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Martedi, 7 maggio 2024 - Misteri dolorosi - Santa Flavia ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:La più bella passeggiata e il più bel gioco che mi piacerebbe si è di poter condurre diecimila giovani in paradiso.
Gesu

Giustizia ed empietà della legge sul teatro


12. Ma i Romani, come Scipione vanta nel citato dialogo Sullo Stato non vollero che la condotta e la reputazione fossero soggette a denigrazioni e insulti dei poeti, perché contemplarono la pena di morte per chi ardisse comporre simile poesia. Hanno stabilito questa sanzione con onestà verso se stessi, ma con superbia e irreligiosità verso i loro dèi. Sapendo che essi non solo sopportano ma gradiscono di essere denigrati dalle ingiurie e le maldicenze dei poeti, han ritenuto se stessi e non gli dèi immeritevoli di quelle calunnie e si sono difesi da esse con una legge, ma hanno perfino inserito queste nefandezze nelle feste degli dèi. E così, o Scipione, lodi che ai poeti romani sia stata negata la licenza di lanciare diffamazioni contro uno dei cittadini, anche se sai che non hanno risparmiato nessuno dei vostri dèi? E così ti è sembrato di dover considerare di più la reputazione della vostra curia che del Campidoglio, anzi della sola Roma che di tutto il cielo? In tal modo si proibì ai poeti anche per legge di menare la lingua maledica contro i tuoi concittadini e poi si permise che lanciassero tranquilli contro i tuoi dèi insulti tanto gravi senza che lo proibisse un senatore, un censore, un imperatore, un pontefice. Era sconveniente, secondo te, che Plauto o Nevio dicessero male di Publio o Gneo Scipione o Cecilio di Marco Catone e fu conveniente che il vostro Terenzio stimolasse il libertinaggio dei giovani con l'adulterio di Giove ottimo massimo.