Santo Rosario on line

Giovedi, 2 maggio 2024 - Misteri luminosi - Sant´ Atanasio ( Letture di oggi )

Sant'Antonio di Padova: La luce splendente si ebbe nell'incarnazione del Verbo, dalla quale scaturì la fede; il giorno pieno si verificò nella passione, con la quale fu più vicina la salvezza. "Che cosa ci sarebbe servito l'essere nati, se non fossimo stati redenti?" (cf. Exultet della veglia pasquale).

LETTURE A CASO

Mc 16,1-20

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. 2Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. 3Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?".4Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. 5Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. 7Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto". 8Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

9Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.

12Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. 13Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.

14Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.

15Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".

19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.

20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 18, 15-20: Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello.

Eb 3,1-19

1Perciò, fratelli santi, partecipi di una vocazione celeste, fissate bene lo sguardo in Gesù, l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, 2il quale è fedele a colui che l'ha costituito, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa. 3Ma in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di tanta maggior gloria, quanto l'onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa. 4Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio. 5In verità Mosè fu fedele in tutta la sua casa come servitore, per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunziato più tardi; 6Cristo, invece, lo fu come figlio costituito sopra la sua propria casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.

7Per questo, come dice lo Spirito Santo:

Oggi, se udite la sua voce,
8non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,
9dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant'anni le mie opere.
10Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: Sempre hanno il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.
11Così ho giurato nella mia ira:
Non entreranno nel mio riposo
.

12Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. 13Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest'oggi, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato. 14Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio. 15Quando pertanto si dice:

Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione
,

16chi furono quelli che, dopo aver udita la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall'Egitto sotto la guida di Mosè? 17E chi furono coloro di cui si è disgustato per quarant'anni? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero cadaveri nel deserto? 18E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto? 19In realtà vediamo che non vi poterono entrare a causa della loro mancanza di fede.


La Città di Dio: Libro VI - Il politeismo e il problema della salvezza: Varrone stesso fa capire che è invenzione umana.

4. 2. La giustificazione di Varrone nel confessare di aver parlato prima dei valori culturali e poi di quelli religiosi, per il fatto che questi sono stati istituiti dagli uomini, è la seguente: Come, egli dice, il pittore è prima del quadro e il muratore prima dell'edificio, così le città sono prima delle cose istituite dalle città. Afferma inoltre che prima avrebbe scritto degli dèi e poi degli uomini se avesse scritto dell'universale natura degli dèi, quasi che nell'opera parli di una particolare e non universale natura, ovvero come se anche la particolare natura degli dèi, quantunque non universale, non debba essere anteriore a quella degli uomini. Per quale motivo dunque negli ultimi tre libri, trattando esaurientemente degli dèi certi, incerti e scelti non omette, come è evidente, nessuna natura divina? Ci chiediamo dunque quale significato abbia questa sua frase: Se scrivessi sulla universale natura degli dèi e degli uomini, prima di accennare all'umanità, avrei trattato a fondo della divinità. Infatti o tratta dell'universale o particolare natura degli dèi o non ne tratta affatto. Se tratta dell'universale natura, essa deve essere trattata prima della cultura; se al contrario della particolare, per quale motivo anche essa non dovrebbe esser prima della cultura?. Forseché una qualche caratteristica degli dèi è immeritevole di essere considerata prima dell'universale natura umana? E se è eccessivo onore che una qualche caratteristica divina si tratti prima dell'universale cultura umana, forse quella caratteristica è meritevole dell'onore almeno per i Romani. Varrone scrisse infatti i libri della cultura non in riferimento al mondo ma alla sola Roma. Ha affermato tuttavia di averli giustamente anteposti alla compilazione dei libri sulla religione, come il pittore al quadro e il muratore all'edificio. Così veniva ad ammettere apertamente che anche certi valori religiosi, sull'esempio della pittura e della costruzione, sono stati istituiti dagli uomini. Rimane che non ha inteso affatto parlare di una qualche natura divina ma che non l'ha voluto dichiarare apertamente e l'ha lasciato capire a chi poteva. Il significato comune del termine "non ogni" è "qualche" ma può essere anche "nessuna", perché una cosa che è "nessuna" è tanto "non ogni" che "non qualche". Infatti se, come Varrone stesso dice, la natura degli dèi di cui parla fosse l'universale, ne avrebbe dovuto trattare prima della cultura; ed anche se, come la verità stessa afferma malgrado il silenzio di Varrone, non fosse universale ma particolare, dovrebbe certamente venir prima della cultura romana; al contrario viene giustamente dopo; dunque non c'è affatto. Pertanto non intese anteporre la cultura alla religione ma non anteporre la leggenda ai fatti storici. Nel trattare infatti della cultura si conformò alla storia, mentre nel trattare di quella che definisce religione si conformò soltanto alle invenzioni della leggenda. Questo è indubbiamente quanto con sottile intenzione ha voluto mostrare non soltanto nel trattare della religione dopo della cultura ma anche nell'addurre la ragione per cui lo ha fatto. Se l'avesse taciuta, questo suo modo di procedere da qualcuno sarebbe stato forse interpretato in altro senso. Ma nella giustificazione che ne ha dato, non ha permesso ad alcuno di interpretare arbitrariamente e ha mostrato assai chiaramente che gli uomini hanno posto se stessi prima dei propri istituti e non l'umanità prima della divinità. Ha confessato così di avere scritto i libri della religione non sulla base della verità che compete alla natura ma della finzione che compete all'errore. Altrove ha dichiarato più apertamente, come ho ricordato nel quarto libro, che avrebbe scritto secondo la norma della natura se avesse fondato egli stesso una nuova città, ma poiché si era trovato in una vecchia città era stato costretto a seguirne l'usanza.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: UBBIDIENZA E SOTTOMISSIONE

È una cosa molto importante stare sotto la virtù dell'ubbidienza, vivere sotto un Superiore e non essere indipendenti. È molto più sicuro essere sottomessi che trovarsi ai posti di comando. Molti vivono nell'ubbidienza più per necessità che per amore; sono insofferenti e facilmente mormorano. Essi, però, non guadagneranno la libertà dello spirito, se non si sottometteranno con tutto il cuore per amore di Dio. Corri pure qua e là; ma non troverai pace se non nell'umile sottomissione alla guida del Superiore. Il fantasticare su altri luoghi dove stare meglio, ha ingannato molti. É vero che ciascuno nelle sue azioni segue volentieri il proprio parere e si sente inclinato maggiormente verso coloro che la pensano come lui. Ma se Dio è con noi, è necessario che qualche volta abbandoniamo anche le nostre vedute, per il bene della pace. Del resto, chi è tanto sapiente da conoscere perfettamente ogui cosa? Dunque, non ti fidare troppo della tua opinione, ma sii disposto ad ascoltare volentieri anche quella degli altri. Se le tue vedute sono buone e, tuttavia, vi rinunzi e ne segui altre per amore di Dio, ne ricaverai maggiore frutto spirituale. Ho spesso sentito dire che è cosa più sicura ascoltare e accettare un consiglio, che darlo. Può anche darsi il caso che l'opinione d'uno sia buona come quella d'un altro; ma non voler arrendersi agli altri, quando lo esige la ragione o la convenienza, è segno di superbia e caparbietà.