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Sabato, 4 maggio 2024 - Misteri gaudiosi - San Ciriaco ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:L'aspetto contemplativo della nostra vocazione missionaria ci fa radunare assieme tutto l'universo per portarlo nel mezzo del nostro cuore, dove risiede Colui che è la fonte e il Signore del creato, mantenen­doci in comunione con Lui, bevendo alla sorgente stessa la calma profonda e la quiete interiore e la fre­schezza di Dio, lasciando che l'acqua pura della gra­zia divina scorra copiosamente e incessantemente dal­l'origine su tutta la creazione.

LETTURE A CASO

Gv 10,1-42

1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. 12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; 13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".

19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. 20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?". 21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".

22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. 23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. 24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente". 25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; 26ma voi non credete, perché non siete mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30Io e il Padre siamo una cosa sola".

31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. 32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?". 33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio". 34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? 35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), 36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? 37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; 38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre". 39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. 41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero". 42E in quel luogo molti credettero in lui.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 20, 1-16: Sei invidioso perché io sono buono?

1 Cor 8,1-13

1Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza. 2Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere. 3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto. 4Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo. 5E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori, 6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.

7Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata. 8Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio. 9Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. 10Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli? 11Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! 12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. 13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.


La Città di Dio: Libro V - Visione irrazionalista e razionalista della storia: Virtù strumentalizzata al piacere e alla gloria.

20. Per indurre al rossore alcuni filosofi i quali ammettono le virtù ma le dimensionano dal fine della voluttà sensibile e sostengono che essa in se stessa si deve considerare come fine e le virtù per lei, i filosofi, che al contrario stabiliscono nella virtù in sé il bene supremo dell'uomo, sono soliti dipingere un quadro con didascalie. Nel quadro la voluttà è assisa in trono come un'affascinante regina, le virtù le sono soggette come serve, intente a spiare un suo cenno per eseguire il suo comando , e cioè gli ordini che impartisce alla prudenza affinché con vigilanza cerchi il modo con cui la voluttà possa dominare e conservarsi; alla giustizia affinché accordi i favori di cui dispone per acquistare le amicizie indispensabili ai vantaggi materiali e non commetta ingiustizia contro gli altri perché non avvenga che a causa della violazione delle leggi la voluttà non possa vivere tranquilla; alla fortezza affinché, se sopravverrà un dolore fisico che non conduce alla morte, mantenga coraggiosamente nel pensiero la propria padrona, cioè la voluttà, allo scopo di mitigare le fitte del dolore presente col ricordo dei precedenti godimenti; alla temperanza per farle usare dei cibi e degli altri piaceri nel giusto limite, affinché non avvenga che con la smodatezza qualche cosa di nocivo turbi la salute e si pregiudichi così la voluttà che gli epicurei ripongono prevalentemente nel benessere fisico 80. In questo modo le virtù con tutta la gloria del proprio valore obbediranno alla voluttà come a un'imperiosa e laida donnicciuola. Si dice che non v'è figurazione più vergognosa e ributtante di questa pittura e di meno sopportabile dalla vista delle persone oneste. Ed è vero. Ma io penso che non sarebbe della dovuta dignità neanche la pittura che figurasse le virtù umane come schiave della gloria. Infatti sebbene la gloria non sia un donna affascinante, tuttavia è tronfia ed ha molto della volubilità. Per questo non è decoroso che le obbediscano quella certa pienezza e fermezza propria delle virtù. Ne conseguirebbe che la prudenza non provvede, la giustizia non distribuisce, la fortezza non sopporta, la temperanza non modera se non per piacere agli uomini e sottomettersi alla gloria volubile. Non sarebbero immuni da questa bruttura neanche coloro che, sebbene col pretesto dello sprezzo della gloria disdegnino i giudizi altrui, tuttavia si riconoscono sapienti da soli e si compiacciono di se stessi. La loro virtù, se pur lo è, si assoggetta per un altro verso alla lode umana, perché chi si compiace di se stesso è pur sempre un uomo. Chi al contrario con vero sentimento religioso crede e spera nel Dio che ama si preoccupa più dei difetti per cui si dispiace che delle virtù, se in lui ve ne sono, che non piacciono tanto a lui quanto alla verità. Quindi soltanto alla misericordia di colui, al quale può dispiacere, attribuisce le virtù per cui ormai può piacere; e ringrazia di avere raggiunto le guarigioni in alcune cose e prega di raggiungerle nelle altre.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: IL RICORDO DEGLI INNUMEREVOLI DONI DI DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO
O Signore, apri il mio cuore alla tua legge ed insegnami a camminare nei tuoi precetti. Fa' ch'io comprenda la tua volontà; fa' che, con grande riverenza e con attenta riflessione, io conservi il ricordo dei tuoi benefici, così in generale come in particolare, perché io sappia d'ora in poi renderTene degne grazie. So bene, peraltro, e lo confesso, di non poter neppure in minima parte renderTi le dovute grazie.

