Santo Rosario on line

Venerdi, 26 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Marcellino ( Letture di oggi )

San Pio da Pietrelcina:Circa la vostra lettura c'è poco da ammirare e quasi niente da edificarsi. Vi è assolutamente necessario che a simili letture aggiungiate quella dei Libri santi (Sacra Scrittura), tanto raccomandata da tutti i santi padri. Ed io non posso esimervi da queste letture spirituali, troppo premendomi la vostra perfezione. Conviene che deponiate il pregiudizio che avete (se volete da simili letture ricavare il tanto insperato frutto) intorno allo stile ed alla forma con cui questi Libri sono esposti. Sforzatevi nel far questo e raccomandate la cosa al Signore. In questo vi è un grave inganno ed io non posso nascondervelo.
font

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux



Liseux

5. ADOLESCENZA APERTA (1886-1887) - Parte 2

140 - Grazie tanto grandi non dovevano rimanere prive di frutti, e questi anzi furono abbondanti, la pratica della virtù ci divenne dolce e naturale; dapprincipio il mio viso tradiva spesso il combattimento, ma a poco a poco quella espressione scompar­ve; e la rinuncia mi divenne facile anche dal primo istante. Gesù l'ha detto: «A colui che possiede, verrà dato ancora, e sara nell'abbondanza». Per una grazia ricevuta fedelmente, egli me ne concedeva molte altre... Si dava egli stesso a me nella santa Comunione più spesso di quanto avrei osato sperare. Avevo pre­so per regola di condotta di fare, senza ometterne una sola, le Comunioni che il confessore mi avrebbe permesse, ma di lasciare che egli ne stabilisse il numero, senza mai chiedergliele. A quel tempo non avevo affatto l'audacia che possiedo ora, altrimenti avrei agito in modo diverso, perché sono ben sicura che un'ani­ma deve dire al confessore quale attrattiva provi per ricevere il suo Dio; non è per restare nel ciborio d'oro che egli discende ogni giorno dal Cielo, ma è per trovare un altro Cielo che gli è infinitamente più caro del primo: il Cielo dell'anima nostra, fatta a immagine sua, il tempio vivo dell'adorabile Trinità! Gesù vedeva il mio desiderio e la dirittura del mio cuore; permise che durante il mese di maggio il confessore mi dicesse di fare la santa Comunione quattro volte la settimana, e passa­to quel bel mese ne aggiunse una quinta per ogni volta che capitasse una festa. Quando uscii dal confessionale, piangevo con tanta dol­cezza; mi pareva che Gesù stesso volesse darsi a me, perché la mia confessione era breve, non dicevo mai una parola dei miei sentimenti intimi, essendo così dritta la via su cui camminavo, e così luminosa che non mi occorreva altra guida se non Gesù. Paragonavo i direttori a specchi fedeli che riflettessero Gesù nelle anime, e dicevo che per me il buon Dio non si serviva d'intermediario, bensì agiva direttamente! lasciarlo sospeso all'albero, bensì per presentano sopra una tavola servita brillantemente. Con una intenzione simile Gesù prodigava le sue grazie all'umile fiore. Gesù che, ai tempi della sua vita terrena, esclamava in un impeto di gioia: «Padre mio, ti benedico perché hai nascosto queste cose ai saggi e ai poten­ti, e le hai rivelate ai più piccoli!», voleva far rifulgere in me la sua misericordia; perché ero piccola e debole si abbassava verso me, m'istruiva in segreto delle cose del suo amore. Ah, se i sapienti, dopo aver passato la loro vita negli studi, fossero venuti a interrogarmi, senza dubbio sarebbero rimasti meravi­gliati vedendo una fanciulla di quattordici anni capire i segreti della perfezione, segreti che tutta la loro scienza non può sco­prire, poiché per possederli bisogna essere poveri di spirito! Come dice san Giovanni della Croce nel suo Cantico: «Non avevo né guida, né luce, fuorché quella che mi splende­va nel cuore, quella luce mi guidava più sicuramente che il ful­gore meridiano al luogo ove mi attendeva Colui che mi cono­sce perfettamente» 20 Quel luogo, era il Carmelo; prima di «riposarmi all'ombra di Colui che desideravo», dovevo pas­sare per tante prove, ma la chiamata divina era così pressante che, se anche avessi dovuto traversare le fiamme, l'avrei fatto per essere fedele a Gesù...

