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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

San Francesco di Sales:Molte persone non hanno alcun profitto perché non confessano con sincerità al confessore quella passione che è la vera radice di tutti i loro peccati.

LETTURE A CASO

Lc 14,1-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". 3Allora egli disse loro questa parabola:

4"Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

8O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. 10Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20Partì e si incamminò verso suo padre.

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. 23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 2, 13-15. 19-23: Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.

Eb 1,1-14

1Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, 2in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. 3Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli, 4ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.

5Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto:

Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?

E ancora:

Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio?

6E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice:

Lo adorino tutti gli angeli di Dio.

7Mentre degli angeli dice:

Egli fa i suoi angeli pari ai venti,
e i suoi ministri come fiamma di fuoco
,

8del Figlio invece afferma:

Il tuo trono, Dio, sta in eterno

e:

Scettro giusto è lo scettro del tuo regno;
9hai amato la giustizia e odiato l'iniquità,
perciò ti unse Dio, il tuo Dio,
con olio di esultanza più dei tuoi compagni
.

10E ancora:

Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli
.
11Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito
.
12Come un mantello li avvolgerai,
come un abito e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine
.

13A quale degli angeli poi ha mai detto:

Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi?


14Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?


Gli otto spiriti malvagi: Capitolo 5

Accostati al fuoco ardente piuttosto che ad una giovane donna, soprattutto se sei giovane anche tu: quando infatti ti avvicini alla fiamma e senti un bel bruciore, ti puoi allontanare rapidamente, mentre quando sei lusingato dalle ciarle femminili , difficilmente riesci a darti alla fuga. L'erba cresce quand'è vicina all'acqua, come germina l'intemperanza bazzicando le femmine. Colui che si riempie il ventre e fa professione di saggezza È simile a chi afferma di frenare la forza del fuoco nella paglia. Come infatti È impossibile contrastare il mutevole guizzare del fuoco nella paglia, così È impossibile colmare nella sazietà l'impeto infiammato dell'intemperanza. Una colonna poggia sulla base e la passione della lussuria ha le fondamenta nella sazietà. La nave preda delle tempeste si affretta a raggiungere il porto e l'anima del saggio cerca la solitudine: l'una fugge le minacciose onde del mare, l'altra le forme femminili che portano dolore e rovina. Una fattezza abbellita di donna affonda più di un maroso: ma l'uno ti dà la possibilità di nuotare se vuoi salva la vita, invece la bellezza muliebre, dopo l'inganno, ti persuade a disprezzare financo la vita stessa. Il rovo solitario si sottrae intatto alla fiamma e il saggio che sa tenersi lontano dalle donne non si accende d'intemperanza: come infatti il ricordo del fuoco non brucia la mente, così neppure la passione ha vigore se manca la materia.

(Autore: Evagrio Pontico)

L'imitazione di Cristo: GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA GRAZIA

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, poni molta attenzione agli impulsi della natura e della grazia, perché i loro moti sono molto contrari, ma così sottili, che solo un uomo spirituale ed intimamente illuminato riesce a fatica a distinguerli. Tutti gli uomini desiderano, certo, il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni, hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparenza di bene restano ingannati. La natura è scaltra ed alletta molti, irretisce ed inganna; inoltre, per fine ha sempre se stessa. La grazia, al contrario, cammina con semplicità, evita il male sotto qualsiasi aspetto esso appaia; non tende insidie; opera tutto rettamente, per amore di Dio, nel quale, come suo ultimo fine, trova pace. La natura mal sopporta d'essere mortificata, non vuole subire pressioni né essere soffocata né sottostare né piegarsi da sé al giogo.

La grazia, invece, attende alla propria mortificazione, resiste alla sensualità, cerca d'essere assoggettata, desidera d'essere vinta, non vuole far uso della sua libertà, ama d'essere tenuta sotto disciplina; non ha cupidigia di prevalere su alcuno, ma aspira a vivere ed a mantenersi sempre sottoposta a Dio; e, per amore di Dio, è pronta a piegarsi umilmente ad ogni umana creatura. La natura s'affatica per il suo vantaggio e bada a quanto guadagno le possa venire da altri.

La grazia, invece, considera non il profitto ed il vantaggio propri, ma piuttosto quello che possa giovare agli altri. La natura si compiace degli onori e degli ossequi. La grazia, invece, attribuisce lealmente a Dio ogni onore e gloria. La natura teme la vergogna e il disprezzo. La grazia, invece, gode di "patire in giurie per il nome di Gesù" (At 5,41). La natura ama l'ozio e gli agi del corpo. La grazia, invece, non può starsene inoperosa ed accetta con piacere la fatica. La natura cerca di possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle comuni e grossolane. La grazia, invece, si compiace delle cose semplici ed umili, non disdegna quelle rozze né rifiuta di vestirsi di vecchi panni.

