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Venerdi, 26 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Marcellino ( Letture di oggi )

San Pio da Pietrelcina:Padre, voi siete tanto buono! — Io non sono buono, solo Gesù è buono. Non so come quest'abito di san Francesco che indosso non scappi via da me! L'ultimo delinquente della terra è d'oro al pari di me.

LETTURE A CASO

Mt 27,1,66

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. 2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani 4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!". 5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. 6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue". 7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. 8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. 9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, 10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici". 12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. 13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?". 14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.

15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. 16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. 17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?". 18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.

19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua". 20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù. 21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!". 22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!". 23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".

24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!". 25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli". 26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. 28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto 29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!". 30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. 31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. 33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, 34gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. 35Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. 36E sedutisi, gli facevano la guardia. 37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei".

38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: 40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!". 41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: 42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. 43Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!". 44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia". 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!". 50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.

51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. 53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".

55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. 58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. 59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo 60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. 61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo: 63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. 64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!". 65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete". 66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 16, 12-15: Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve l'annunzierà.

2 Cor 12,1-21

1Bisogna vantarsi? Ma ciò non conviene! Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. 2Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. 3E so che quest'uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - 4fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare. 5Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò fuorché delle mie debolezze. 6Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me.

7Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. 9Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.

11Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi ci avete costretto. Infatti avrei dovuto essere raccomandato io da voi, perché non sono per nulla inferiore a quei "superapostoli", anche se sono un nulla. 12Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. 13In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d'aggravio? Perdonatemi questa ingiustizia!

14Ecco, è la terza volta che sto per venire da voi, e non vi sarò di peso, perché non cerco i vostri beni, ma voi. Infatti non spetta ai figli mettere da parte per i genitori, ma ai genitori per i figli. 15Per conto mio mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le vostre anime. Se io vi amo più intensamente, dovrei essere riamato di meno?

16Ma sia pure che io non vi sono stato di peso; però, scaltro come sono, vi ho preso con inganno. 17Vi ho forse sfruttato per mezzo di qualcuno di quelli che ho inviato tra voi? 18Ho vivamente pregato Tito di venire da voi e ho mandato insieme con lui quell'altro fratello. Forse Tito vi ha sfruttato in qualche cosa? Non abbiamo forse noi due camminato con lo stesso spirito, sulle medesime tracce?

19Certo, da tempo vi immaginate che stiamo facendo la nostra difesa davanti a voi. Ma noi parliamo davanti a Dio, in Cristo, e tutto, carissimi, è per la vostra edificazione. 20Temo infatti che, venendo, non vi trovi come desidero e che a mia volta venga trovato da voi quale non mi desiderate; che per caso non vi siano contese, invidie, animosità, dissensi, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini, 21e che, alla mia venuta, il mio Dio mi umilii davanti a voi e io abbia a piangere su molti che hanno peccato in passato e non si sono convertiti dalle impurità, dalla fornicazione e dalle dissolutezze che hanno commesso.


La Città di Dio: Libro III - La storia di Roma in una visione critica: Il ratto delle Sabine.

