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Martedi, 30 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Pio V ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:L'amore comincia in casa. Ogni cosa dipende da come vicendevolmente ci amiamo. Fate in modo che le vostre comunità vivano in questo amore e diffondano la fragranza dell'amore di Gesù ovunque vadano. Non abbiate timore di amare sino alla sofferenza, poiché è il modo in cui Gesù ha amato.

LETTURE A CASO

Mc 15,1-47

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. 2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". 3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. 4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!". 5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.

6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. 7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. 8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. 9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?". 10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. 12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?". 13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!". 14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!". 15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. 17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. 18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!". 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. 20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. 22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, 23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 28.

29I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!". 31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!". 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce". 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.

39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome, 41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. 47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 3, 16-18: Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Eb 12,1-29

1Anche noi dunque, circondàti da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, 2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. 3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. 4Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato 5e avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli:

Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui;
6perché il Signore corregge colui che egli ama
e sferza chiunque riconosce come figlio
.

7È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? 8Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! 9Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? 10Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità. 11Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.

12Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite 13e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

14Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore, 15vigilando che nessuno venga meno alla grazia di Dio. Non spunti né cresca alcuna radice velenosa in mezzo a voi e così molti ne siano infettati; 16non vi sia nessun fornicatore o nessun profanatore, come Esaù, che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura. 17E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto, perché non trovò possibilità che il padre mutasse sentimento, sebbene glielo richiedesse con lacrime.

18Voi infatti non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta, 19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse più a loro la parola; 20non potevano infatti sopportare l'intimazione: Se anche una bestia tocca il monte sia lapidata. 21Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. 22Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa 23e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, 24al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele.

25Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli. 26La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. 27La parola ancora una volta sta a indicare che le cose che possono essere scosse son destinate a passare, in quanto cose create, perché rimangano quelle che sono incrollabili.

28Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore; 29perché il nostro Dio è un fuoco divoratore.


La Città di Dio: Libro VI - Il politeismo e il problema della salvezza: Varrone stesso fa capire che è invenzione umana.

