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Sabato, 4 maggio 2024 - Misteri gaudiosi - San Ciriaco ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:La conoscenza di Cristo, e di Lui nel povero, ci condurrà all'amore personale. Questo amore soltanto può diventare la nostra luce e la nostra gioia, se tra­dotta in servizio gioioso, vicendevole. Non dimenti­chiamo che abbiamo sempre bisogno l'uno dell'altro. Le nostre vite sarebbero vuote senza questo scambio reciproco. Come possiamo amare Dio e il povero se non ci amiamo tra noi che viviamo e spezziamo insie­me, quotidianamente, il pane della vita?

LETTURE A CASO

Lc 20,1,47

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: 2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità". 3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi: 4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?". 5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?". 6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta". 7Risposero quindi di non saperlo. 8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo piantò una vigna, l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo. 10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote. 11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote. 12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono. 13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto. 14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra. 15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!". 17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo
?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà". 19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore. 21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?". 23Conoscendo la loro malizia, disse: 24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare". 25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio". 26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: 28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. 29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 32Da ultimo anche la donna morì. 33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui". 39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene". 40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide, 42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,
43finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?


44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli: 46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 9, 1-41: Il cieco andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

2 Cor 7,1-16

1In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la nostra santificazione, nel timore di Dio.

2Fateci posto nei vostri cuori! A nessuno abbiamo fatto ingiustizia, nessuno abbiamo danneggiato, nessuno abbiamo sfruttato. 3Non dico questo per condannare qualcuno; infatti vi ho già detto sopra che siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere. 4Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione.

5Infatti, da quando siamo giunti in Macedonia, la nostra carne non ha avuto sollievo alcuno, ma da ogni parte siamo tribolati: battaglie all'esterno, timori al di dentro.

6Ma Dio che consola gli afflitti ci ha consolati con la venuta di Tito, 7e non solo con la sua venuta, ma con la consolazione che ha ricevuto da voi. Egli ci ha annunziato infatti il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me; cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta.

8Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. E se me ne è dispiaciuto - vedo infatti che quella lettera, anche se per breve tempo soltanto, vi ha rattristati - 9ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi. Infatti vi siete rattristati secondo Dio e così non avete ricevuto alcun danno da parte nostra; 10perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte. 11Ecco, infatti, quanta sollecitudine ha prodotto in voi proprio questo rattristarvi secondo Dio; anzi quante scuse, quanta indignazione, quale timore, quale desiderio, quale affetto, quale punizione! Vi siete dimostrati innocenti sotto ogni riguardo in questa faccenda. 12Così se anche vi ho scritto, non fu tanto a motivo dell'offensore o a motivo dell'offeso, ma perché apparisse chiara la vostra sollecitudine per noi davanti a Dio. 13Ecco quello che ci ha consolati.

A questa nostra consolazione si è aggiunta una gioia ben più grande per la letizia di Tito, poiché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi. 14Cosicché se in qualche cosa mi ero vantato di voi con lui, non ho dovuto vergognarmene, ma come abbiamo detto a voi ogni cosa secondo verità, così anche il nostro vanto con Tito si è dimostrato vero. 15E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione. 16Mi rallegro perché posso contare totalmente su di voi.


Il lavoro dei monaci: Le offerte della gente devota non dispensano dal lavoro.

16. 19. L’Apostolo dunque – o, per meglio dire, lo Spirito Santo che aveva preso possesso del suo cuore e lo riempiva e lo muoveva –non si stancava di raccomandare ai fedeli che avessero avuto delle disponibilità materiali per non far mancare nulla ai servi di Dio che nella Chiesa si erano proposti di vivere in un grado di santità superiore all’ordinario, perché così, libero il cuore dai legami di mire secolaresche, potessero dedicarsi con tutta libertà al servizio di Dio. Allo stesso modo però debbono rispettare gli ordini dell’Apostolo anche questi nostri fratelli, abbassandosi alle esigenze dei più deboli: liberi dall’attaccamento alla proprietà privata, essi debbono lavorare manualmente a vantaggio della comunità, obbedendo senza mormorazioni agli ordini dei superiori. Che se qualche offerta giunge loro da parte dei fedeli, con questa si provveda a supplire quanto del necessario manca a quei fratelli che, sebbene in via ordinaria siano dediti al lavoro e occupati in qualche mestiere per trarne da vivere, si trovino in necessità per la cattiva salute o perché siano state loro affidate delle incombenze nella Chiesa o perché debbano attendere all’istruzione degli altri nella dottrina della salvezza.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: UTILITA' DELLA COMUNIONE FREQUENTE