Sono impari a tutti i doni che mi sono stati elargiti; e quando considero la tua eccellenza, il mio spirito viene meno, perché impedito da questa immensità. Tutto ciò che abbiamo nell'anima e nel corpo, tutto ciò che possediamo dentro o fuori di noi, nell'ordine naturale o soprannaturale, tutto è beneficio tuo ed esalta la benevolenza, la misericordia, la bontà di Colui, dal quale abbiamo ricevuto ogni bene. Ed anche se uno ha ricevuto doni maggiori, un altro minori, tutto, però, è tuo; e senza di Te, neppure il bene più piccolo si può avere.

Chi ha ricevuto doni maggiori non può vantarsene, come se fossero merito suo, né salire in orgoglio sugli altri né schernire chi ha avuto meno, perché maggiore e migliore è colui che attribuisce a se stesso minor merito, ed è più umile e devoto nel ringraziare Dio. Chi si ritiene più disprezzabile e più indegno di tutti, si mette in condizione più favorevole a ricevere grazie più grandi. Chi, poi, ne ha ricevute meno, non deve rattristarsi né crucciarsi né portare invidia a chi ha avuto di più.Deve, piuttosto, guardare a Te e lodare sommamente la tua bontà, perché Tu dispensi i tuoi doni con tanta abbondanza, tanto gratuitamente, tanto volentieri, senza riguardi personali.

Tutto viene da Te, ed in ogni cosa devi essere, perciò, lodato. Sai, Tu, quello che sia giusto venga donato a ciascuno; non compete a noi, ma a Te, presso il quale sono tenuti esattamente in conto i meriti delle singole persone, giudicare perché uno abbia di meno ed un altro di più. Perciò, o Signore Dio, io considero grande dono anche il non avere molte di quelle cose, dalle quali sembrano venire lodi ed onori dall'esterno, a giudizio degli uomini.

Così, considerando la propria povertà e la pochezza della propria persona, l'uomo non solo non dovrebbe sentirne avvilimento o tristezza o abbattimento, ma piuttosto consolazione e grande gioia: perché, Tu, o Dio, hai eletto come tuoi intimi amici i poveri, gli umili e i disprezzati da questo mondo. Ne sono testimoni i tuoi stessi Apostoli che "hai costituito principi su tutta la terra" (Sal 44,17); E tuttavia, essi vissero in questo mondo senza lamentarsi; tanto umili e semplici, senza ombra d'astuzia e d'inganno sono stati, da rallegrarsi perfino di soffrire ingiurie "per amore del tuo nome" (At 5,41), e da abbracciare di loro iniziativa, con grande ardore, ciò che al mondo ripugna.Nulla, dunque, deve allietare tanto chi Ti ama e riconosce i tuoi doni, quanto che in lui s'adempia la tua volontà e siano eseguite le disposizioni dei tuoi eterni decreti. E di ciò egli deve appagarsi e consolarsi tanto, da acconsentire volentieri d'essere il più piccolo, come qualche altro desidererebbe d'essere il più grande.

Chi Ti ama dev'essere sereno e contento nell'ultimo posto, come nel primo; deve, anzi, accettare volentieri d'essere disprezzato e messo in un angolo, ed anche d'essere senza alcun nome e senza alcuna fama, come se in questo mondo fosse più onorato e più grande degli altri. Invero, la tua volontà e lo zelo per la tua gloria devono prevalere in lui su ogni altra cosa, e consolarlo e rallegrarlo più di tutti i doni che gli sono stati dati o gli possano essere dati.