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Venerdi, 3 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santi Filippo e Giacomo ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:Una sola cosa ci è indispensabile: la confessione. Essa non è altro che un atto di umiltà. Lo chiamiamo sacramento della penitenza ma in realtà è un sacra­mento d'amore, un sacramento di perdono. Ecco per­ché la confessione non dovrebbe essere un luogo nel quale parlare per lunghe ore delle nostre difficoltà. E un luogo dove io permetto a Gesù di estirpare da me tutto ciò che divide, che distrugge. Quando c'è un vuoto tra me e Cristo, quando il mio amore è diviso, nulla può venire a colmare quel vuoto. In confessione dovremmo essere molto semplici, come i bambini. « Ecco, sono come un bambino che va dal Padre. » Se un bimbo è ancora senza malizia e non ha ancora im­parato a dire bugie, dirà ogni cosa. Questo intendo quando dico di essere come bambini. La confessione èun atto bellissimo di grande amore. Soltanto nella confessione possiamo andare come peccatori con i propri peccati e uscire come peccatori senza peccato.

LETTURE A CASO

Gv 10,1-42

1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. 12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; 13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".

19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. 20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?". 21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".

22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. 23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. 24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente". 25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; 26ma voi non credete, perché non siete mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30Io e il Padre siamo una cosa sola".

31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. 32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?". 33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio". 34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? 35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), 36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? 37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; 38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre". 39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. 41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero". 42E in quel luogo molti credettero in lui.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mc 14, 12-16. 22-26: Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Tt 1,1-16

1Paolo, servo di Dio, apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far conoscere la verità che conduce alla pietà 2ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce, 3e manifestata poi con la sua parola mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore, 4a Tito, mio vero figlio nella fede comune: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

5Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato: 6il candidato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati. 7Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, dev'essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto, 8ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, 9attaccato alla dottrina sicura, secondo l'insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono.

10Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. 11A questi tali bisogna chiudere la bocca, perché mettono in scompiglio intere famiglie, insegnando per amore di un guadagno disonesto cose che non si devono insegnare. 12Uno dei loro, proprio un loro profeta, già aveva detto: "I Cretesi son sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri". 13Questa testimonianza è vera. Perciò correggili con fermezza, perché rimangano nella sana dottrina 14e non diano più retta a favole giudaiche e a precetti di uomini che rifiutano la verità.

15Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza. 16Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevoli come sono, ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona.


La Città di Dio: Libro V - Visione irrazionalista e razionalista della storia: oroscopo del concepimento e della nascita.