PAROLE DEL DISCEPOLO
Ecco ch'io vengo a Te, o Signore, per trarre profitto dal tuo dono e per godere del tuo santo banchetto, "che nel tuo amore, o Dio, preparasti al misero" (Sal Li 67,11). Ecco, in Te soltanto sta tutto ciò ch'io posso e devo desiderare; Tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la forza, l'onore, la gloria. "Allieta", dunque, oggi, "l'anima del tuo servo, perché ho innalzato l'anima mia a Te" (Sal 85,4), o Signore Gesù. Io desidero ora riceverTi con devozione e riverenza; desidero introdurTi nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, d'essere da Te benedetto e d'essere annoverato tra i figli d'Abramo. L’anima mia sospira il tuo Corpo, il mio cuore brama d'essere unito con Te. DonaTi a me, e mi basta. Infatti, lontano da Te nessuna consolazione ha valore. Senza di Te, non posso vivere; non posso stare senza le tue visite.

E, perciò, devo frequentemente accostarmi a Te e riceverTi come mezzo della mia salvezza, perché, privo di questo alimento celeste, alle volte non cada per via. Tu, infatti, o misericordiosissimo Gesù, predicando alle folle e guarendo varie infermità, una volta dicesti così: "Non voglio rimandarle digiune, perché non svengano lungo la strada" (Mt 15,32). Fa', dunque, altrettanto con me, Tu, che, per consolare i fedeli, hai lasciato Te stesso nel Sacramento. Sei Tu, infatti, il ristoro soave dell 'anima; e chi avrà degnamente mangiato di Te, sarà partecipe ed erede dell'eterna gloria.

Per me, che così spesso cado in peccato e tanto presto intorpidisco e vengo meno, è veramente indispensabile che mi rinnovi, che mi purifichi e m'infiammi con frequenti preghiere e Confessioni e con la santa Comunione del tuo Corpo, perché non avvenga che, astenendomene troppo a lungo, io receda dai miei santi propositi. Infatti, i sensi dell'uomo, fin dalla sua adolescenza, sono inclini al male e, se non lo soccorre la divina medicina della grazia, egli precipita presto in mali peggiori. La santa Comunione, appunto, allontana l'uomo dal male e lo consolida nel bene.

Se, infatti, ora sono così spesso negligente e tiepido quando mi comunico o celebro, che cosa avverrebbe, se io non prendessi questa medicina e non cercassi un così grande aiuto? E, sebbene io non sia ogni giorno preparato e ben disposto a celebrare, cercherò di ricevere nel tempo opportuno i Divini Misteri e di rendermi partecipe di tanta grazia. Finché l'anima fedele va pellegrinando lontano da Te, nel corpo mortale, questa è l'unica, suprema sua consolazione: ricordarsi più spesso del suo Dio e ricevere con fervida devozione il suo Amato.

Oh, mirabile degnazione della tua pietà verso di noi: Tu, Signore Dio, Creatore e datore di vita a tutti gli spiriti celesti, Ti degni di venire in quest'anima mia poveretta, saziando la sua fame con tutta la tua Divinità ed umanità! Oh, felice la mente e beata l'anima che merita di ricevere devotamente Te, suo Signore Dio, e d'essere ricolma, nel riceverTi, di gaudio spirituale!

Quale grande Signore essa accoglie! Quale amato ospite introduce! Qual piacevole compagno riceve! A qual fedele amico va incontro! Quale splendido e nobile sposo abbraccia, degno d'essere amato più di tutte le persone più care e più di tutte le cose che si possano desiderare! Tacciano davanti a Te, o dolcissimo mio Amato, il cielo, la terra e tutte le loro bellezze, poiché tutto quello che hanno di lodevole e pregevole è dono della degnazione della tua munificenza, né mai giungeranno allo splendore del tuo nome, la cui sapienza non ha misura.