Santo Rosario on line

Giovedi, 9 maggio 2024 - Misteri luminosi - Beata Maria Teresa di Gesù (Carolina Gerhardinger) ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Sai perché il Signore ti chiede spesso le cose per le quali ti senti totalmente incapace? Per accrescere la tua fiducia in Lui. Allora ti resta solo una cosa da fare: non guardare più te stesso, ma fissa lo sguardo in Dio e nella Sua Misericordia. Anche se sei un peccatore e ti senti una pecorella smarrita mille volte, se confidi in Dio, sei sempre il Suo testimone: attraverso di te passa la Sua grazia che ti utilizza come strumento per donare il Suo perdono. Il Signore vuole che anche te, avvicinandosi alle persone, fossi sempre portatore di pace e di amore, capace di farlo conoscere e amare. Egli vuole che, ovunque tu passi, diffonda il Suo profumo.

LETTURE A CASO

Mt 21,1-45

1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli 2dicendo loro: "Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un'asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me. 3Se qualcuno poi vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà subito". 4Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta:

5Dite alla figlia di Sion:
Ecco, il tuo re viene a te
mite, seduto su un'asina,
con un puledro figlio di bestia da soma.


6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. 9La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava:

Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna
nel più alto dei cieli!

10Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: "Chi è costui?". 11E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea".

12Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: "La Scrittura dice:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
ma voi ne fate una spelonca di ladri".

14Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì. 15Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide", si sdegnarono 16e gli dissero: "Non senti quello che dicono?". Gesù rispose loro: "Sì, non avete mai letto:

Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
ti sei procurata una lode?
".

17E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

18La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. 19Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te". E subito quel fico si seccò. 20Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai il fico si è seccato immediatamente?". 21Rispose Gesù: "In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. 22E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete".

23Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: "Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?". 24Gesù rispose: "Vi farò anch'io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo. 25Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?". Ed essi riflettevano tra sé dicendo: "Se diciamo: "dal Cielo", ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?"; 26se diciamo "dagli uomin", abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta". 27Rispondendo perciò a Gesù, dissero: "Non lo sappiamo". Allora anch'egli disse loro: "Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

28"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. 29Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. 30Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Dicono: "L'ultimo". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

33Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. 34Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 35Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. 36Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 38Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. 39E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. 40Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?". 41Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo". 42E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?


43Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare. 44Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà".

45Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 8,1-11: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.

1 Cor 8,1-13

1Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza. 2Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere. 3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto. 4Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo. 5E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori, 6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.

7Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata. 8Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio. 9Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. 10Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli? 11Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! 12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. 13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.


Il lavoro dei monaci: Le responsabilità dell’Episcopato son più gravose che non il lavoro manuale.

