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Martedi, 30 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Pio V ( Letture di oggi )

Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney):Quando lo Spirito Santo vuole una cosa, essa riesce sempre.

LETTURE A CASO

Mt 1,1-25

1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, 5Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, 8Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, 13Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.

17La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.

18Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati".

22Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,


che significa Dio con noi. 24Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 11, 2-11 Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

1 Gv 3,1-24

1Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. 4Chiunque commette il peccato, commette anche violazione della legge, perché il peccato è violazione della legge. 5Voi sapete che egli è apparso per togliere i peccati e che in lui non v'è peccato. 6Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non lo ha visto né l'ha conosciuto.

7Figlioli, nessuno v'inganni. Chi pratica la giustizia è giusto com'egli è giusto. 8Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo. 9Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio.

10Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello.

11Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. 12Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvage, mentre quelle di suo fratello eran giuste.

13Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. 14Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.

16Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. 17Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio? 18Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. 19Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore 20qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. 21Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; 22e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui.

23Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. 24Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.


Il lavoro dei monaci: Condiscendenza di Paolo verso i deboli: a) Sotto la legge, con la legge, senza legge; b) Paolo non è opportunista né simulatore.

11. 12. Ascoltiamo il brano seguente da cui si ricava che la condotta di Paolo era suggerita da compassione per le persone più deboli nella fede. Pur essendo libero nei riguardi di tutti, mi son voluto rendere servo di tutti per portare molta gente a salvezza. Per chi era soggetto alla legge mi son reso come un uomo obbligato alla legge –sebbene io non fossi stretto da tale obbligo –, pur di salvare i sottoposti alla legge. Per quelli che non hanno la legge mi son reso come un uomo privo di legge – sebbene un senza legge io non lo sia ma abbia la legge di Cristo –, pur di salvare quelli che sono fuori della legge. Si regolava in tal modo non per furberia o voglia di fingere ma perché animato da compassione e carità. Non fu per apparire giudeo – come certuni hanno ritenuto –, che ad esempio, in Gerusalemme si assoggettò alle osservanze legali dell’Antico Testamento. Lo fece, anzi, per conformarsi alla sua teoria, adottata liberamente e chiaramente formulata là dove dice: Se uno al momento della chiamata al cristianesimo è circonciso, non faccia scomparire questo segno. Non dovrà, cioè, costui menare un tenore di vita quasi che fosse ridiventato pagano incirconciso, nascondendo a tal fine ciò che aveva messo allo scoperto. Come in un altro passo dice: La tua circoncisione è divenuta prepuzio. In conformità dunque col suo principio che “ chi è chiamato dal giudaismo non deve occultare la sua circoncisione e chi è chiamato di tra i pagani non deve farsi circoncidere “, Paolo adottò comportamenti che agli occhi di gente ignara o sbadata poterono sembrare simulazioni. Bisogna però sapere che egli era un giudeo e ricevette la chiamata al cristianesimo quand’era circonciso. Pertanto, egli si rifiutò di ridiventare incirconciso, cioè di vivere come vivevano i cristiani provenienti dal paganesimo, sebbene una tale linea di condotta egli fosse libero di adottarla. Egli non era soggetto alla legge mosaica come l’intendevano quelli che ne volevano un’osservanza servile, ma era sotto la legge di Cristo e di Dio, con la quale la legge di Mosè si identificava. Poiché non erano due leggi diverse, come affermano quegli scellerati dei manichei. Se dunque Paolo nell’adattarsi alle osservanze dei giudei lo fece per finta, si dovrebbe dire che, sia pure per finta, egli si fece pagano e offrì sacrifici agli idoli, poiché dice che, nei riguardi di quelli che erano al di fuori della legge, si comportò come un uomo senza la legge. Con la quale espressione egli vuol indicare evidentemente i gentili, cioè coloro che noi siamo soliti chiamare pagani. Bisogna ricordare a questo proposito che una cosa è essere sotto la legge, un’altra essere con la legge, una terza essere senza la legge. Sotto la legge è la condizione dei giudei non rinati alla grazia; con la legge è la condizione di coloro che, giudei o cristiani che siano, son mossi dallo spirito. Per cui, se giudei, seguitano a regolarsi secondo le costumanze dei loro antenati, ma non impongono ai convertiti dal paganesimo pesi ai quali costoro non sono assuefatti e quindi son loro soli che seguitano a circoncidersi. Senza la legge è la condizione dei pagani che ancora non hanno conosciuto né abbracciato la fede: alle cui esigenze l’Apostolo dice di essersi adattato: non per opportunismo o voglia di simulare, ma per misericordiosa compassione, perché si sentiva in dovere d’andare incontro ai bisogni di quanti fra i giudei o i pagani fossero stati ancora uomini carnali, con quella compassionevole carità con cui egli stesso avrebbe desiderato d’essere trattato se si fosse trovato nelle loro condizioni. Si poneva sulle proprie spalle la loro debolezza abbassandosi caritatevolmente al loro livello, non ingannandoli con una simulazione bugiarda. Come egli spiega subito appresso: Mi sono reso debole con i deboli, per portare i deboli a salute. Tali i motivi che lo spingevano a dire anche le cose riportate più sopra. Quindi, come non era una fandonia l’essersi fatto debole con i deboli, allo stesso modo non lo erano gli altri atteggiamenti descritti prima. Resta da vedere cosa sia stata quella che egli chiama debolezza sua verso i più deboli. Non fu forse il riguardo che egli, mosso da carità, volle avere per loro, rifiutandosi d’accettare quello che a rigor di diritto divino gli sarebbe spettato? La qual cosa egli fece per non dar l’impressione d’essere un venditore del vangelo e per non ostacolare così il diffondersi della parola di Dio suscitando sospetti presso della gente ancora impreparata. Se egli, il suo compenso lo avesse preteso, non avrebbe agito da imbroglione, poiché era un diritto che realmente gli spettava. Non accettandolo fu ugualmente leale e sincero. Non disse infatti che non gli spettava, ma che, pur trattandosi d’un suo diritto, ci rinunziava e intendeva rinunziarci in modo assoluto. Con ciò, vale a dire col non esigere quanto a lui dovuto, si rendeva debole: si rivestiva di quel sentimento di compassione che gli faceva pensare come avrebbe desiderato si agisse con lui nel caso che si fosse trovato nella stessa condizione di spirito tanto malferma da sospettare del traffico affaristico sul conto dei predicatori del vangelo vedendoli accettare compensi materiali.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE

