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Domenica, 28 aprile 2024 - Misteri gloriosi - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi )

Santa Faustina Kowalska: Gesù, ti ringrazio d'aver bevuto prima di me l'amaro calice che a me porgi già addolcito. Ecco ho accostato le mie labbra a questo calice della tua santa volontà. Avvenga di me ciò che, prima di tutti i secoli, la tua sapienza ha stabilito. Desidero vuotare fino in fondo il calice a cui fui predestinata. Una simile predestinazione non sarà oggetto del mio esame: la mia fiducia sta nel venir meno di ogni mia speranza. In te, Signore, tutto è buono; tutto è dono del tuo cuore. Non preferisco le consolazioni alle amarezze, né le amarezze alle consolazioni: ti ringrazio, Gesù, per ogni cosa. Sono felice di fissare il mio sguardo su di te, Dio incomprensibile. È in questa esistenza singolare che il mio spirito dimora, e qui io sento di trovarmi a casa mia. O bellezza non creata, chi ha conosciuto te una volta sola, non può amar altro. Trovo dentro di me una voragine e nessuno, se non Dio, la può colmare.

LETTURE A CASO

Lc 21,1-38

1Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. 2Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli 3e disse: "In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. 4Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere".

5Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: 6"Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?".

8Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine".

10Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

20Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. 21Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; 22saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.

23Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.

25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

27Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.

28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

29E disse loro una parabola: "Guardate il fico e tutte le piante; 30quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina. 31Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. 33Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

34State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".

37Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all'aperto sul monte detto degli Ulivi. 38E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 22,1-14: Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

At 25,1-27

1Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme. 2I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo, 3chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso. 4Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve. 5"Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino".

6Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo. 7Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle. 8Paolo a sua difesa disse: "Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare". 9Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: "Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?". 10Paolo rispose: "Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente. 11Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare". 12Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: "Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai".

13Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo. 14E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: "C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, 15durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna. 16Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa. 17Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo. 18Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo; 19avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita. 20Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose. 21Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare". 22E Agrippa a Festo: "Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!". "Domani, rispose, lo potrai ascoltare".

23Il giorno dopo, Agrippa e Berenìce vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell'udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini più in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo. 24Allora Festo disse: "Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Gerusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita. 25Io però mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire. 26Ma sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere al sovrano; per questo l'ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per avere, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere. 27Mi sembra assurdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui".


La Città di Dio: Libro V - Visione irrazionalista e razionalista della storia: ...nel compimento di nobili azioni...