142 - Per incoraggiarmi nella vocazione trovai una sola ani­ma, quella della mia Madre cara... il cuore mio trovò nel suo una eco fedele, e senza di lei certamente non sarei arrivata alla riva benedetta che aveva accolto anche lei cinque anni prima sopra una terra permeata di rugiada celeste. Si, da cinque anni ero lon­tana da lei, Madre cara, credevo di averla perduta, ma al momen­to della prova fu la mano sua che m'indicò il cammino. Avevo bisogno di questo conforto, perché le mie conversazioni al Car­melo mi erano divenute più e più penose, non potevo parlare del mio desiderio d'entrare senza sentirmi respinta. Maria, pen­sando che fossi troppo giovane, faceva tutto il possibile per impedire il mio ingresso; lei stessa, Madre, per provarmi, tentava qualche volta di attenuare il mio ardore; insomma, se non avessi avuto davvero la vocazione, mi sarei fermata fin dall'inizio, per­ché incontravo ostacoli appena cominciavo a rispondere alla chiamata di Gesù. Non volli dire a Celina il mio desiderio di entrare così giovane nel Carmelo, e ciò mi fece soffrire di più perché mi era ben difficile nasconderle qualche cosa... La soffe­renza non durò a lungo, ben presto la mia sorella cara seppe la mia decisione, e lungi dal tentare di dissuadermi, accettò con coraggio mirabile il sacrificio che il buon Dio le chiedeva; per capire quanto fu grande, bisognerebbe sapere fino a che punto eravamo unite. Era, per così dire, la stessa anima che ci faceva vivere; da pochi mesi godevamo insieme la vita più dolce che due giovanette possano sognare; tutto, intorno a noi, rispondeva ai nostri gusti, la libertà più grande ci era concessa, insomma io dicevo che la nostra vita sulla terra era l'ideale della felicita'... Avevamo avuto appena il tempo per gustare questo ideale di feli­cita' che bisognava distoglierci da esso liberamente, e la mia Celi­na non si ribellò nemmeno per un attimo. Eppure, non era lei che Gesù chiamava per prima, e perciò ella avrebbe potuto lamentarsi; avendo la mia stessa vocazione, stava a lei partire: ma, come ai tempi dei martiri, quelli che restavano nella prigio­ne davano gioiosamente il bacio di pace ai fratelli i quali partiva­no primi per combattere nell'arena, e si consolavano col pensie­ro che forse essi erano riservati a certami ancora più grandi; così Celina lasciò che la sua Teresa si allontanasse e restò sola per la gloriosa e sanguinosa prova alla quale Gesù la destinava come privilegiata del suo amore!

