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Venerdi, 3 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santi Filippo e Giacomo ( Letture di oggi )

Sant'Antonio di Padova:La sapienza, così chiamata da "sapore", consiste nell'amore e nella contemplazione di Dio, il quale sostiene il sapiente, cioè l'anima che gusta il sapore dell'amore. La sapienza appaga e sazia completamente, mentre il piacere lascia il vuoto. La sapienza procura dolcezza, il piacere lascia l'amarezza. Chi serve la sapienza è libero, chi serve il piacere è un misero schiavo.
Gesu

La virtù e il valore dei pochi.


12. 6. Chi ascolta le parole di Catone o meglio di Sallustio pensa che tutti gli antichi Romani o molti di loro fossero tali quali vengono esaltati. Non è così; altrimenti non sarebbero veri i fatti che lo stesso Sallustio narra e che io ho ricordato nel secondo libro di quest'opera. Egli afferma in quei passi che le ingiustizie dei potenti e a causa di esse la secessione della plebe dai patrizi e le altre discordie si ebbero in città fin dal principio. Si amministrò, aggiunge, con diritto equo e moderato non più a lungo del periodo in cui, con l'espulsione dei re, si ebbe il timore proveniente da Tarquinio, finché, cioè, non finì la grave guerra che per colpa di lui era stata intrapresa con l'Etruria. In seguito i patrizi trattarono la plebe da schiava, l'afflissero con un potere regale, la privarono dei campi e amministrarono da soli lo Stato con l'esclusione degli altri. Queste discordie, rinfocolate perché gli uni volevano dominare e gli altri non volevano sottostare, ebbero fine con la seconda guerra punica, perché un nuovo grave timore cominciò a incalzare e a frenare, a causa di un'altra più grave preoccupazione, gli spiriti inquieti dalle turbolenze, e a richiamarli alla concordia civica. Ma i grandi successi si ottennero per l'opera di pochi individui, onesti nel loro limite, sicché, affrontata e superata la difficile situazione mediante l'accortezza di poche persone dabbene, lo Stato progredì. Il medesimo storico confessa che, quando leggeva o udiva le molte celebri imprese compiute dal popolo romano in pace e in guerra, in guerre navali e terrestri, amava rivolgere l'attenzione sulla forza che aveva portato a compimento opere tanto grandi. Sapeva infatti che spesso una piccola schiera di Romani si era battuta con potenti legioni nemiche, aveva conosciuto le guerre compiute da soldati sprovvisti con regni forniti di mezzi. A forza di pensare, egli confessa, ha dovuto concludere che l'eccellente valore di pochi cittadini aveva realizzato tutte queste opere col risultato che la povertà aveva superato la ricchezza, i pochi avevano sconfitto i molti. Ma dopo che, soggiunge, la città fu depravata dal lusso e dall'inerzia, di nuovo lo Stato doveva mantenere con la propria grandezza i vizi dei capi e dei magistrati. Dunque anche da Catone è stata lodata la virtù dei pochi che aspiravano alla gloria, all'onore e al potere per la via giusta, cioè la stessa virtù. Da essa derivava l'operosità in privato, ricordata da Catone, in modo che l'erario fosse fornito e modeste le sostanze private. Per conseguenza, con la depravazione dei costumi, il vizio contrappose in pubblico la miseria e in privato l'abbondanza.