Sembrano dure a molti queste parole: "Rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù" (Mt 16,24). Ma molto più duro sarà sentire, un giorno, quella sentenza inesorabile: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). Ma coloro che ascoltano ora volentieri la parola della Croce e la seguono, non temeranno di sentire in quel momento quella dell'eterna dannazione. Ci sarà nel cielo questo segno della Croce, quando il Signore verrà a giudicare. Allora, tutti i servi della Croce, che in vita si conformarono al Crocifisso, s'accosteranno con grande fiducia a Cristo giudice. Perché, dunque, temi di prendere sulle tue spalle la Croce, per mezzo della quale si ascende al Regno?

Nella Croce è la salvezza, nella Croce è la vita, nella Croce è la difesa dai nostri nemici, dalla Croce sgorga la soavità celeste, nella Croce è la forza della mente, nella Croce è la gioia dello spirito: nella Croce è la pienezza della virtù, nella Croce è la perfezione della santità.

Non c'è per l'anima salvezza, non c'è speranza di vita eterna, se non nella Croce. Prendi, dunque, la tua croce e segui Gesù, ed arriverai alla vita eterna. Egli ti ha preceduto "portando la Croce" (Gv 19,17), ed è morto sulla Croce per te, perché anche tu porti la tua e desideri di morirvi sopra. lnfatti, se sarai morto insieme con Lui, con Lui avrai parimenti la vita; e se Gli sarai stato compagno nella sofferenza, lo sarai pure nella gloria.