5. E i due fratelli che Ippocrate, osservando con la sua esperienza di medico la loro malattia, riconobbe come gemelli perché essa contemporaneamente si manifestava più grave o più leggera in entrambi, rimproverano apertamente gli astrologi che vogliono attribuire agli astri una condizione che derivava dalla complessione organica. Essi si ammalavano nel medesimo modo e tempo e non l'uno prima e l'altro dopo come erano nati, perché non era possibile che nascessero entrambi simultaneamente. E se non ebbe influsso a farli ammalare in tempi diversi il fatto che nacquero in tempi diversi, perché gli astrologi sostengono che per la diversità delle altre situazioni ha importanza il diverso tempo nel nascere? Per qual motivo, appunto perché nacquero in tempi diversi, poterono viaggiare, ammogliarsi e aver figli in tempi diversi e fare molte altre cose e non poterono per lo stesso motivo ammalarsi in tempi diversi? Se il diverso momento nella nascita ha mutato l'oroscopo e ha indotto diversità nelle altre situazioni, perché per le malattie è rimasta la condizione che il concepimento induceva con l'eguaglianza nel tempo? Ovvero se i destini della salute fisica sono nel concepimento, ma si afferma che quelli delle altre condizioni sono nella nascita, gli astrologi non dovrebbero, dopo avere scrutato gli oroscopi della nascita, parlare della salute, giacché non è possibile scrutare in essa l'ora del concepimento. Se poi predicono le malattie senza scrutare l'oroscopo del concepimento, dato che le malattie sono indicate dal periodo del nascere, in che modo potrebbero ad uno dei gemelli indicare dall'ora della nascita quando si ammalerà? Anche l'altro che non aveva il medesimo oroscopo della nascita dovrebbe anche lui necessariamente ammalarsi? E pongo altre domande. Se, dicono essi, la distanza di tempo nella nascita dei gemelli è grande, è indispensabile che si diano per loro diverse congiunzioni astrali a causa dell'oroscopo diverso e per questo diversi anche tutti i punti di riferimento 12. In essi si ha tanto influsso che anche i destini divengono diversi. Ma come è stato possibile questo, chiedo io, se è impossibile che il concepimento dei gemelli abbia tempi diversi. Se poi è stato possibile che per la nascita si avessero destini diversi dei due gemelli concepiti nella medesima frazione di tempo, perché non sarebbe possibile che per la vita e per la morte si abbiano destini diversi di due individui nati nella medesima frazione di tempo? Infatti se la medesima frazione di tempo, in cui entrambi i gemelli sono stati concepiti, non ha impedito che l'uno nascesse prima e l'altro dopo, perché se due diversi individui nascono nella medesima frazione di tempo, è un impedimento a che l'uno muoia prima e l'altro dopo? Se il concepimento che avviene in un solo istante consente che i gemelli abbiano nell'utero sorti diverse, perché la nascita verificatasi in un medesimo istante non consentirebbe a due individui diversi di avere sulla terra sorti diverse? Così sarebbero eliminati tutti i sofismi di questa arte o meglio impostura. Ma che discorso è questo, che i gemelli concepiti nel medesimo tempo, nel medesimo istante, sotto la medesima posizione del cielo, abbiano destini diversi che li portano a due diversi oroscopi, e al contrario sarebbe impossibile che individui nati nel medesimo istante di tempo e sotto una medesima posizione del cielo ma da madri diverse abbiano destini diversi che li portino a una diversa condizione della vita e della morte? Si vuol dire forse che gli individui nell'atto del concepimento non hanno ancora il destino, giacché non possono averlo se non nascono? E allora perché dicono che, se si conosce l'ora del concepimento, possono essere previste molte cose per più alta divinazione? Si racconta perfino in proposito che un sapiente scelse l'ora in cui unirsi alla moglie per avere un figlio meraviglioso. E alla fin fine in proposito si ha anche il responso che in merito ai due gemelli ammalati alla stessa maniera diede Posidonio, grande astrologo e filosofo, e cioè che il fenomeno si verificò perché erano nati e concepiti nel medesimo tempo. Ed aggiungeva il concepimento appunto perché non gli si obiettasse che necessariamente non erano potuti nascere nel medesimo tempo individui che era assolutamente accertato fossero stati concepiti nel medesimo tempo. Così poteva non attribuire il fatto che si erano ammalati nel medesimo modo e tempo alla medesima costituzione fisiologica ma assegnare alle congiunzioni astrali la simiglianza dello stato di salute. Se dunque nel concepimento si ha un così grande influsso ai sensi dell'eguaglianza dei destini, essi non sarebbero dovuti cambiare con la nascita. Se poi i destini dei gemelli sono diversi perché nascono in tempi diversi, perché non si dovrebbe piuttosto capire che erano già diversi perché nascessero in tempi diversi? Ma davvero che la volontà di chi vive non muta il destino della nascita, sebbene la successione nel nascere cambierebbe il destino del concepimento?

