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Sabato, 4 maggio 2024 - Misteri gaudiosi - San Ciriaco ( Letture di oggi )

San Pio da Pietrelcina:Le tentazioni non ti sgomentino; sono la prova dell'anima che Dio vuole sperimentare quando la vede nelle forze necessarie a sostenere il combattimento ed intessersi con le proprie mani il serto della gloria. Finora la tua vita fu d'infante; adesso il Signore vuole trattarti da adulta. E poiché le prove della vita adulta sono molto superiori a quella di chi è infante, ecco perché ti trovi in principio disorganizzata; ma la vita dell'anima acquisterà la sua calma e la tua calma ritornerà, non tarderà. Abbi pazienza ancora un poco; tutto andrà per il tuo meglio.

LETTURE A CASO

Gv 6,1-70

1Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. 3Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. 7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perchéeacute; ognuno possa riceverne un pezzo". 8Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". 10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. 12E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!". 15Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

16Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare 17e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. 18Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. 19Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20Ma egli disse loro: "Sono io, non temete". 21Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. 23Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Trovatolo di là dal mare, gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?".

26Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". 28Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?". 29Gesù rispose: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato".

30Allora gli dissero: "Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo". 32Rispose loro Gesù: "In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; 33il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". 34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". 35Gesù rispose: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. 36Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno".

41Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo". 42E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?".

43Gesù rispose: "Non mormorate tra di voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".

59Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?". 61Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: "Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 64Ma vi sono alcuni tra voi che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E continuò: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio".

66Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.

67Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?". 68Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; 69noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". 70Rispose Gesù: "Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!". Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 15, 1-8: Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.

1 Gv 3,1-24

1Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. 4Chiunque commette il peccato, commette anche violazione della legge, perché il peccato è violazione della legge. 5Voi sapete che egli è apparso per togliere i peccati e che in lui non v'è peccato. 6Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non lo ha visto né l'ha conosciuto.

7Figlioli, nessuno v'inganni. Chi pratica la giustizia è giusto com'egli è giusto. 8Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo. 9Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio.

10Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello.

11Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. 12Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvage, mentre quelle di suo fratello eran giuste.

13Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. 14Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.

16Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. 17Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio? 18Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. 19Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore 20qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. 21Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; 22e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui.

23Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. 24Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.


La Città di Dio: Libro II - Immoralità del politeismo: Ingiustizia romana contro i Sabini, Collatino e Camillo.

17. Ma forse non sono state stabilite dalle divinità leggi per il popolo romano, perché, come dice Sallustio, il diritto e la morale presso di loro non avevano efficacia in virtù delle leggi ma della natura 30? Da tale diritto e morale suppongo che derivi il ratto delle Sabine. Che cosa di più giuridico e morale che le figlie di altri, richiamate col pretesto di uno spettacolo, non fossero date in matrimonio dai genitori ma prese con la violenza ad arbitrio di chi voleva? Se i Sabini agivano contro il diritto nel rifiutare le fanciulle richieste, molto più contro il diritto era rapirle senza che fossero date in matrimonio. Era più giusto far guerra con una popolazione che aveva rifiutato a corregionali e confinanti le proprie figlie chieste come mogli che con una popolazione che le richiedeva perché rapite. Era preferibile che avvenisse una guerra simile. Allora Marte avrebbe aiutato il figlio che combatteva per vendicare con le armi il rifiuto delle unioni coniugali e avere così le donne che desiderava. Come vincitore poteva forse giustamente per diritto in tempo di guerra prendere le fanciulle che gli erano state negate ingiustamente, ma senza alcun diritto rapì in tempo di pace le fanciulle rifiutate e condusse una guerra ingiusta contro i loro genitori giustamente indignati. Ma il fatto si verificò con un risultato favorevole. Infatti sebbene a ricordo di quell'inganno si perpetuò lo spettacolo dei giochi del circo, non piacque nella città e nei popoli dominati l'esempio di quel crimine. I Romani dunque hanno sbagliato piuttosto nel divinizzare Romolo dopo quella ingiustizia che nel concedere con qualche legge o usanza d'imitarne l'esempio nel rapire donne. In base a questo diritto e morale, dopo l'espulsione del re Tarquinio e figli, dato che un suo figlio aveva violentato Lucrezia, il console Giunio Bruto costrinse a rinunciare alla carica e fece esiliare, a causa del nome e parentela con i Tarquini, il marito della stessa Lucrezia e suo collega Lucio Tarquinio Collatino, uomo moralmente incolpevole. E commise questo delitto col favore o per lo meno con la tolleranza del popolo, sebbene proprio dal popolo Collatino e lo stesso Bruto avessero ricevuto il consolato. Di questo diritto e morale fu vittima anche Marco Camillo, l'uomo più grande di quel tempo. Egli sconfisse con molta bravura i Veienti, nemici temibili del popolo romano e occupò la loro città ricchissima dopo una guerra durata dieci anni, durante la quale l'esercito romano per errori di strategia era stato più volte gravemente battuto, quando già Roma trepidava nell'incertezza di scampare. Eppure fu chiamato in giudizio per l'invidia dei denigratori del suo valore e per l'impertinenza dei tribuni della plebe. Capì l'ingratitudine della città che aveva salvata al punto che certo della condanna andò in volontario esilio e fu anche condannato in contumacia all'ammenda di diecimila assi di rame. Poco dopo avrebbe di nuovo salvato l'ingrata patria dai Galli. Non mi va di addurre altri fatti immorali e ingiusti, da cui era messo in subbuglio lo Stato quando i patrizi tentavano di sottomettere la plebe e questa rifiutava di sottomettersi e i fautori dell'uno e dell'altro partito agivano per amore di dominare senza pensare affatto al giusto e all'onesto.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: LA GRATITUDINE A DIO PER IL DONO DELLA GRAZIA