18. 2. Un altro capo romano, Torquato di cognome, uccise il figlio non perché aveva combattuto contro la patria ma perché, provocato da un nemico, per ardore giovanile aveva combattuto per la patria, tuttavia contro il proprio comando, cioè contro ciò che aveva comandato il padre comandante e nonostante che avesse vinto; e lo fece affinché non si avesse maggior male nell'esempio della trasgressione di un comando che bene nella gloria dell'uccisione di un nemico. Perché si vanterebbero dunque coloro che per le leggi della patria immortale disprezzano tutti i beni terreni che sono amati molto meno dei figli? Furio Camillo, dopo aver rimosso dal collo di Roma il giogo dei Veienti, nemici implacabili, e sebbene fosse stato fatto condannare dagli invidiosi, ancora una volta liberò l'ingrata patria dai Galli, perché non ne aveva una migliore in cui vivere più gloriosamente. Perché dunque si inorgoglirebbe come di un gesto magnanimo chi, avendo sofferto nella Chiesa da parte di avversari una grave diffamazione, non è passato agli eretici nemici di lei o non ha fondato contro di lei una nuova setta, anzi l'ha difesa secondo le sue possibilità dalla pericolosa depravazione degli eretici? In definitiva è la sola società in cui non si vive certamente per avere la reputazione degli uomini ma per raggiungere la vita eterna. Muzio, affinché si venisse alla pace con Porsenna che impegnava i Romani con una guerra molto dura, dato che non riuscì ad uccidere Porsenna e per errore uccise un altro in vece sua, in sua presenza stese la mano su un braciere acceso e gli manifestò che molti come lui avevano cospirato per ucciderlo. Il re temendo la fortezza, il coraggio e il giuramento di uomini così coraggiosi, senza esitazione stipulando la pace, rinunciò a continuare la guerra. Chi dunque potrà rinfacciare al regno dei cieli le proprie benemerenze se per esso sacrificherà sulle fiamme, non agendo di propria iniziativa ma subendo da un altro, non soltanto una mano ma tutto il corpo? Curzio armato si precipitò a cavallo spronato in un precipizio in obbedienza agli oracoli dei propri dèi perché avevano ordinato che vi fosse gettato ciò che i Romani avevano di meglio. Essi capirono che erano eccellenti in uomini e armi e per questo era necessario che in esecuzione agli ordini degli dèi un uomo armato andasse incontro a quella morte. Perché dunque dovrà dire di avere fatto un grande sacrificio per la patria eterna chi dovendo subire un nemico della propria fede morrà non perché incontra una morte simile di propria iniziativa ma perché vi è mandato dall'altro? Tanto più che ha avuto dal suo Signore che è anche il re della sua patria un più sicuro oracolo: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima. I Decii con determinate parole si offrirono in certo senso ad essere uccisi [come vittime] affinché, placatasi con la loro morte l'ira degli dèi, l'esercito romano riuscisse a liberarsi. Dunque i santi martiri non dovranno insuperbire, come se abbiano fatto un'azione sublime per far parte della patria celeste, dove la felicità è vera ed eterna, se hanno combattuto fino allo spargimento del sangue, perché con la fede della carità e con la carità della fede amavano, come è stato loro comandato, non solo i propri fratelli, per i quali il loro sangue era versato, ma anche i nemici, dai quali era versato. A Marco Polvillo, mentre dedicava il tempio di Giove, Giunone e Minerva, fu annunziata falsamente da alcuni invidiosi la morte del figlio, affinché, angosciato da quella notizia, si allontanasse e così il suo collega avesse la gloria della dedicazione; ma egli non se ne curò, anzi diede ordine di lasciare il figlio insepolto, perché nel suo cuore la passione della gloria era superiore al dolore della perdita 61. Perché dunque dovrebbe dire di aver fatto un grande sacrificio per la diffusione del santo Vangelo, con cui i cittadini della patria superna sono liberati e raccolti nell'unità dalle varie dottrine erronee, colui che, preoccupato della sepoltura del proprio padre, ascoltò dal Signore: Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i propri morti?. Regolo, per non spergiurare a nemici spietati, da Roma se ne tornò presso di loro perché, come si narra che abbia risposto ai Romani i quali volevano trattenerlo, non avrebbe potuto, dopo essere stato schiavo degli Africani, mantenere in patria la dignità di cittadino onorato. I Cartaginesi, giacché in senato aveva parlato contro il loro intento, lo fecero morire in mezzo a indicibili tormenti. Quali tormenti dunque non si devono affrontare nella fedeltà alla patria celeste, alla cui felicità la fedeltà stessa ci conduce? Ovvero che cosa si renderà al Signore per tutti i benefici che ci ha reso 64 se, per la fedeltà che gli si deve, un individuo subirà tormenti eguali a quelli subiti da Regolo nella fedeltà che doveva a nemici sanguinari? Come oserà il cristiano inorgoglirsi della povertà volontaria, con la quale nell'esilio di questa vita camminerà più speditamente per la via che conduce alla patria in cui vera ricchezza è Dio, quando ascolta o legge che Lucio Valerio, il quale morì durante il proprio consolato, era tanto povero che il suo funerale fu pagato con i denari raccolti dal popolo?, quando ascolta o legge che Quinzio Cincinnato, il quale possedeva quattro iugeri e li coltivava con le proprie mani, mentre arava fu chiamato ad essere dittatore, superiore quindi per carica al console, e dopo aver conseguito una gloria insigne con la vittoria sui nemici, si mantenne nella medesima povertà?. O quale grande vanto vorrà menare chi senza alcun vantaggio terreno sarà attratto dalla patria eterna, quando saprà che non fu possibile strappare Fabrizio dalla cittadinanza romana nonostante le grandi offerte di Pirro, re di Epiro, compresa la quarta parte del regno e che preferì rimanere privato cittadino in patria nella propria povertà?. I Romani possedevano dunque un patrimonio pubblico, cioè del popolo e della patria, cioè patrimonio comune, molto ricco. Eppure come patrimonio domestico erano tanto poveri che uno di loro, sebbene fosse stato console due volte, fu cacciato da quel senato di poveri con nota del censore perché si trovò che aveva negli scrigni dieci libbre di argento. Ed erano poveri proprio quelli dalle cui vittorie era arricchito l'erario pubblico. Anche alcuni cristiani con intenzione più nobile mettono in comune le proprie ricchezze attenendosi alla narrazione degli Atti degli Apostoli, in modo che si distribuisca a ciascuno secondo il bisogno e non si consideri nulla proprio ma per loro tutti i beni siano in comune. Tutti costoro non capiscono forse che non è bello gonfiarsi di orgoglio perché compiono quel gesto per raggiungere la società degli angeli, quando quella gente faceva qualche cosa di pressoché eguale per conservare la gloria di Roma?.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: ESERCIZIO DELLA PAZIENZA E LOTTA CONTRO I SENSI