143 - Celina divenne dunque la confidente delle mie lotte e dei miei patimenti, e prese parte ad essi come se si fosse tratta­to della vocazione sua; da parte di lei non avevo da temere opposizione, ma non sapevo che strada prendere per dare l'annuncio a Papà. Come parlargli di lasciar la sua regina, a lui che aveva sacrificato le sue tre maggiori? Ah, i conflitti intimi che ho sofferto prima di sentirmi il coraggio di parlare! E tutta­via bisognava che mi decidessi; avevo quattordici anni e mezzo, sei mesi soltanto ci separavano dalla bella notte di Natale nella quale avevo deciso di entrare, nell'ora stessa in cui, l'anno pre­cedente, avevo ricevuto la «mia grazia». Per fare la mia grande rivelazione scelsi il giorno di Pentecoste; per tutta la giornata supplicai i santi Apostoli di pregare per me, di ispirarmi le paro­le che dovevo dire... Toccava pure loro di aiutare la bambina timida che Dio destinava a divenire l'apostolo degli apostoli per mezzo della preghiera e del sacrificio! Soltanto nel pomeriggio, tornando dai vespri, trovai l'occasione per parlare al mio Babbo carissimo; era andato a sedersi sul bordo della vasca, e, con le mani giunte, contemplava le meraviglie della natura; il sole con la sua luce raddolcita dorava le cime dei grandi alberi ove gli uccelli cantavano gioiosi la loro preghiera della sera. il bel volto di Papà aveva una espressione celeste, sentivo che la pace gli inondava il cuore; senza dire una parola mi sedetti accanto a lui, gli occhi pieni di pianto; mi guardò con tenerezza, mi prese la testa e l'appoggiò sul suo cuore, dicendomi: «Che cos'hai, regi­netta? Confidamelo». Poi, alzandosi come per nascondere la propria emozione, camminò lentamente tenendomi sempre la testa appoggiata sul suo cuore. Tra le lacrime gli confidai che desideravo entrare nel Carmelo; allora le lacrime sue si unirono alle mie, ma non disse una parola per distogliermi dalla mia vocazione; si contentò di farmi osservare che ero molto giovane per prendere una decisione tanto grave. Ma io difesi la mia cau­sa tanto bene che Papà, con la sua natura semplice e dritta, fu convinto ben presto che il mio desiderio era di Dio stesso, e, nélla sua fede profonda, esclamò che Dio gli faceva un grande onore chiedendogli così le sue figlie. Continuamino a lungo la nostra passeggiata; il cuore mio, sollevato dalla bontà con la quale era stata accolta la sua rivelazione dal Padre mio incompa­rabile, si apriva dolcemente nel cuore di lui. Pareva che Papà godesse di quella gioia tranquilla che dà il sacrificio consumato, mi parlò come un santo, e vorrei ricordare le sue parole per scri­verle qui, ma ho conservato di esse un ricordo troppo profuina­to perché si possa tradurlo. Mi ricordo perfettamente l'azione simbolica che il mio Re compì senza saperlo. Si avvicinò ad un muricciolo, mi mostrò dei fiorellini bianchi che crescevano su di esso simili a gigli in miniatura, poi ne prese uno e me lo dette, spiegandomi con quanta cura il buon Dio l'aveva fatto nascere e l'aveva custodito fino a quel giorno; ascoltando, io credevo di udire la storia mia, tanta era la somiglianza tra quello che Gesù aveva fatto per il mughetto umile e per la piccola Thresa. Ricevet­ti quel fiore come una reliquia, e vidi che, cogliendolo, Papà aveva divelto tutte le radici esili senza spezzarle; quasi affinché vivesse ancora in un'altra terra più fertile del muschio tenero nel quale erano trascorsi i suoi primi giorni. Era proprio questo medesimo atto che Papà aveva fatto per me qualche istante pri­ma, permettendomi di salire la montagna del Carmelo e lasciare la vallata dolce nella quale avevo mosso i primi passi. Posi il tenue calice bianco nella mia Imitazione, al capito­lo intitolato: «Che bisogna amare Gesù al disopra di tutto», ed è ancora li, soltanto lo stelo si è spezzato proprio in un pun­to vicino alla radice, e il buon Dio sembra voglia dire con ciò che romperà presto i legami del suo fiorellino, e non lo lascerà appassire sulla terra

144 - Dopo avere ottenuto il consenso di Papà, credevo di potere entrare senza timore al Carmelo, ma delle vicende molto dolorose dovevano ancora mettere alla prova la mia vocazione. Tremando confidai allo zio la risoluzione presa. Mi rispose con tutta la possibile tenerezza, ma non mi dette il consenso alla partenza, anzi, mi proibì di riparlargli di voca­zione prima di avere diciassette anni. Era contrario alla pru­denza umana - diceva - fare entrare nel Carmelo una bambina di quindici anni; la vita di carmelitana essendo agli occhi del mondo una vita da filosofi, si farebbe gran torto alla religione permettendo ad una fanciulla priva di esperienza di abbrac­aarla. Tutti ne parlerebbero, ecc. ecc. Disse perfino che per decidere lui a farmi partire sarebbe stato necessario un miraco­lo. Vidi bene che tutti i ragionamenti erano inutili, perciò mi ritirai, col cuore immerso nell'amarezza più profonda. Unica mia consolazione: la preghiera. Supplicavo Gesù di fare il miracolo richiesto, poiché soltanto a quel prezzo avrei potuto rispondere al suo appello. Passò un tempo assai lungo prima che osassi parlare nuovamente allo zio; mi costava sommamente andare da lui; da parte sua pareva ch'egli non pensasse più alla mia vocazio­ne, ma ho saputo più tardi che la mia grande tristezza gli fece una impressione profonda a mio favore. Prima di far splende­re sull'anima mia un raggio di speranza, piacque al Signore di mandarmi un martirio molto doloroso che durò tre giorni, Oh, mai ho capito tanto bene come durante quella prova, il dolore della Vergine Santissima e di san Giuseppe alla ricerca di Gesù Bambino. Ero in un deserto triste, o piuttosto l'anima mia era simile allo scafo fragile privo di nocchiero, in balìa della tempesta. Lo so, Gesù era presente, assopito nella mia barchetta, ma la notte era così nera che non potevo vederlo; niente m'illuminava, nemmeno un lampo che solcasse le nuvo­le oscure. Certo, è ben triste il bagliore dei lampi, ma almeno, se il temporale fosse scoppiato apertamente, avrei potuto forse intravedere Gesù per un attimo... invece, la notte, profonda notte dell'anima... Come Gesù nel giardino dell'agonia mi sen­tivo sola, non trovavo consolazione né in terra, né dalla parte del Cielo, pareva che il buon Dio mi avesse abbandonata! E pareva anche che la natura prendesse parte alla mia tristezza amara; durante quei tre giorni il sole non ebbe un raggio, e la pioggia cadde a torrenti. (Ho notato che, in tutte le circostan­ze gravi della mia vita, la natura era l'immagine dell'anima mia. Nei giorni di pianto, il Cielo piangeva con me, nei giorni di gioia, il sole splendeva e l'azzurro era puro). Finalmente il quarto giorno, un sabato, giorno consacrato alla dolce Regina dei Cieli, andai a trovare lo zio. Come rimasi sorpresa vedendo che mi guardava e mi faceva entrare nel suo studio senza che io gli avessi detto nulla! Cominciò col farmi dolci rimproveri perché avevo paura di lui, e poi mi disse: «Non è necessario chiedere un miracolo, ho soltanto pregato il Signore che mi dia "un semplice orientamento del cuore" e sono stato esaudito». Ah! io non fui più tentata di implorare un miracolo perché, secondo me, il miracolo era già concesso, lo zio non era più lui. Senza più alcuna allusione alla «pruden­za umana» mi disse: «Tu sei un fiorellino che Dio vuole cogliere, e io non mi oppongo più».