Perché cerchi la quiete, mentre sei nato per la fatica? Disponiti più a soffrire che ad essere consolato; a portare la croce più che a vivere nella letizia.Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non accetterebbe ben volentieri la consolazione e la letizia spirituale, se potesse ottenerne in ogni momento? Le gioie dello spirito, infatti, sorpassano tutti i piaceri mondani e le soddisfazioni materiali. In verità, tutte le gioie del mondo sono o vuote o poco buone; soltanto le gioie dello spirito, invece, ricolmano di felicità e sono innocenti, perché nate dalle virtù ed infuse da Dio nelle anime pure. Ma nessuno può godere sempre a suo piacimento di queste consolazioni divine, perché l'ora della tentazione non tarda a venire. E poi, la falsa libertà di spirito e l'eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita celeste. lddio compie un atto di bontà, quando ci dona la grazia della consolazione; ma l'uomo compie un'azione colpevole non attribuendo il tutto a Lui e non ringraziandoLo.

E così, non possono riversarsi su di noi i doni della Grazia, perché siamo ingrati verso il loro autore e non facciamo risalire tutto alla sorgente d'origine. Sempre, infatti, viene concessa la Grazia a chi debitamente se ne dimostra grato; verrà tolto al superbo ciò che si suole dare all'umile. Non voglio la consolazione che mi toglie la compunzione del cuore, né aspiro ad una contemplazione che mi conduce all'orgoglio. Non tutto ciò che è alto, è santo; non tutto ciò che è soave, è buono; non ogni desiderio è puro; non tutto ciò che piace a noi, è gradito a Dio. Accetto, invece, volentieri una Grazia che mi renda sempre più umile, più timorato, più pronto a rinnegare me stesso. Chi ha conosciuto il dono della Grazia e ha fatto esperienza del duro colpo della sua privazione, non oserà arrogarsi alcun merito; si confesserà, invece, povero e nudo di tutto.

Da' a Dio ciò che è di Dio, e a te ciò che è tuo; cioè, mostrati riconoscente a Dio per la Grazia che t'ha concesso, e attribuisci a te soltanto il peccato, riconoscendo che meriti il castigo con le tue colpe. Mettiti sempre al posto più basso, e ti verrà dato il più alto, perché ciò che è in alto non si sostiene senza ciò che sta in basso. I Santi più grandi agli occhi di Dio sono i più piccoli ai propri occhi; quanto più sono avvolti di gloria, tanto più sono umili dentro di sé. Ripieni della Verità e della gloria del Cielo, non desiderano la gloria vana.

Fondàti in Dio e in Lui confermàti, non possono per nessuna ragione montare in superbia. E siccome attribuiscono a Dio tutto il bene ricevuto, non vanno cercando lode l'uno dall'altro, ma la lode che procede solo da Dio; e desiderano che in loro stessi e in tutti i Santi sia lodato Dio sopra ogni cosa; e sono sempre protesi a questo. Sii, dunque, riconoscente al Signore anche per il più piccolo dono, e sarai degno di riceverne di maggiori. Il dono più piccolo sia per te come il più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono speciale. Se si guarda alla dignità infinita del Donatore, nessun dono ti sembrerà piccolo o di poco valore.Non è, infatti, cosa da poco quello che ci viene donato dal Sommo Iddio.

Anche se Egli desse pene e castighi, ci devono essere accetti, perché qualunque cosa che Egli permette ci avvenga, lo fa per la nostra salvezza. Chi desidera conservare la Grazia di Dio, sia riconoscente quando gli è data, rassegnato quando gli viene tolta. Preghi per riaverla: sia prudente e umile per non perderla.