13. E come mai neanche Giunone, che col suo Giove ormai favoriva i Romani padroni del mondo e gente togata, e Venere stessa non riuscì ad aiutare i discendenti del suo Enea affinché i matrimoni si ottenessero con una legittima e giusta istituzione? La sventura della mancanza di donne fu così grande che le rapirono con l'inganno e furono costretti immediatamente a combattere contro i suoceri. Così le sventurate donne, non ancora unite ai mariti mediante un'ingiustizia, ricevevano in dote il sangue dei padri. Ma, obiettano, in questo conflitto i Romani vinsero i loro vicini. Simili vittorie, rispondo, risultarono di molte e grandi ferite e morti dall'una e dall'altra parte, tanto dei cittadini che dei confinanti. Considerando la colpa del solo suocero Cesare e del solo suo genero Pompeo, dopo la morte della figlia di Cesare e moglie di Pompeo, con grande e giusto impulso di dolore Lucano esclama: Canto le guerre peggiori di quelle civili per i campi della Tessaglia e il diritto accordato alla scelleratezza. Vinsero dunque i Romani ma per costringere con le mani insanguinate nell'uccisione dei suoceri le loro figlie a deplorevoli amplessi. Ed esse non osavano piangere il padre ucciso per non offendere il marito vincitore perché non sapevano, mentre essi ancora combattevano, per chi fare auspici. Non Venere ma Bellona donò simili nozze al popolo romano; o forse Aletto, la furia infernale, poiché ora Giunone favoriva i Romani, ebbe un'autorizzazione più ampia di quando fu istigata dalle sue preghiere contro Enea. Andromaca fu fatta prigioniera con una condizione più felice di quella con cui quelle coppie romane si sposarono. Dopo gli amplessi con lei, per quanto trattata da schiava, Pirro non uccise più alcun troiano; i Romani invece uccidevano in battaglia i suoceri mentre ne abbracciavano le figlie nel letto. Andromaca soggetta al vincitore poté soltanto dolersi della morte dei propri cari, non temere; le Sabine, congiunte ad uomini che si combattevano, temevano la morte dei padri quando i mariti uscivano in guerra e la piangevano quando rientravano, prive della libertà di temere e di piangere. Infatti o erano tormentate dall'affetto filiale o si rallegravano con crudeltà per le vittorie dei mariti a causa della morte dei cittadini, dei congiunti, dei fratelli, dei padri. Si aggiungeva che, secondo l'alterna vicenda delle guerre, alcune perdettero il marito per mano del padre, altre il padre e il marito per mano dell'uno e dell'altro. Infatti anche per i Romani non furono piccoli i rischi se si giunse all'assedio della loro città. Si difesero chiudendo le porte. Ma furono aperte con la frode e i nemici penetrarono dentro le mura. Avvenne allora nel foro stesso una scellerata e veramente atroce zuffa fra generi e suoceri; i rapitori erano anche sopraffatti e fuggendo ripetutamente entro le proprie case disonoravano le vittorie di prima, sebbene anche esse vergognose e deplorevoli. A questo punto Romolo, disperando ormai del valore dei suoi, pregò Giove perché stessero al proprio posto e per quell'occasione gli trovò il titolo di Statore. Non si sarebbe avuta la fine di una sventura così grave se le donne rapite, strappandosi i capelli, non si fossero slanciate nella mischia e, prosternandosi ai padri, non avessero placato la loro giustissima ira non con le armi vittoriose ma con il supplichevole affetto filiale. In seguito Romolo, intollerante del fratello come compagno, fu costretto a prendere come socio nel regno Tito Tazio re dei Sabini. Ma come avrebbe potuto sopportare a lungo anche costui se non sopportò il fratello e per di più gemello? Quindi ucciso anche lui, per essere un dio più grande, tenne da solo il regno. E sono questi i diritti delle nozze, queste le giustificazioni delle guerre, questi i patti della fratellanza, dell'affinità, della convivenza, della divinità? Questa infine la vita di una città sotto la protezione di tanti dèi? Puoi osservare che sull'argomento si potrebbero fare molte e serie considerazioni, se il nostro assunto non avesse interesse a quelle che restano e il discorso non volgesse ad altro.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: LA GRAZIA DI DIO NON PUO’ CONFONDERSI CON CIÒ CHE HA SAPORE DI COSE TERRENE

PAROLE DEL SIGNORE
Figlio, la mia Grazia è preziosa e non tollera d'essere mischiata a cose estranee e a consolazioni terrene. Devi, perciò, buttare via tutto ciò che ostacola la Grazia, se vuoi che essa ti venga infusa. Cercati un luogo appartato, ama stare solo con te stesso, non andare cercando chiacchiere con nessuno, ma effondi, piuttosto, le tue preghiere a Dio, per poter conservare la compunzione dell'anima e la purezza della coscienza. Stima un nulla tutto quanto il mondo; a tutte le occupazioni esteriori anteponi la tua dedizione a Dio. Non potrai, infatti, attendere a Me e, nello stesso tempo, trovare godimento nelle cose che passano.

Bisogna allontanare il cuore dalle persone che si conoscono e dalle persone care, e tenere lo spirito sgombro da ogni conforto terreno. Così l'apostolo San Pietro esorta i fedeli di Cristo: comportatevi in questo mondo "come stranieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Oh, quanta fiducia e sicurezza avrà in punto di morte chi non è legato al mondo dall'attaccamento per alcuna cosa! Ma un'anima tuttora debole non comprende come si possa avere, quaggiù, il cuore così distaccato da tutto; l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Eppure, se egli vuole veramente essere uomo spirituale, deve rinunciare tanto ai lontani quanto ai vicini, e da nessuno guardarsi più che da se stesso.

Se avrai vinto interamente te stesso, più facilmente soggiogherai tutto il resto. Perfetta vittoria è trionfare di se stesso. Chi, infatti, tiene sottomesso se stesso, cosicché i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca a Me in tutto, questi è veramente vincitore di sé e signore del mondo. Se brami salire su questa vetta, devi cominciare con coraggio a mettere la scure alla radice, per riuscire a svellere e distruggere il segreto, disordinato attaccamento a te stesso e a tutto ciò che è tuo proprio bene materiale. Da codesto vizio, cioè dall'amore troppo disordinato che l'uomo ha per se stesso, deriva quasi tutto quello che dev'essere vinto in noi dalla radice.

E, vinto e soggiogato questo male, subentrano subito gran pace e serenità. Ma poiché pochi s'affaticano a morire del tutto a se stessi e ad uscire pienamente dal proprio egoismo, i più restano come prigionieri di se stessi e non riescono ad innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Chi, invece, desidera camminare con Me in libertà, deve mortificare tutte le sue cattive e disordinate indignazioni, e non attaccarsi ad alcuna creatura con cupido amore personale.