Ecco, dunque: tutto dipende dalla croce e tutto consiste nel morirvi; e non c'è altra via per giungere alla vita ed alla vera pace interiore, se non la via della santa croce e della mortificazone quotidiana. Va' dove vuoi, cerca quello che vuoi, ma non troverai, in alto, una via più sublime né, in basso, una via più sicura di quella della santa croce.

Predisponi pure ed ordina tutto secondo il tuo volere e le tue vedute, ma non troverai altro che dover sempre patire qualche cosa, volentieri o no; e così, troverai sempre la croce. lnfatti, o proverai dolori nel corpo o dovrai soffrire pene spirituali nell'anima. Talora sarai abbandonato da Dio, talora t'affliggerà il prossimo; quel che è peggio, sarai spesso di peso a te stesso. E tuttavia, non potrai trovare rimedio che ti liberi o conforto che ti dia sollievo: bisogna che tu soffra fino a che Dio lo vorrà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire dolori senza conforti, che ti sottometta pienamente a Lui e che per mezzo della sofferenza tu diventi più umile. Nessuno sente tanto viva nel cuore la Passione di Cristo, quanto colui al quale sia toccato di patire qualche cosa di simile.

La croce, dunque, è sempre pronta e ti aspetta dappertutto. Non puoi sfuggirla, dovunque tu corra a rifugiarti, perché, in qualunque luogo giungerai, tu porterai te stesso e troverai sempre te stesso. Volgi lo sguardo in alto od in basso, fuori o dentro di te: dappertutto troverai la croce; e dappertutto è necessario che tu porti pazienza, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno. Se porti la croce di buon animo, essa a sua volta porterà te e ti condurrà alla sospirata mèta, dove, cioè, avrà fine la sofferenza, che quaggiù non avrà mai termine.

Se, invece, la porti di malavoglia, ti crei un peso che ti sarà più grave; e tuttavia, bisogna che tu lo regga. Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra e, forse, più pesante. Credi tu di poterti sottrarre a ciò che nessuno tra i mortali mai poté evitare? Quale Santo fu in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Nemmeno Gesù Cristo, Signor nostro, finché visse, fu un'ora sola senza i dolori della Passione. "Bisognava - disse - che il Cristo patisse, risorgesse dai morti ed entrasse, così, nella sua gloria" (Lc 24,26).

E come vuoi tu cercare un'altra via, diversa da quella maestra, che è la via della Santa Croce? Tutta quanta la vita di Cristo fu croce e martirio; e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi cosa diversa dal patire tribolazioni, perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. E quanto più uno sarà salito in alto nella vita dello spirito, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, perché la pena del suo esilio cresce insieme con l'amore di Dio.

Costui, però, sebbene così provato da molteplici afflizioni, non manca di sollievo e di conforto, perché sente che, sopportando la sua croce, cresce per lui un frutto grandissImo. lnfatti, mentre si sottopone spontaneamente alla croce, tutto il peso della tribolazione gli si tramuta in fiducia di conforto divino. E quanto più la carne è macerata dall'afflizione, tanto più lo spirito rinvigorisce per la grazia interiore. E qualche volta, anzi, si sente così sostenuto nel desiderare tribolazioni ed avversità per amore di conformarsi alla Croce di Cristo, che non vorrebbe trovarsi senza dolore e tribolazione, perché è convinto d'essere tanto più accetto a Dio, quanto più numerosi e gravosi sono i sacrifici che potrà sopportare per Lui. Ciò, però, non è effetto di virtù umana, ma della Grazia di Cristo, la quale nella nostra fragile carne può ed opera tali prodigi, che l'uomo intraprende ed ama con spirito di fervore quello da cui, per natura, aborre e rifugge.

