipale rappresentata dal Sindaco di questa città Lucerna di Rorà marchese Emanuele, e dalla Commissione promotrice di questa chiesa[14] da dedicarsi a Dio Ottimo Massimo ed a Maria Ausiliatrice, Monsignor Odone G. Antonio vescovo di Susa, avuta l' opportuna facoltà dall'Ordinario di questa Archidiocesi, ha proceduto alla benedizione delle fondamenta di questa chiesa e collocazione della pietra angolare della medesima nel pilastro grande della cupola nel lato del Vangelo dell'altare maggiore. In questa pietra sono state chiuse alcune monete di metallo e di valore diverso, alcune medaglie portanti l'effigie del Sommo Pontefice Pio IX e del nostro Sovrano, una iscrizione in latino che ricorda l'oggetto di questa sacra funzione. Il benemerito ingegnere architetto cav. Spezia Antonio, il quale ne concepì il disegno e con ispirito cristiano prestò e presta tuttora l'opera sua nella direzione dei lavori.

La forma della chiesa è di croce latina, della superficie di mille duecento metri; motivo di questa costruzione è la mancanza di chiese fra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L' opera fu cominciata, e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei divoti.

Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, aiuto dei cristiani, una fervida preghiera per ottenere dal cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi sopra i cristiani di tutto il mondo, e in modo particolare sopra il Capo supremo della Chiesa cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le autorità ecclesiastiche, sopra l'augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che accettando l'umile invito diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L'augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra. »

Letto ed approvato questo verbale, fu sottoscritto da tutti quelli che furono sopra nominati e dai più illustri personaggi che trovavansi presenti. Di poi fu piegato e fasciato col disegno della chiesa e con qualche altro scritto, e riposto in un vaso di vetro appositamente preparato. Chiuso questo ermeticamente venne collocato nel cavo fatto in mezzo alla pietra fondamentale. Benedetta ogni cosa dal vescovo, fu sopra posta altra pietra, e il Principe Amedeo vi pose la prima calce. Dopo i muratori continuarono il loro lavoro fino all'altezza di oltre un metro di costruzione.

Compiuti ancora gli altri riti religiosi, i prelodati personaggi visitarono lo stabilimento, di poi assistettero ad una rappresentazione dei giovani stessi. Loro si lessero varie poesie di opportunità, si eseguirono diversi pezzi di musica vocale ed istrumentale con un dialogo, in cui si dava un cenno storico sulla solennità del giorno.

Terminato il piacevole trattenimento chiudeva la giornata una divota azione di grazie al Signore colla benedizione del SS. Sacramento. S. A. R. col suo corteggio lasciavano l' Oratorio alle ore 5 12 mostrandosi ognuno pienamente soddisfatto.

L'Augusto Principe fra gli altri segni di gradimento offerì la graziosa somma di fr. 500 della sua cassetta particolare, e regalò gli attrezzi di sua ginnastica ai giovani di questo stabilimento. Poco dopo l'Ingegnere era decorato della croce de' santi Maurizio e Lazzaro.

Continuazione e termine dell' edifizio.

Sembra che la santa Vergine abbia di fatto esaudita la preghiera fatta pubblicamente nella benedizione della pietra angolare. I lavori proseguirono colla massima celerità, e nel corso del 1865 l'edifizio fu condotto fino al tetto, coperto, compiuta la volta, ad eccezione del tratto compreso nella periferia della cupola. L' anno 1866 si compiè la cupola, il cupolino, mentre ogni cosa venne coperta di rame stagnato.

L'anno 1867 fu terminata la statua rappresentante Maria madre di misericordia in alto di benedire i suoi divoti. A piè della statua avvi questa iscrizione: Angela e Benedetto coniugi Chirio in ossequio a Maria Ausiliatrice FF. Queste parole ricordano i nomi dei benemeriti oblatori di questa statua che è di rame battuto. L' altezza è di circa quattro metri, sormontata da dodici stelle dorate che fanno corona sopra il capo della gloriosa Regina del cielo. Quando la statua venne collocata al suo posto era semplicemente bronzata: la qual cosa rilevava assai bene i lavori dell'arte, ma a qualche distanza diveniva appena visibile, laonde si giudicò bene di indorarla. Una pia persona già per molti titoli benemerita s'incaricò di quella spesa.

Ora risplende luminosa, e a chi la guarda di lontano al momento che è battuta dai raggi del sole, sembra che parli e voglia dire:

Io sono bella come la luna, eletta come il sole: Pulcra ut luna, electa ut sol. Io sono qui per accogliere le suppliche de' miei figli, per arricchire di grazie e di benedizioni quelli che mi amano. Ego in altissimis habito ut ditem diligentes me, et thesauros eorum repleam.

Finiti i lavori di fregio e di ornamento della statua fu essa benedetta con una delle più divote solennità.

Monsignor Riccardi nostro veneratissimo Arcivescovo assistito da tre canonici della Metropolitana e da molti Sacerdoti si compiacque di venire Egli stesso a fare quella sacra funzione. Dopo breve discorso diretto a dimostrare l'uso antico delle immagini presso al popolo Ebreo e nella Chiesa primitiva, si compartiva la benedizione col Venerabile.

Coll'anno 1867 i lavori vennero quasi ultimati. Il rimanente dell'interno della chiesa fu fatto nei cinque primi mesi dell'anno corrente 1868.