PAROLE DEL DISCEPOLO
O Signore Iddio, come vado accorgendomi, mi è veramente necessario saper soffrire, poiché in questa vita accadono molte avversità. Invero, in qualunque maniera io abbia disposto per la mia tranquillità, la mia esistenza non può essere esente da lotte e dolori.

PAROLE DEL SIGNORE
Così è, figlio! Ma è mio volere che tu non cerchi una pace esente da tentazioni o insensibile alle avversità. Ma è mio volere che tu ritenga d'aver trovato pace anche quando sarai tormentato da tribolazioni di vario genere e provato da molte contrarietà. Se dirai che non riesci a sopportarne molte, come riuscirai un giorno a sopportare il fuoco del Purgatorio? Tra due mali bisogna sempre scegliere il minore. Perché, dunque, tu possa evitare l'eterno futuro supplizio, cerca di sopportare volentieri, per amore di Dio, i mali presenti. Credi, forse, che gli uomini che vivono dediti al mondo patiscano nulla o poco? Questo non lo potrai riscontrare, neppure se cercassi fra quelli che vivono negli agi più raffinati.

PAROLE DEL DISCEPOLO
Ma costoro - mi dici - hanno molte gioie ed assecondano i loro desideri; e perciò, sentono poco il peso delle loro tribolazioni.

PAROLE DEL SIGNORE
Sia pure così: abbiano pure qualunque cosa vogliano. Ma per quanto tempo pensi che ciò durerà? Ecco, "come fumo svaniranno" (Sal 36,20) coloro che sono nell'abbondanza in questo mondo, e dei loro passati godimenti non rimarrà alcun ricordo. Anzi, mentre ancora sono in vita, non vi si possono adagiare senza amarezze, noie e timori. Spesso, dalle medesime cose, dalle quali traggono soddisfazione, raccolgono il castigo della loro sofferenza. Ed è giusto che tocchi loro così, perché, cercando e seguendo i piaceri fuori dell'ordine divino, non riescono a saziarsene senza turbamento ed amarezza. Oh quanto brevi, quanto falsi, quanto sregolati e turpi sono tutti questi piaceri! E tutta via, gli uomini del mondo, a causa della loro ebbrezza e cecità, non lo avvertono; e, come bruti, per un piccolo godimento di questa vita corruttibile, corrono incontro alla morte dell'anima. Tu, dunque, o figlio, "non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri" (Sir 18 ,30).

"Cerca la gioia nel Signore; Egli esaudirò i desideri del tuo cuore" (Sal 36,4). Se davvero vuoi godere la gioia ed essere più largamente confortato da Me, ecco, nel disprezzo di tutte le cose mondane e nel distacco da tutti i più bassi piaceri consisterà la tua benedizione; e ti sarà reso in cambio abbondante conforto. E quanto più ti sarai privato d'ogni conforto che venga dalle creature, tanto più soavi e profondi conforti troverai in Me. Ma da principio, non potrai raggiungerli senza avere sofferto ed aspramente lottato.

Ti opporrà resistenza l'inveterata consuetudine, che, però, sarà poi vinta da un'abitudine migliore. Protesterà la carne, ma sarà tenuta a freno dal fervore spirituale. L’antico serpente verrà a tentarti fino all'esasperazione, ma sarà messo in tuga dalla preghiera; inoltre, con proficuo lavoro gli verrà chiusa in faccia la porta principale della tua anima.