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Martedi, 7 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santa Flavia ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Sforzati di essere mansueto e benevolo con tutti. Sopporta con pazienza e umiltà le critiche e le ingiurie che ti vengono fatte. Anzi, sii contento perché così somigli al tuo Maestro. Vinci il male col perdono e con il bene. Prega. Prega. Prega! Non c'è mansuetudine più bella della preghiera. Prega soprattutto per gli altri, perché la preghiera penetra i cuori e li trasforma. Sforzati di custodire come un tesoro prezioso la pace interiore. Sii paziente con te stesso. Quando sei tormentato dalle preoccupazioni, non ti lamentare con il Signore: abbandonati alla Sua volontà e riposa tra le pieghe del Suo Cuore, come l'ape che ha trovato il nido nel cuore di un fiore.

LETTURE A CASO

Lc 16,1-31

1Diceva anche ai discepoli: "C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

9Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.

11Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona".

14I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui. 15Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio.

16La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi.

17È più facile che abbiano fine il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge.

18Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.

19C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 1,1-18: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Eb 8,1-13

1Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, 2ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito.

3Ogni sommo sacerdote infatti viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anch'egli abbia qualcosa da offrire. 4Se Gesù fosse sulla terra, egli non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la legge. 5Questi però attendono a un servizio che è una copia e un'ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.

6Ora invece egli ha ottenuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l'alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse. 7Se la prima infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un'altra. 8Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice:

Ecco vengono giorni, dice il Signore,
quando io stipulerò con la casa d'Israele
e con la casa di Giuda
un'alleanza nuova;
9non come l'alleanza che feci con i loro padri,
nel giorno in cui li presi per mano
per farli uscire dalla terra d'Egitto;
poiché essi non son rimasti fedeli alla mia alleanza,
anch'io non ebbi più cura di loro, dice il Signore
.
10E questa è l'alleanza che io stipulerò con la casa d'Israele
dopo quei giorni, dice il Signore:
porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori;
sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo
.
11Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino,
né alcuno il proprio fratello, dicendo:
Conosci il Signore!
Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro
.
12Perché io perdonerò le loro iniquità
e non mi ricorderò più dei loro peccati
.

13Dicendo però alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire.


Il lavoro dei monaci: Esigere interventi indebiti è tentarlo.

27. 35.Il Signore aveva detto: Invocami nel giorno della tribolazione; io verrò a salvarti e tu me ne renderai gloria. A tenore di questa assicurazione, l’Apostolo non sarebbe dovuto fuggire né essere calato lungo il muro dentro una cesta per sottrarsi al persecutore, ma avrebbe dovuto aspettare che lo catturassero, perché poi intervenisse il Signore a liberarlo come aveva liberato dalle fiamme i tre fanciulli. Ma allora, nemmeno il Signore avrebbe dovuto dire: Se in una città vi perseguitano, fuggite in un’altra, dal momento che aveva assicurato: Qualunque cosa chiederete al Padre in mio nome Egli ve la darà. Se pertanto, dinanzi al caso di discepoli del Cristo sorpresi a fuggire la persecuzione, uno si fosse fatto avanti con la domanda perché mai non fossero restati al loro posto e, invocato il nome del Signore, non avessero atteso d’essere miracolosamente liberati da lui come un giorno Daniele dalla fossa dei leoni o come Pietro dal carcere, si sarebbe sentito rispondere che non dovevano tentare Dio. A tali misure, se l’avesse ritenuto opportuno, ci sarebbe ricorso Dio allorché essi non avessero avuto altro espediente a loro disposizione. Del resto, aver avuto l’opportunità di fuggire e attraverso la fuga riuscire a mettersi in salvo non era altro se non un intervento di Dio che così veniva a liberarli. Orbene, tutto questo vale anche per i servi di Dio che, liberi da impegni, si sentono in grado di guadagnarsi il pane con il lavoro delle proprie braccia, uniformandosi in ciò all’esempio e alle norme dettate dall’Apostolo. Se uno andasse a far loro delle obiezioni prendendo lo spunto dagli uccelli dell’aria che non seminano, non mietono e non riempiono i granai o dai gigli del campo che non lavorano né filano, essi non avrebbero gran difficoltà a rispondere in questa maniera: Se noi per un giusto motivo, ad esempio d’infermità o d’incombenze urgenti, non potessimo lavorare, certo Egli ci darebbe di che sfamarci e coprirci come fa con gli uccelli e con i gigli che non esplicano alcuno di tali lavori. Finché al contrario noi siamo in grado di lavorare, non dobbiamo tentare il nostro Dio. L’avere infatti questa capacità è dono di Dio, e quando viviamo del nostro lavoro, viviamo del dono che Egli ci largisce, poiché è Dio che ci accorda la possibilità di lavorare. Ed ecco il motivo per noi perché non ci angustiamo del necessario alla vita. Sappiamo infatti che c’è un Dio il quale, quando siamo in grado di lavorare, ci nutre e ci veste come il normale degli uomini, che da lui sono nutriti e vestiti; quando poi non possiamo più lavorare, lo stesso Dio provvede a cibarci e a vestirci come fa con gli uccelli che nutre e con i gigli che ammanta, delle quali creature noi valiamo di più. In conclusione, quindi, nel servizio che come soldati prestiamo al Signore non ci preoccupiamo del domani. Ci siamo infatti consacrati a Dio non per conseguire emolumenti temporali (al tempo infatti dice relazione il “ domani “) ma piuttosto vantaggi eterni (dove è sempre “ oggi “), “ in modo da riuscire persone accette a Dio senz’essere avviluppati nelle pastoie di faccende secolaresche “.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN DIO, QUANDO SIAMO COLPITI DA PAROLE CHE FERISCONO