4. 2. La giustificazione di Varrone nel confessare di aver parlato prima dei valori culturali e poi di quelli religiosi, per il fatto che questi sono stati istituiti dagli uomini, è la seguente: Come, egli dice, il pittore è prima del quadro e il muratore prima dell'edificio, così le città sono prima delle cose istituite dalle città. Afferma inoltre che prima avrebbe scritto degli dèi e poi degli uomini se avesse scritto dell'universale natura degli dèi, quasi che nell'opera parli di una particolare e non universale natura, ovvero come se anche la particolare natura degli dèi, quantunque non universale, non debba essere anteriore a quella degli uomini. Per quale motivo dunque negli ultimi tre libri, trattando esaurientemente degli dèi certi, incerti e scelti non omette, come è evidente, nessuna natura divina? Ci chiediamo dunque quale significato abbia questa sua frase: Se scrivessi sulla universale natura degli dèi e degli uomini, prima di accennare all'umanità, avrei trattato a fondo della divinità. Infatti o tratta dell'universale o particolare natura degli dèi o non ne tratta affatto. Se tratta dell'universale natura, essa deve essere trattata prima della cultura; se al contrario della particolare, per quale motivo anche essa non dovrebbe esser prima della cultura?. Forseché una qualche caratteristica degli dèi è immeritevole di essere considerata prima dell'universale natura umana? E se è eccessivo onore che una qualche caratteristica divina si tratti prima dell'universale cultura umana, forse quella caratteristica è meritevole dell'onore almeno per i Romani. Varrone scrisse infatti i libri della cultura non in riferimento al mondo ma alla sola Roma. Ha affermato tuttavia di averli giustamente anteposti alla compilazione dei libri sulla religione, come il pittore al quadro e il muratore all'edificio. Così veniva ad ammettere apertamente che anche certi valori religiosi, sull'esempio della pittura e della costruzione, sono stati istituiti dagli uomini. Rimane che non ha inteso affatto parlare di una qualche natura divina ma che non l'ha voluto dichiarare apertamente e l'ha lasciato capire a chi poteva. Il significato comune del termine "non ogni" è "qualche" ma può essere anche "nessuna", perché una cosa che è "nessuna" è tanto "non ogni" che "non qualche". Infatti se, come Varrone stesso dice, la natura degli dèi di cui parla fosse l'universale, ne avrebbe dovuto trattare prima della cultura; ed anche se, come la verità stessa afferma malgrado il silenzio di Varrone, non fosse universale ma particolare, dovrebbe certamente venir prima della cultura romana; al contrario viene giustamente dopo; dunque non c'è affatto. Pertanto non intese anteporre la cultura alla religione ma non anteporre la leggenda ai fatti storici. Nel trattare infatti della cultura si conformò alla storia, mentre nel trattare di quella che definisce religione si conformò soltanto alle invenzioni della leggenda. Questo è indubbiamente quanto con sottile intenzione ha voluto mostrare non soltanto nel trattare della religione dopo della cultura ma anche nell'addurre la ragione per cui lo ha fatto. Se l'avesse taciuta, questo suo modo di procedere da qualcuno sarebbe stato forse interpretato in altro senso. Ma nella giustificazione che ne ha dato, non ha permesso ad alcuno di interpretare arbitrariamente e ha mostrato assai chiaramente che gli uomini hanno posto se stessi prima dei propri istituti e non l'umanità prima della divinità. Ha confessato così di avere scritto i libri della religione non sulla base della verità che compete alla natura ma della finzione che compete all'errore. Altrove ha dichiarato più apertamente, come ho ricordato nel quarto libro, che avrebbe scritto secondo la norma della natura se avesse fondato egli stesso una nuova città, ma poiché si era trovato in una vecchia città era stato costretto a seguirne l'usanza.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: BISOGNA RIFERIRE TUTTO A DIO, ULTIMO FINE

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, Io devo essere il fine supremo ed ultimo, se veramente desideri essere felice. Questa intenzione renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso inclinati viziosamente verso te stesso e verso le creature. Se infatti, in qualche cosa cerchi te stesso, subito interiormente decadi ed inaridisci.Tutto, dunque, devi ricondurre principalmente a Me, perché Io solo t'ho dato tutto. Considera le singole cose come derivanti dal Sommo Bene; perciò, tutte devono essere riferite a Me come alla loro origine. Da Me, come da fonte viva, il piccolo e il grande, il povero ed il ricco attingono l'acqua della vita; e quelli che spontaneamente e liberamente Mi servono, riceveranno grazia su grazia. Colui, invece, che avrà voluto cercare la propria gloria fuori di Me o compiacersi di qualche bene particolare, non godrà della gioia vera e duratura né si sentirà allargare il cuore, ma sarà in mille modi ostacolato ed angustiato.

Non devi, dunque, ascrivere a te nulla del bene che è in te né devi attribuire ad alcun uomo la sua virtù, ma devi riconoscere che tutto viene da Dio, senza del quale l'uomo non possiede nulla. Io, tutto ho dato; Io, tutto voglio riavere; e con grande forza chiedo d'esserne ringraziato. Questa è la verità che mette in fuga la vanità della gloria. E se saranno entrati nell'anima la grazia celeste e l'amore vero, non ci sarà spazio per alcuna invidia né per la grettezza del cuore né per l'amor proprio. Infatti, il divino amore vince ogni difetto ed aumenta, moltiplicandole, tutte le energie dell'anima. Se tu hai giusto discernimento, riporrai in Me solo la tua gioia, in Me solo la tua speranza, perché "nessuno è buono, se non uno solo, Dio" (Lc 18,19), il quale deve essere sopra ogni cosa lodato ed in ogni cosa benedetto.