La natura tiene l'occhio rivolto ai beni temporali, gioisce dei guadagni, si rattrista delle perdite e si irrita per una parola lievemente offensiva. La grazia, invece, mira ai beni eterni e non s'attacca alle cose temporali, né s'agita per la perdita di cose materiali, né s'inasprisce per parole un po' brusche, poiché ha posto il suo tesoro e la sua gioia in Cielo, dove nulla perisce. La natura è avida e prova più piacere nel prendere che nel donare, ama ciò che le appartiene personalmente. La grazia, invece, è pietosa e condivide ciò che ha, rifugge dalle cose personali, si contenta di poco, "giudica che c 'è più gioia nel donare che nel ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature, al proprio corpo, alle vanità ed alle distrazioni.

La grazia, invece, attira a Dio ed alle virtù, rinunzia alle creature, fugge il mondo, odia i desideri della carne, frena il desiderio degli svaghi, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche divertimento esteriore, nel quale trovino diletto i sensi. La grazia, invece, cerca la consolazione soltanto in Dio ed il compiacimento nel Sommo Bene, elevandosi sopra tutti i beni sensibili. La natura fa tutto per il proprio guadagno e per il proprio vantaggio, non sa fare nulla gratuitamente; ma spera di ricevere, per il bene fatto, un compenso uguale o maggiore o lodi e favori; e brama che siano molto apprezzate le sue azioni ed i suoi doni.

La grazia, invece, non cerca nessun compenso temporale né domanda, come mercede, alcun premio se non Dio solo; delle cose materiali, pur necessarie, non desidera più di quanto le possa servire al conseguimento dei beni eterni. La natura si compiace delle molte amicizie e parentele, si gloria dell'alta posizione sociale e della nobiltà di stirpe, sorride ai potenti, blandisce i ricchi, applaude ai suoi eguali. La grazia, invece, ama anche i nemici e non s'inorgoglisce per la quantità degli amici né dà importanza all'alta posizione sociale o al casato d'origine, se non in quanto ci sia stata in esso una virtù più grande. Favorisce più il povero che il ricco, simpatizza più per l'innocente che per il potente, fa festa con chi dice la verità e non con chi mentisce. Esorta sempre i buoni ad aspirare a "doni spirituali sempre più grandi" (1 Cor 12,31) e ad assomigliare per le loro virtù al Figlio di Dio. La natura, se qualcosa le manca e l'affligge, subito si lagna.

La grazia sopporta con fermezza la povertà. La natura volge ogni cosa a suo favore, combatte e discute per i propri interessi. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, come al principio dal quale esse hanno origine; non attribuisce a sé nulla di buono né presume di sé con superbia; non muove contestazioni né fa prevalere su altri il proprio parere; ma in ogni suo sentimento e pensiero si sottomette all'eterna Sapienza e al giudizio di Dio. La natura è smaniosa di conoscere cose segrete e di sentire novità; vuole apparire bene all'esterno e fare molte esperienze per mezzo dei sensi; brama d'essere conosciuta e di fare ciò da cui nascono lode ed ammirazione. La grazia, al contrario, non si cura di conoscere novità e curiosità, perché tutto ciò è nato dall'evoluzione del vecchio, non essendoci su questa terra nulla che sia nuovo e duraturo. Essa, pertanto, insegna a frenare i sensi, ad evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tenere nascosto umilmente ciò che sarebbe degno di lode e d'ammirazione e a cercare, in ogni circostanza ed in ogni scienza, il vero profitto, la lode e la gloria di Dio. Non vuole che si faccia pubblicità a lei ed alle sue opere, ma desidera che nei suoi doni si benedica Dio, che tutto elargisce per puro amore.

Questa grazia è una luce soprannaturale, uno straordinario, speciale dono di Dio, un segno distintivo degli eletti e un pegno dell'eterna salvezza; essa innalza l'uomo dall'amore terreno all'amore celeste e lo trasforma da carnale in spirituale. Perciò, quanto più si domina e si vince la natura, tanto maggiore grazia ci viene infusa; e, di giorno in giorno, per nuove visite celesti, l'uomo interiore si va trasformando secondo l'immagine di Dio.