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, sta' saldo e spera in Me. Che altro sono le parole, se non parole? Volano per l'aria, ma non scalfiscono la pietra. Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei consapevole d'alcuna colpa, sopporta volentieri ogni contrarietà, per amore di Dio. Non è una gran cosa che tu sopporti, almeno qualche volta, delle parole pungenti, tu, che ancora non sei capace di reggere a gravi percosse. E perché cose tanto piccole ti arrivano fino al cuore, se non perché sei ancora legato alla carne e badi agli uomini più del necessario? Evidentemente, perché temi d'essere disprezzato, non vuoi essere ripreso per i tuoi errori e cerchi scuse per metterli al coperto.

Ma esaminati meglio, e riconoscerai che dentro di te sono ancora vivi il mondo ed il vano desiderio di piacere agli uomini. Infatti, codesta tua ripugnanza ad essere tenuto in poca considerazione e ad essere umiliato per i tuoi difetti, è una chiara dimostrazione che non sei veramente umile, che non sei veramente morto al mondo e che per te il mondo non è stato crocifisso. Ma ascolta la mia Parola e non darai importanza nemmeno a diecimila parole degli uomini.

Ecco, anche se contro di te si dicesse tutto quello che la più perfida malizia può inventare, quale danno ti farebbe questo, quando tu lo lasciassi del tutto correre e ne facessi conto non più che d'una pagliuzza? Ti si potrebbe, forse, strappare anche un solo capello? Ma chi non è raccolto nell'intimo del suo cuore e non ha Dio davanti agli occhi, si lascia turbare facilmente per una parola di biasimo.

Chi, invece, confida in Me e non ricerca l'appoggio al proprio giudizio, sarà immune dal timore degli uomini. Sono Io, infatti, il Giudice e colui che conosce tutti i segreti; Io so come una cosa s'è svolta veramente; Io conosco chi fa l'offesa e chi la patisce. Per mio volere è uscita quella parola, con il mio permesso è avvenuto questo fatto, "perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,35). Io giudicherò il reo e l'innocente, ma prima ho voluto provare l'uno e l'altro con occulto giudizio.

La testimonianza degli uomini spesso è fallace; il mio giudizio, invece, è veritiero, resterà immutato e non sarà rovesciato. Il più delle volte resta nascosto e a pochi, nei singoli casi, si fa palese; tuttavia, non sbaglia mai e non può sbagliare, anche se non sembri retto agli occhi di chi manca della sapienza. A Me, dunque, bisogna ricorrere per il giudizio su ogni contesa, e non fidarsi del proprio criterio.

Il giusto, infatti, non si turberà, "qualunque cosa gli venga" (Prv 12,21) da Dio. Non se la prenderà molto, anche se gli sarà fatto qualche addebito calunnioso. Ma nemmeno si darà a fatua esultanza, se con buone ragioni verrà da altri discolpato.

Il giusto, infatti, considera che sono Io colui che "scruta gli affetti ed i pensieri" (Ap 2,23) degli uomini; Io, che non giudico secondo l'apparente aspetto degli uomini. Spesso, quindi, ai miei occhi è riprovevole ciò che, a giudizio degli uomini, può sembrare degno di lode.

PAROLE DEL DISCEPOLO
O Signore Dio, giudice giusto, forte e paziente, che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia; la sola coscienza non mi basta. Tu conosci quello che io non conosco; perciò, davanti ad ogni rimprovero mi sarei dovuto umiliare ed avrei dovuto sopportarlo con dolcezza. Perdonami, dunque, benevolo, per tutte le volte che non mi sono comportato così, e dammi di nuovo la grazia d'una sopportazione maggiore.

È meglio per me, per ottenere il perdono, la tua sovrabbondante misericordia, che non la mia pretesa giustizia a difendere ciò che è nascosto nella mia coscienza. Ed anche se fossi consapevole con me stesso di non dovermi rimproverare di nulla, non posso per questo ritenermi giustificato, perché senza la tua misericordia "nessun vivente davanti a Te è giusto" (Sal 142,2).