29. 37. Non è nostra intenzione sospendervi al collo pesi gravi e caricarvi le spalle con fardelli che noi ricusiamo di toccare col dito. Fate pure le vostre ricerche, e vi renderete conto del logorio cui ci sottopongono le nostre occupazioni, congiunte in qualcuno di noi con una malferma salute fisica. Sapete le costumanze in uso presso le chiese di cui stiamo al servizio e come siano tali da non consentirci d’attendere a quelle occupazioni che vi inculchiamo. Vi potremmo senz’altro ripetere: Chi va a fare il soldato a proprie spese? Chi coltiva una vigna e non si nutre dei suoi prodotti? Chi mena a pascolo un gregge e non ne prende il latte? Eppure io – e di questo posso prendere a testimone contro di me nostro Signore Gesù Cristo, in nome del quale senza esitazioni vi dico queste cose –, a volermi regolare secondo quello che tornerebbe più comodo a me personalmente, preferirei di gran lunga dedicarmi ogni giorno ad ore determinate – come si trova prescritto in certi monasteri ove vige la disciplina – ad un po’ di lavoro manuale e poi aver libere le altre ore per leggere, pregare o comunque occuparmi delle sacre Scritture anziché cacciarmi in mezzo alla baraonda e alle angustie delle altrui contese, ove si tratta di risolvere con una sentenza intrighi d’affari o farli cessare con un intervento di autorità. Sono, queste, delle noie a cui ci volle dediti l’Apostolo, non per iniziativa sua personale, ma per incarico di colui che parlava per la sua bocca: noie delle quali non troviamo scritto che egli abbia voluto gravarsi. Del resto, il suo apostolato, con il continuo mutare dei luoghi, si svolgeva in maniera diversa. Per cui egli non diceva: Se avete dei contrasti per affari materiali, “ riferitene a noi “, ovvero: “ costituite noi arbitri e giudici delle vostre contese “, ma: Investitene quelli che sono meno apprezzati nella Chiesa. Continuando poi: Ve lo dico per farvi arrossire: possibile che fra voi non ci sia nemmeno uno dotato di sapienza e quindi capace di fare da giudice tra fratelli? Ma il fratello intenta lite al fratello, e ciò dinanzi agli infedeli. Voleva dunque l’Apostolo che tra i fedeli e i santi delle varie Chiese certe persone più sagge, residenti sempre nello stesso luogo e non costrette a peregrinare da un luogo all’altro per predicare il vangelo, facessero da arbitri in materia di affari. Di modo che, sebbene mai leggiamo scritto che Paolo abbia atteso a questo genere di attività, tuttavia noi non possiamo esimercene, per quanto siamo gente insignificante. Difatti, son tali persone che l’Apostolo voleva fossero incaricate, in mancanza di persone dotate di saggezza, ma mai che gli affari dei cristiani fossero deferiti al pubblico tribunale. La fatica di questo incarico ce la siamo accollata – non senza consolazioni divine del resto – in vista della vita eterna che speriamo e per poter produrre qualche frutto di bene con l’esercizio della pazienza. Siamo infatti al servizio della Chiesa del Signore e segnatamente delle sue membra più fragili, quale che sia il nostro valore di membro rispetto all’intero corpo. Né voglio parlarvi delle altre innumerevoli preoccupazioni per la Chiesa che gravano su di noi. Solo chi ne ha fatto l’esperienza potrebbe prestar fede alle mie parole. Comunque, non è vero che noi imbastiamo some pesanti e le carichiamo sulle vostre spalle, mentre noi rifuggiamo dal toccarle col dito. Se ci fosse consentito, salve sempre le esigenze del nostro ufficio, noi preferiremmo senz’altro dedicarci ai lavori che vi esortiamo a compiere (lo sa colui che scruta il nostro cuore!), anziché a tutti gli altri che siamo obbligati a intraprendere. Poiché per tutti, e per noi e per voi, quando andiamo ad espletare quelle mansioni che a ciascuno impongono e la sua condizione e l’ufficio che ha ricevuto, la via è scabrosa e piena di fatiche e d’affanni. Ma nello stesso tempo se ci anima il gaudio dell’eterna speranza, amabile è il giogo e leggero il peso di colui che ci ha chiamati al riposo, colui che prima di noi traversò la valle del pianto, nella quale neppure a lui furono risparmiate tribolazioni. Se pertanto ci siete fratelli e figli, se siamo gli uni e gli altri servi di Cristo, se – più esattamente – noi siamo in Cristo al vostro servizio, date ascolto ai nostri inviti, chinate il capo ai nostri precetti, accogliete le nostre disposizioni. Che se anche fossimo dei farisei, che accatastiamo pesi insopportabili e li carichiamo sulle vostre spalle, pur non approvando il nostro agire, state ugualmente alle nostre prescrizioni. Quanto a noi, poi, è una cosa da nulla il giudizio che date sul conto nostro tanto voi quanto qualsiasi altro tribunale umano. La cura che abbiamo di voi e com’essa provenga da fraterno amore son cose che conosce colui che ci ha fatto dono di quanto siamo in grado di presentargli allo sguardo. E poi, alla fine delle fini, giudicateci come vi pare. Chi vi dà questi ordini è l’apostolo Paolo. È lui che in nome di Dio vi scongiura a procurarvi il pane che mangiate lavorando in silenzio, vale a dire senza tumulti e disciplinati nell’obbedienza. Di lui – penso – non avrete a sospettar male: siete infatti persone che hanno fede in colui che vi parla per bocca dell’Apostolo.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: DISPREZZO DI SE' STESSO AGLI OCCHI DI DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO
Ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere (Gn 18,27). Se io mi sarò stimato più di quello che sono, ecco che Tu, o Signore, stai contro di me, e le mie iniquità dànno testimonianza del vero: né posso contraddirla. Se, invece, mi sarò umiliato e mi sarò ridotto ad un nulla, deponendo ogni stima di me stesso e riducendomi in polvere, come in realtà sono, la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così, ogni amor proprio che, per quanto piccolo sia, mi resti, sarà sommerso nell'abisso della mia nullità e svanirà per sempre. In quell'abisso, Tu riveli me a me stesso: che cosa sono, che cosa fui e fin dove sono caduto, poiché io sono niente e non lo capivo.

Se vengo abbandonato a me stesso, eccomi, sono un niente, nient'altro che debolezza. Ma se Tu mi dài d'un tratto uno sguardo, divento tosto forte e colmo di nuova gioia. Ed è cosa veramente meravigliosa che così, all'improvviso, sia sollevato ed amorosamente accolto fra le tue braccia io, che dal mio stesso peso sono sempre tratto verso il basso. Questa è opera del tuo amore, che senza mio merito mi previene e mi soccorre in così numerose difficoltà; che mi premunisce anche da gravi pericoli e mi strappa, in verità, da innumerevoli mali,Certo, amando disordinatamente me stesso, io mi sono perduto; cercando, invece, Te solo, ed amando Te con retto amore, ho trovato ad un tempo me e Te: da questo amore sono stato tratto a rientrare ancora più profondamente nel mio nulla.

Tu, o Dolcissimo, mi concedi grazie oltre ogni mio merito e più di quanto io osi sperare o domandare. Sii benedetto, o mio Dio, perché, sebbene io sia indegno d'ogni tuo favore, pure la tua generosità e la tua infinita bontà non cessano mai di beneficare anche gl'ingrati e quelli che si sono allontanati da Te. Fa' che ritorniamo a Te, affinché siamo riconoscenti umili e devoti; Tu solo, infatti, sei la nostra salvezza, la nostra virtu, la nostra fortezza.