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Giovedi, 2 maggio 2024 - Misteri luminosi - Sant´ Atanasio ( Letture di oggi )

San Filippo Neri:Prospero Crivelli era cassiere del banco dei Cavalcanti e di altri banchi fra i più ricchi e i più conosciuti che ci fossero. Maneggiava quindi denari in quantità e aveva finito con l’accondiscendere a tutte quelle tentazioni che il denaro porta con sé come il serpente il veleno. Da banchiere si era fatto usuraio e per giunta più vizioso e licenzioso di Roma. Una sola buona abitudine aveva conservato, quella di andarsi a confessare ogni tanto. Forse spinto dal rimorso più probabilmente anche solo dalla nausea e da schifo che provava di se stesso quando le illusioni del piacere erano passate, andava a confessarsi da Padre Polanco, un padre della Compagnia di Gesù nella speranza di ripulirsi un po’ l’anima e il corpo. Ma il confessore, avendo visto dopo un bel numero di confessioni, che nonostante tutte le sue severe ed aspre esortazioni, il penitente non dava l’ assicurazione necessaria per tenersi lontano dalle occasioni e continuava nelle ricadute, gli negò l’assoluzione. Il Crivelli si trovò d’un tratto tutto solo, senza sostegno, senza difesa contro il rimorso che lo divorava e la sete di peccato che non gli dava requie. Aveva sentito parlare di Filippo come d’un santo e si decise d’andare da lui. Dopo avergli esposto il suo stato pietoso, lo pregò con le lacrime agli occhi che gli impetrasse da Dio la grazia di essere finalmente liberato da una certa occasione mondana, per la quale non aveva potuto obbedire al confessore. Diceva tra i più forti singhiozzi: Fino ad ora non mi è riuscito di avere questa volontà nonostante le prove e le riprove fatte. Soltanto Dio me la può dare per le tue preghiere. Tu che sei accetto più di ogni altro al cielo, usami questa carità, te ne scongiuro; vieni in mio soccorso in tanta miseria, in cui certo morirò, se non m’aiuti. Filippo ne fu commosso grandemente e glielo dimostrò. Vide in quel peccatore disperato l’infelicità più che la colpa, e si mostrò dolce e benigno con lui. Lo guardò coi suoi occhi ineffabili, a lungo, poi gli disse parole così tenere, piene di affetto, di carità e di amore di Dio che egli stesso piangeva, confuso come in una sola anima col Crivelli, il quale se ne stava a mirarlo inginocchiato come davanti a un santo. Va’ pure, disse alla fine Filippo: voglio pregare per te, amico. E pregherò, pregherò tanto che ti distaccherai senz’altro da questa occasione e non peccherai più. Fu vero. L’assoluta fiducia nella preghiera, la ferma certezza nell’aiuto impetrato presso Dio da Filippo, ottennero che il Crivelli abbandonasse in breve ogni sua cattiva pratica. Tornato a confessarsi da Padre Polanco, ne ebbe l’assoluzione. Quando poi Filippo fu sacerdote, il Crivelli gli chiese ed ottenne di divenire suo penitente e fece tali progressi arricchendosi talmente di virtù e di cristiana carità che Filippo lo portava come esempio a quelli stessi per i quali era stato fino allora motivo di scandalo.

Commento al Vangelo della domenica di don Fabio Rosini

Vangelo Lc 20, 27-38: Dio non è dei morti, ma dei viventi.

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».