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Lunedi, 6 maggio 2024 - Misteri gaudiosi - San Pietro Nolasco ( Letture di oggi )

Massime di perfezione cristiana:Quando uno si lamenta del supe­riore per il suo modo di correggere o per l'eccessivo ingrandimento della mancanza, e perché vuole che le cose vadano secondo il suo gusto e non considera che la sua maniera di com­portarsi gli procurerà molta riprova­zione e dispiacere.
Gesu

I disastri della seconda guerra punica.


19. Per quanto riguarda la seconda guerra punica, sarebbe troppo lungo rammentare le stragi dei due popoli che combatterono per tanto tempo e su un vasto territorio. Per confessione stessa di coloro che hanno inteso non tanto di narrare le guerre romane quanto piuttosto di esaltare la dominazione romana, il vincitore fu pari al vinto. Infatti quando Annibale, partendo dalla Spagna, superò i Pirenei, attraversò la Gallia, valicò le Alpi devastando e sottomettendo tutte le regioni con le forze aumentate lungo il tragitto e precipitò come torrente nel valico verso l'Italia, si ebbero molti sanguinosi combattimenti, molte volte i Romani furono sconfitti, molti paesi passarono al nemico, molti furono presi e distrutti, si ebbero dure battaglie il più delle volte gloriose per Annibale data la sconfitta romana. Che dire del disastro di Canne, tremendo oltre ogni pensare? Dopo di esso si dice che Annibale, per quanto molto crudele ma saziato dell'enorme massacro dei suoi più spietati nemici, abbia comandato di risparmiarli. Dopo la strage mandò a Cartagine tre moggi di anelli d'oro per far capire che in quella battaglia era caduta molta nobiltà romana e che la segnalava meglio la misura che il numero. Si doveva da ciò dedurre che il massacro del resto dell'esercito, tanto più numeroso quanto più povero che giaceva senza anelli, era più da congetturarsi che da segnalarsi. Ne seguì una così forte carenza di soldati che i Romani coscrissero i delinquenti dopo aver assicurato loro l'impunità ed emanciparono gli schiavi per costituire e non solo per redintegrare un esercito che era così un disonore. Mancavano le armi per gli schiavi, o meglio tanto per non far torto per gli ormai liberti destinati a combattere per lo Stato romano. Le armi furono detratte dai templi come se i Romani volessero dire ai propri dèi: "Deponete le armi che avete tenuto in mano inutilmente, perché i nostri schiavi forse possono fare qualche cosa di utile con quei mezzi con cui voi nostre divinità non siete state capaci". Non bastando più l'erario per corrispondere lo stipendio, le ricchezze private divennero di pubblico uso. Ciascuno pose in comune il proprio avere al punto che oltre tutti gli anelli e le bolle, pietosi simboli di nobiltà, il senato stesso e a più forte ragione gli altri ceti e classi non si lasciarono alcun oggetto d'oro. Chi sopporterebbe i nostri avversari se in questi tempi fossero costretti a tanta povertà? Li sopportiamo appena adesso che in vista di un superfluo divertimento si dà più denaro agli attori di quanto ne fu ammassato allora per le legioni in vista di un disperato tentativo di salvezza.