Sono pertanto cinque gli altari tutti di marmo lavorato con disegni e con fregi diversi. Per preziosità di marmi primeggia quello della cappella laterale a destra, che contiene verde antico, rosso di Spagna, alabastro orientale e del malachita. Le balaustre sono eziandio di marmo; i pavimenti ed i presbiteri sono l'atti in mosaico. Le pareti interne della chiesa furono semplicemente colorite senza pittura pel timore che la recente costruzione delle mura potesse contraffare la specie dei colori.

Dalla prima base alla maggiore altezza sono metri 70; i basamenti, i legami, gli stillicidi, i cornicioni sono di granito. Nell' interno della chiesa e della cupola vi sono ringhiere in ferro per assicurare quelli che dovessero ivi eseguire qualche lavoro. Nell'esterno della cupola ve ne sono tre con una scala, se non molto comoda, certamente sicura per chi desiderasse salire fino al piedestallo della statua. Vi sona due campanili sormontati da due statue dell'altezza di due metri e mezzo caduno. Una di queste statue rappresenta l'Angelo Gabriele in atto di offerire una corona alla Santa Vergine; l'altro s. Michele che tiene una bandiera in mano, su cui è scritto in caratteri grossi: Lepanto. E ciò per ricordare la grande vittoria riportata dai Cristiani contro i Turchi presso Lepanto ad intercessione di Maria SS. Sopra uno dei campanili avvi un concerto in Mi bemolle di cinque campane che alcuni benemeriti divoti hanno promosso colle loro offerte. Sopra le campane sono incise parecchie immagini con analoghe iscrizioni. Una di queste campane è dedicata al supremo Gerarca della Chiesa Pio IX, un'altra a Monsig. Riccardi nostro Arcivescovo.

Ancona maggiore. Dipinto di s. Giuseppe - Pulpito.

Nella crociera a sinistra avvi l'altare dedicato a s. Giuseppe. Il quadro del santo è lavoro dell'artista Tomaso Lorenzone. La composizione è simbolica. Il Salvatore è presentato in età fanciullesca nell'atto che porge un canestro di fiori alla santa Vergine quasi dicendo: flores mei, flores honoris et honestatis. L'Augusta sua Madre dice di offerirlo a s. Giuseppe suo sposo, affinchè per mano di esso siano regalati ai fedeli che a mani levate li stanno attendendo. I fiori figurano le grazie che Gesù offre a Maria, mentre essa ne costituisce s. Giuseppe assoluto dispensiero, come appunto lo saluta Santa Chiesa: constituit eum dominum domus suae.

L'altezza del dipinto è di metri 4 per 2 di larghezza.

Il pulpito è assai maestoso; il disegno è parimenti del cav. Antonio Spezia; la scultura con tutti gli altri lavori sono opera dei giovanetti dell' Oratorio di san Francesco di Sales. La materia è di noce lavorata e le tavole sono ben connesse. La posizione del medesimo è tale, che da qualunque angolo della chiesa si può vedere il predicatore.

Ma il più glorioso monumento di questa chiesa è l'ancona ossia il gran dipinto che sovrasta all' altare maggiore in coro. Esso è parimenti lavoro del Lorenzone. La sua altezza è di oltre a sette metri per quattro. Si presenta allo sguardo come una comparsa di Maria Ausiliatrice nel modo seguente:

La Vergine campeggia in un mare di luce e di maestà, assisa sopra di un trono di nubi. La copre un manto che è sostenuto da una schiera di Angeli, i quali facendole corona le porgono ossequio come loro Regina. Colla destra tiene lo scettro che è simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nel santo Vangelo: Fecit mihi magna qui potens est. Colui, Dio, che è potente, fece a me cose grandi. Colla sinistra tiene il Bambino che ha le braccia aperte offerendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all'Augusta sua Genitrice. In capo ha il diadema ossia corona con cui è proclamata Regina del cielo e della terra. Da una parte superiore discende un raggio di luce celeste che dall' occhio di Dio va a posarsi sul capo di Maria. In esso sono scritte le parole: virtus altissimi obumbrabit tibi: la virtù dell' Altissimo Iddio ti adombrerà cioè ti coprirà e ti fortificherà.

Dall' opposta parte superiore calano altri raggi dalla colomba, Spirito Santo, che vanno eziandio a posarsi sul capo di Maria con in mezzo le parole: Ave, gratia plena: Dio ti salvi, o Maria, tu sei plena di grazia. Questo fu il saluto fatto a Maria dall'Arcangelo Gabriele quando a nome di Dio le annunziò che doveva diventar Madre del Salvatore.

Più in basso sono i santi Apostoli e gli Evangelisti s. Luca, s. Marco in figura alquanto maggiore del naturale. Essi trasportati da dolce estasi quasi esclamando: Regina Apostolorum, ora pro nobis, rimirano attoniti la Santa Vergine che loro appare maestosa sopra le nubi. Finalmente in fondo del dipinto avvi la città di Torino con altri divoti che ringraziano la S. Vergine dei benefizi ricevuti e la supplicano a continuare a mostrarsi madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita.

In generale il lavoro è ben espresso, proporzionato, naturale; ma il pregio che non mai perderà è l'idea religiosa che genera una divota impressione nel cuore di chiunque la rimiri.

Fonte: http://www.donboscosanto.eu