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Venerdi, 3 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santi Filippo e Giacomo ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Raccomando di formare un cuor solo e un’anima sola per amare servire Dio e promuovere la sua gloria mediante la pratica della carità. A questo scopo io vi suggeris co il rinnegamento della volontà propria.

LETTURE A CASO

Lc 24,1-53

1Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; 3ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. 5Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno". 8Ed esse si ricordarono delle sue parole.

9E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. 11Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.

12Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.

13Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Èmmaus, 14e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?". 19Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. 21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto".

25Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino". Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32Ed essi si dissero l'un l'altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?". 33E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone". 35Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 37Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46"Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 1,1-18: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Tt 1,1-16

1Paolo, servo di Dio, apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far conoscere la verità che conduce alla pietà 2ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce, 3e manifestata poi con la sua parola mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore, 4a Tito, mio vero figlio nella fede comune: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

5Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato: 6il candidato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati. 7Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, dev'essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto, 8ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, 9attaccato alla dottrina sicura, secondo l'insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono.

10Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. 11A questi tali bisogna chiudere la bocca, perché mettono in scompiglio intere famiglie, insegnando per amore di un guadagno disonesto cose che non si devono insegnare. 12Uno dei loro, proprio un loro profeta, già aveva detto: "I Cretesi son sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri". 13Questa testimonianza è vera. Perciò correggili con fermezza, perché rimangano nella sana dottrina 14e non diano più retta a favole giudaiche e a precetti di uomini che rifiutano la verità.

15Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza. 16Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevoli come sono, ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona.


La Città di Dio: Libro VI - Il politeismo e il problema della salvezza: Seneca condanna l'evirazione sacrale...

10. 1. La libertà che mancò a Varrone, nel rifiutare a pari merito la teologia della città e quella molto simile del teatro, non mancò ad Anneo Seneca che, come sappiamo da certe indicazioni, si distinse al tempo dei nostri Apostoli. L'ebbe se non del tutto almeno parzialmente. L'ebbe appunto come scrittore, ne difettò come uomo. Infatti nel libro scritto contro le superstizioni egli attaccò la teologia dello Stato e della città in modo più esauriente e violento di quello con cui Varrone aveva attaccato la teologia della favola e del teatro. Trattando degli idoli, dice: Raffigurano gli esseri augusti immortali e inviolabili in materia molto vile e immobile, danno loro figura di uomini, di bestie e di pesci ed alcuni li rappresentano perfino ermafroditi nella diversa struttura fisica. Li chiamano numi ma se essi vivificandosi si muovessero all'improvviso, sarebbero presi per mostri. Poco dopo, nel trattare la teologia naturale, esposte le teorie di alcuni filosofi, si pose una domanda con le seguenti parole: A questo punto qualcuno può dire: E io dovrei credere che il cielo e la terra sono dèi e che ve ne sono alcuni sopra la luna e alcuni sotto? E io dovrei ascoltare o Platone o il peripatetico Stratone, di cui il primo ha insegnato che il dio è senza corpo e l'altro che è senza spirito? E, rispondendo alla domanda, soggiunge: Ma perché alla fin fine ti sembrano più veri i sogni di Tito Tazio o di Romolo o di Tullo Ostilio? Tazio dedicò un tempio alla dea Cloacina, Romolo a Pico e Tiberino, Ostilio a Pavore e a Pallore, che sono banali condizionamenti umani di cui il primo è il movimento psicologico della paura, l'altro neanche un male fisico ma soltanto un colorito naturale. Preferiresti credere che gli dèi sono questi e penseresti che siano in cielo? Dei misteri stessi, abominevoli per crudeltà, ha scritto con molta libertà: Uno si evira, l'altro si incide le braccia. In che senso temono gli dèi coloro che se li propiziano in questa maniera? Se gli dèi esigono questa forma di culto, non si devono adorare affatto. È così grande la frenesia della coscienza sconvolta e fuori di sé da far propiziare gli dèi con atti con cui non infieriscono neanche gli individui più disumani, neppure quelli di una crudeltà consegnata alle favole. I tiranni hanno straziato il corpo di alcuni ma non hanno comandato ad alcuno di straziare il proprio corpo. Alcuni sono stati evirati per soddisfare la libidine di un re ma nessuno per comando di un padrone ha compiuto l'atto con cui togliersi la virilità. Si dilaniano da sé nei templi, supplicano con le proprie ferite sanguinanti. Se qualcuno ha tempo di andare a vedere quel che fanno e quel che patiscono, osserverà azioni veramente disgustose per le persone oneste, indegne di persone libere, sconvenienti a persone assennate da non far dubitare nessuno che sono pazzi furiosi se lo fossero in pochi. Ma oggi garanzia di assennatezza è la folla dei dissennati.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: L'IMITAZIONE DI CRISTO E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITA' DEL MONDO.

1. "Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo. Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo.

2. Vanità è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.