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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:La preghiera che viene dalla mente e dal cuore e che noi recitiamo senza leggerla nei libri è detta pre­ghiera mentale. Non dobbiamo mai dimenticare che siamo vincolati dal nostro stato a tendere verso la per­fezione e a puntare ad essa incessantemente. La con­suetudine della preghiera mentale quotidiana è neces­saria per raggiungere il nostro scopo, poiché essa è il respiro di vita per la nostra anima e la santità è im­possibile senza di essa. Santa Teresa d'Avila dice: “ Colui che trascura la preghiera mentale non ha bi­sogno del diavolo che lo spinga all'inferno; ci andrà per sua volontà ”. E soltanto mediante la preghiera mentale e le letture spirituali che possiamo coltivare il dono della preghiera. La preghiera mentale è grandemente favorita dal candore dell'anima, cioè dalla di­menticanza di sé, dalle mortificazioni del corpo e dei sensi e dai frequenti slanci di desiderio che alimenta­no la nostra preghiera. “ Nella preghiera mentale ”, dice St. John Vianney, “chiudi gli occhi, chiudi le labbra e apri il cuore. ” Nella preghiera vocale noi parliamo con Dio, nella preghiera mentale è Lui che ci parla. E in quel momento che Dio si riversa dentro di noi.

LETTURE A CASO

Lc 20,1,47

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: 2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità". 3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi: 4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?". 5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?". 6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta". 7Risposero quindi di non saperlo. 8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo piantò una vigna, l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo. 10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote. 11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote. 12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono. 13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto. 14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra. 15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!". 17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo
?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà". 19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore. 21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?". 23Conoscendo la loro malizia, disse: 24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare". 25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio". 26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: 28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. 29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 32Da ultimo anche la donna morì. 33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui". 39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene". 40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide, 42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,
43finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?


44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli: 46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 18, 33b-37: Tu lo dici: io sono re.

2 Cor 9,1-15

1Riguardo poi a questo servizio in favore dei santi, è superfluo che ve ne scriva. 2Conosco infatti bene la vostra buona volontà, e ne faccio vanto con i Macèdoni dicendo che l'Acaia è pronta fin dallo scorso anno e già molti sono stati stimolati dal vostro zelo. 3I fratelli poi li ho mandati perché il nostro vanto per voi su questo punto non abbia a dimostrarsi vano, ma siate realmente pronti, come vi dicevo, perché 4non avvenga che, venendo con me alcuni Macèdoni, vi trovino impreparati e noi dobbiamo arrossire, per non dire anche voi, di questa nostra fiducia. 5Ho quindi ritenuto necessario invitare i fratelli a recarsi da voi prima di me, per organizzare la vostra offerta già promessa, perché essa sia pronta come una vera offerta e non come una spilorceria.

6Tenete a mente che chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. 7Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. 8Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene, 9come sta scritto:

ha largheggiato, ha dato ai poveri;
la sua giustizia dura in eterno
.

10Colui che somministra il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, somministrerà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia. 11Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale poi farà salire a Dio l'inno di ringraziamento per mezzo nostro. 12Perché l'adempimento di questo servizio sacro non provvede soltanto alle necessità dei santi, ma ha anche maggior valore per i molti ringraziamenti a Dio. 13A causa della bella prova di questo servizio essi ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti; 14e pregando per voi manifesteranno il loro affetto a causa della straordinaria grazia di Dio effusa sopra di voi. 15Grazie a Dio per questo suo ineffabile dono!


Didache': Invito a non turbare la disciplina ecclesiastica. E a non parteggiare per gli indisciplinati.

30. 38. Son queste le cose che a proposito del lavoro dei monaci mi sono affrettato a scriverti, o mio carissimo fratello Aurelio, a cui va nel cuore di Cristo ogni mio rispetto. Te ne ho scritto, nel modo e nella misura che mi ha donato colui che per tuo mezzo m’aveva dato l’incarico di scriverne. Nella mia esposizione ho avuto di mira soprattutto che i buoni religiosi nell’eseguire quanto prescritto dall’Apostolo non avessero ad essere presi per contravventori delle norme del vangelo da coloro che son pigri e indisciplinati. In tal modo, quanti si rifiutano di lavorare non potranno almeno avanzare dubbi sul fatto che quelli che lavorano sono migliori di loro. Veramente, chi potrebbe tollerare che uomini cocciutamente ribelli i quali resistono agli ordini più che salutari impartiti dall’Apostolo abbiano ad essere non già sopportati pazientemente come membra malate ma elogiati come più progrediti in santità? Come si potrebbe ammettere che monasteri fondati sulla più sana dottrina abbiano ad essere fuorviati dalla duplice attrattiva, di potersi cioè abbandonare all’ozio con ogni libertà e di potersi far belli con una santità contraffatta? Pertanto, anche quegli altri fra i nostri fratelli e figli che inconsciamente han preso l’abitudine d’appoggiare costoro e di patrocinare la causa della loro arrogante condotta sappiano che tocca a loro in primo luogo ravvedersi e mutare condotta, allo scopo di far ravvedere i traviati, non già perché loro riducano le opere buone che fanno. È ovvio infatti che riguardo alla prontezza e allo zelo con cui forniscono il necessario ai servi di Dio, noi non solo non li rimproveriamo ma anzi ce ne congratuliamo con vivo compiacimento. Stiano però in guardia affinché una malintesa compassione non abbia per l’avvenire a recar loro maggior danno di quanto non sia il vantaggio conseguito sul primo momento.
30. 39. Si commettono infatti meno peccati se con approvazioni non si dà spago al perverso perché segua le inclinazioni del suo cuore e se non si elogia colui che commette azioni inique.

(Autore: anonimo)

L'imitazione di Cristo: LA LETTURA DEI LIBRI SACRI

Nei libri sacri si deve cercare la verità, non l'eloquenza. Ogni libro sacro dev'essere letto con lo spirito con il quale fu scritto. In essi dobbiamo cercare più il nostro vantaggio morale che la finezza dell'espressione stilistica. Dobbiamo leggere volentieri i libri devoti e scritti con semplicità, come quelli profondi e sublimi. Non t'importi l'autorevolezza dello scrittore, se, cioè, fu uomo di molta o poca cultura, ma ti trascini a leggere solo l'amore della pura verità. Non chiedere chi ha detto questo, ma rivolgi la tua attenzione a ciò che viene detto. Gli uomini passano, ma "la Verità del Signore resta in eterno" (Sal 116,2). Dio ci parla in modi diversi, senza tenere conto delle persone. La nostra curiosità ci è spesso d'ostacolo nella lettura delle Sacre Scritture, quando vogliamo capire a fondo e discutere dove bisognerebbe passar oltre con semplicità. Se tu vuoi trarne profitto, leggi con umiltà, con semplicità e con fede, e non aspirare ad avere nome d'uomo di cultura. Interroga volentieri ed ascolta in silenzio le parole dei Santi, né ti dispiacciano gli ammaestramenti dei vecchi; infatti, non vengono riportati senza un utile scopo.