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Giovedi, 2 maggio 2024 - Misteri luminosi - Sant´ Atanasio ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Sotto la Croce, sul luogo della solitudine, c'è Lei, Maria. In quel frangente Madre riceve in dono Giovanni e tutti noi: "Donna, ecco tuo figlio!" Prima di morire, Gesù pensa a me e a te, e pronuncia il nostro nome: "Giovanni, ecco tua Madre!" Da quel momento il discepolo la accolse a casa sua. Accogli anche te la Madre: accoglila a casa tua, accoglila nel tuo cuore, nei tuoi pensieri e progetti, nel cerchio dei tuoi amici. Affida a Maria la tua vita affinché in te continui la salvezza. Affida a Maria tutte le persone che fanno parte di te, affinché tutti abbiano la Madre.
Gesu

...nel compimento di nobili azioni...


18. 2. Un altro capo romano, Torquato di cognome, uccise il figlio non perché aveva combattuto contro la patria ma perché, provocato da un nemico, per ardore giovanile aveva combattuto per la patria, tuttavia contro il proprio comando, cioè contro ciò che aveva comandato il padre comandante e nonostante che avesse vinto; e lo fece affinché non si avesse maggior male nell'esempio della trasgressione di un comando che bene nella gloria dell'uccisione di un nemico. Perché si vanterebbero dunque coloro che per le leggi della patria immortale disprezzano tutti i beni terreni che sono amati molto meno dei figli? Furio Camillo, dopo aver rimosso dal collo di Roma il giogo dei Veienti, nemici implacabili, e sebbene fosse stato fatto condannare dagli invidiosi, ancora una volta liberò l'ingrata patria dai Galli, perché non ne aveva una migliore in cui vivere più gloriosamente. Perché dunque si inorgoglirebbe come di un gesto magnanimo chi, avendo sofferto nella Chiesa da parte di avversari una grave diffamazione, non è passato agli eretici nemici di lei o non ha fondato contro di lei una nuova setta, anzi l'ha difesa secondo le sue possibilità dalla pericolosa depravazione degli eretici? In definitiva è la sola società in cui non si vive certamente per avere la reputazione degli uomini ma per raggiungere la vita eterna. Muzio, affinché si venisse alla pace con Porsenna che impegnava i Romani con una guerra molto dura, dato che non riuscì ad uccidere Porsenna e per errore uccise un altro in vece sua, in sua presenza stese la mano su un braciere acceso e gli manifestò che molti come lui avevano cospirato per ucciderlo. Il re temendo la fortezza, il coraggio e il giuramento di uomini così coraggiosi, senza esitazione stipulando la pace, rinunciò a continuare la guerra. Chi dunque potrà rinfacciare al regno dei cieli le proprie benemerenze se per esso sacrificherà sulle fiamme, non agendo di propria iniziativa ma subendo da un altro, non soltanto una mano ma tutto il corpo? Curzio armato si precipitò a cavallo spronato in un precipizio in obbedienza agli oracoli dei propri dèi perché avevano ordinato che vi fosse gettato ciò che i Romani avevano di meglio. Essi capirono che erano eccellenti in uomini e armi e per questo era necessario che in esecuzione agli ordini degli dèi un uomo armato andasse incontro a quella morte. Perché dunque dovrà dire di avere fatto un grande sacrificio per la patria eterna chi dovendo subire un nemico della propria fede morrà non perché incontra una morte simile di propria iniziativa ma perché vi è mandato dall'altro? Tanto più che ha avuto dal suo Signore che è anche il re della sua patria un più sicuro oracolo: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima. I Decii con determinate parole si offrirono in certo senso ad essere uccisi [come vittime] affinché, placatasi con la loro morte l'ira degli dèi, l'esercito romano riuscisse a liberarsi. Dunque i santi martiri non dovranno insuperbire, come se abbiano fatto un'azione sublime per far parte della patria celeste, dove la felicità è vera ed eterna, se hanno combattuto fino allo spargimento del sangue, perché con la fede della carità e con la carità della fede amavano, come è stato loro comandato, non solo i propri fratelli, per i quali il loro sangue era versato, ma anche i nemici, dai quali era versato. A Marco Polvillo, mentre dedicava il tempio di Giove, Giunone e Minerva, fu annunziata falsamente da alcuni invidiosi la morte del figlio, affinché, angosciato da quella notizia, si allontanasse e così il suo collega avesse la gloria della dedicazione; ma egli non se ne curò, anzi diede ordine di lasciare il figlio insepolto, perché nel suo cuore la passione della gloria era superiore al dolore della perdita 61. Perché dunque dovrebbe dire di aver fatto un grande sacrificio per la diffusione del santo Vangelo, con cui i cittadini della patria superna sono liberati e raccolti nell'unità dalle varie dottrine erronee, colui che, preoccupato della sepoltura del proprio padre, ascoltò dal Signore: Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i propri morti?. Regolo, per non spergiurare a nemici spietati, da Roma se ne tornò presso di loro perché, come si narra che abbia risposto ai Romani i quali volevano trattenerlo, non avrebbe potuto, dopo essere stato schiavo degli Africani, mantenere in patria la dignità di cittadino onorato. I Cartaginesi, giacché in senato aveva parlato contro il loro intento, lo fecero morire in mezzo a indicibili tormenti. Quali tormenti dunque non si devono affrontare nella fedeltà alla patria celeste, alla cui felicità la fedeltà stessa ci conduce? Ovvero che cosa si renderà al Signore per tutti i benefici che ci ha reso 64 se, per la fedeltà che gli si deve, un individuo subirà tormenti eguali a quelli subiti da Regolo nella fedeltà che doveva a nemici sanguinari? Come oserà il cristiano inorgoglirsi della povertà volontaria, con la quale nell'esilio di questa vita camminerà più speditamente per la via che conduce alla patria in cui vera ricchezza è Dio, quando ascolta o legge che Lucio Valerio, il quale morì durante il proprio consolato, era tanto povero che il suo funerale fu pagato con i denari raccolti dal popolo?, quando ascolta o legge che Quinzio Cincinnato, il quale possedeva quattro iugeri e li coltivava con le proprie mani, mentre arava fu chiamato ad essere dittatore, superiore quindi per carica al console, e dopo aver conseguito una gloria insigne con la vittoria sui nemici, si mantenne nella medesima povertà?. O quale grande vanto vorrà menare chi senza alcun vantaggio terreno sarà attratto dalla patria eterna, quando saprà che non fu possibile strappare Fabrizio dalla cittadinanza romana nonostante le grandi offerte di Pirro, re di Epiro, compresa la quarta parte del regno e che preferì rimanere privato cittadino in patria nella propria povertà?. I Romani possedevano dunque un patrimonio pubblico, cioè del popolo e della patria, cioè patrimonio comune, molto ricco. Eppure come patrimonio domestico erano tanto poveri che uno di loro, sebbene fosse stato console due volte, fu cacciato da quel senato di poveri con nota del censore perché si trovò che aveva negli scrigni dieci libbre di argento. Ed erano poveri proprio quelli dalle cui vittorie era arricchito l'erario pubblico. Anche alcuni cristiani con intenzione più nobile mettono in comune le proprie ricchezze attenendosi alla narrazione degli Atti degli Apostoli, in modo che si distribuisca a ciascuno secondo il bisogno e non si consideri nulla proprio ma per loro tutti i beni siano in comune. Tutti costoro non capiscono forse che non è bello gonfiarsi di orgoglio perché compiono quel gesto per raggiungere la società degli angeli, quando quella gente faceva qualche cosa di pressoché eguale per conservare la gloria di Roma?.