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: CHIEDERE L’AIUTO DI DIO NELLA FIDUCIA DI RIACQUISTARE LA SUA GRAZIA

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, Io sono "il Signore, un asilo sicuro nel giorno dell'angoscia" (Na 1.7). Vieni a Me, quando sei afflitto. Il maggiore ostacolo alla grazia della consolazione celeste è che ti volgi troppo tardi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgerti a Me con intense preghiere, tu vai cercando, intanto, molti sollievi e ti conforti nelle cose esteriori. Da ciò deriva che da tutte queste cose tu ritrai scarso giovamento fino a che non comprenda che la salvezza di chi spera in Me sono Io, e che, fuori di Me, non c'è valido aiuto né utile consiglio e nemmeno durevole rimedio. Ma ora, ripreso fiato dopo la burrasca, ritemprati nella luce delle mie misericordie, perché Io ti sono vicino (dice il Signore) per rimettere ogni cosa nello stato di prima non solo interamente, ma anche con sovrabbondanza ed oltre misura.

Mi è, forse, difficile qualcosa? O assomiglierò ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta' saldo e perseverante. Sii paziente e forte; la consolazione ti verrà al momento opportuno. AspettaMi, aspettaMi: verrò e ti risanerò. È una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti sbigottisce. A che serve preoccuparsi dell'incerto avvenire, se non ad aggiungere tristezza a tristezza? "A ciascun giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). E’ vano ed inutile turbarsi o rallegrarsi di cose future, che forse non avverranno mai. Purtroppo, è debolezza propria dell'uomo lasciarsi illudere da fantasie di tal genere; ed è segno d'animo ancora debole lasciarsi trascinare tanto facilmente verso le suggestioni del Nemico. Lui, infatti, non bada se gli riesca d'illuderti ed ingannarti con cose vere o false; non bada se gli riesca d'abbatterti con l'attaccamento ai beni presenti o con il timore dei mali futuri. Non si turbi, dunque, il tuo cuore e non abbia timore. Credi in Me e confida nella mia misericordia. Spesso, quando ritieni d'esserti allontanato da Me, Io ti sono più vicino. Quando tu pensi che quasi tutto sia andato perduto, allora, spesso, ti si fa vicino il momento d'acquistare merito più grande. Non tutto è perduto, quando una cosa va a rovescio.

Non devi giudicare secondo l'impressione del momento: da qualunque parte ti venga una difficoltà, non devi lasciarti schiacciare né devi subirla, come se ti fosse stata tolta ogni speranza d'uscirne fuori. Non crederti abbandonato del tutto, anche se t'ho mandato qualche temporanea tribolazione od anche se t'ho tolto la sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel Regno dei Cieli. E senza dubbio, per te e per gli altri miei servi è più utile essere provati dalle avversità, che avere tutto quanto conforme ai propri desideri. Io conosco i pensieri nascosti; so che alla tua salvezza giova molto che tu sia lasciato talvolta privo di dolcezze spirituali, perché tu non monti in superbia, eventualmente, per il buon successo, e non ceda al desiderio di compiacerti di ciò che non sei. Quello che ho dato posso riprenderlo, e poi, quando Mi piacerà, ridonarlo. Quello che avrò donato rimane mio; quando poi avrò tolto, non avrò tolto cosa tua, perché "mio e ogni buon regalo ed ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

Se ti manderò qualche peso da portare o qualche contrarietà, non esserne risentito e non si prostri il tuo animo: Io posso ben tosto sollevartene e cambiare in gioia ogni tuo peso. Io sono, peraltro, giusto e degno di molta lode, anche quando agisco con te così. Se sei saggio e guardi in faccia alla verità, non devi mai abbatterti così e rattristarti delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e ringraziare. Devi, anzi, ritenere tua unica gioia ch'Io non ti risparmio dolori ed afflizioni. "Come il Padre ha amato Me, così anch'Io amo voi" (Gv 15,9), ho detto ai miei diletti discepoli. E, in verità, non li mandai a gioie temporali, ma ad aspre lotte; non agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica; non al riposo, ma "a produrre molto frutto con la loro perseveranza" (Lc 8,15). Ricordati, figlio mio, di queste parole.