Non è secondo la natura umana portare la croce, amare la croce, mortificare il corpo e ridurlo in schiavitù; fuggire gli onori, sopportare di buon animo le offese, disprezzare se stesso e desiderare d'essere disprezzato; soffrire con proprio danno ogni genere di contrarietà e non desiderare in questo mondo alcuna prosperità.Se guardi soltanto a te stesso, non potrai fare, da solo, nulla del genere. Ma se confidi nel Signore, te ne sarà data la forza dal Cielo, e il mondo e la carne s'assoggetteranno al tuo comando. E neppure temerai il diavolo, tuo nemico infernale, se ti sarai armato di fede e se avrai come insegna la Croce di Cristo. Disponiti, dunque, da buono e fedele servo di Cristo, a portare con coraggio la Croce del Signore tuo, crocifisso per amore tuo.

Preparati a sopportare molte avversità e disagi di vario genere in questa misera vita, perché così sarà per te dovunque sarai; e questo, di fatto, troverai in qualunque angolo sia andato a nasconderti. Bisogna che sia così. Non c'è rimedio o scappatoia dalle tribolazioni dei mali e dal dolore, se non quello d'aver pazienza con te stesso. Bevi con avidità il calice del Signore, se desideri esserGli amico e aver parte con Lui. Per le consolazioni, rimettiti a Dio: ne disponga Lui, come meglio Gli sarà piaciuto. Ma per parte tua, sii disposto a sopportare le tribolazioni e considerale come grandissime consolazioni, "perché le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura" (Rm 8,18) che ti procureranno, anche se tu, da solo, potessi sopportarle tutte.

Quando sarai giunto a questa disposizione, cioè che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora pensa di stare bene con te stesso, perché hai trovato il paradiso in terra. Ma finché la sofferenza ti pesa e cerchi d'evitarla, tu sarai sempre come un arnmalato, e la tribolazione, da cui rifuggi, ti verrà dietro dovunque tu vada. Se, invece, ti adatti a quello che è tuo dovere, cioè a patire e a morire, ti sentirai presto meglio e troverai pace.

Anche se tu fossi rapito al terzo Cielo come Paolo, non potresti, per questo, ritenerti al sicuro dal sopportare alcuna contrarietà. "Io - disse Gesù - gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9,16). Dunque, non ti resta che soffrire, se vuoi amare Gesù ed essere suo servo in eterno. Oh, fossi tu degno di patire qualche cosa per il nome di Gesù! Quanto grande gloria sarebbe per te, quanta esultanza ne avrebbero tutti i Santi di Dio, e quanta edificazione ne ricaverebbe il tuo prossimo! Tutti fanno l'elogio della pazienza, ma pochi sono quelli che vogliono patire. Sarebbe ben giusto che tu patissi un poco, per Cristo, quando molti sopportano sacrifici più gravosi per il mondo. Tieni per certo che tu devi condurre una vita che sia un continuo morire a te stesso.

E quanto più uno muore a se stesso, tanto più comincia a vivere per Dio. Nessuno diventa idoneo a comprendere le cose celesti, se prima non si sia assoggettato a sopportare per Cristo le avversità. Niente è più gradito a Dio, niente è per te più salutare in questo mondo, che soffrire volentieri per Cristo. E se spettasse a te la scelta, dovresti desiderare di sopportare le sofferenze per Cristo, piuttosto che d'essere allietato da molte consolazioni, perché, così, saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i Santi. lnfatti, il merito nostro ed il profitto della nostra condizione spirituale non consistono nell'abbondanza delle soavi consolazioni, ma piuttosto nella sopportazione delle pesanti difficoltà e pene. E se ci fosse stato qualche cosa di meglio e di più utile della sofferenza per la salvezza degli uomini, Cristo certamente ce lo avrebbe indicato con la parola e con l'esempio.

Infatti, e ai discepoli che Lo seguivano e a tutti quelli che desiderano seguirLo, rivolge chiaramente l'esortazione a portare la croce, e dice: "Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Dunque: lette attentamente e meditate tutte queste cose, la conclusione finale sia questa, che "è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio"(At 14,21).