145 - Questa risposta definitiva era degna davvero di lui. Per la terza volta questo cristiano di altri tempi permetteva che una figlia adottiva del suo cuore andasse a seppellirsi lontana dal mondo. La zia fu mirabile anche lei per tenerezza e pru­denza; non ricordo che, durante la mia prova, ella abbia detto una sola parola tale da aumentarmi la sofferenza, vedevo inve­ce che aveva grande compassione della povera piccola Teresa, così, quand'ebbi ottenuto il consenso dello zio tanto caro, lei mi dette il suo, ma non senza mostrarmi in mille modi che la mia partenza l'avrebbe addolorata. Ahimè! i nostri cari parenti erano ben lungi da prevedere che avrebbero dovuto rinnovare per due volte ancora il medesimo sacrificio. Ma, tendendo la mano per chiedere sempre, il buon Dio non la presentò vuota: i suoi amici poterono attingere in abbondanza la forza e il coraggio necessari... Ma ecco il cuore che mi trascina lungi dal mio soggetto, ci ritorno quasi con rincrescimento: dopo la risposta dello zio, lei capisce, Madre, con quale allegrezza ripresi la via dei Buissonnets, sotto «il bel cielo, da cui le nubi si erano completamente dissipate!». Anche nell'anima mia la notte era finita. Gesù svegliandosi mi aveva ridato la gioia, il fragore delle ondate si era placato: invece del vento della pro­va, un soffio lieve gonfiava la mia vela e io credevo di arrivare ben presto alla riva benedetta che scorgevo tanto vicina. In realtà era vicina, ma più di un temporale doveva ancora sorgere e, offuscando la vista del faro, farmi temere di essermi allonta­nata, senza ritorno, dalla spiaggia ambita.

146 - Pochi giorni dopo avere ottenuto il consenso dello zio, venni a trovarla, Madre mia cara, e le dissi la mia gioia che tutte le prove fossero passate; ma quale sorpresa ebbi, e quale dolore, sapendo da lei che il Superiore non acconsen­tiva al mio ingresso prima dei miei ventun anni! Nessuno ave­va pensato a questa opposizione, più invincibile delle altre; tuttavia, senza perdermi di coraggio, andai io stessa con Papà e Celina da Nostro Padre, per cercare di commuoverlo, dimostrandogli che avevo, sì, la vocazione al Carmelo! Ci rice­vette molto freddamente; il mio Babbo ineguagliabile ebbe un bell'unire le sue istanze alle mie, niente poté mutare la sua disposizione. Mi disse che non c'erano pericoli nell'attesa, che potevo ben fare vita carmelitana nella mia casa, che se non avessi preso la disciplina niente si sarebbe perduto, ecc. ecc. e finì per aggiungere che egli era soltanto il delegato di Monsi­gnore e che, se Monsignore stesso avesse voluto permettermi di entrare nel Carmelo, lui non avrebbe avuto più nulla da dire... Uscii tutta in lacrime dalla canonica, fortunatamente ero nascosta sotto l'ombrello, perché la pioggia cadeva a torrenti. Papà non sapeva come consolarmi... Mi promise di condurmi a Bayeux appena lo desiderassi perché ero risoluta a raggiunge­re il mio scopo, e dissi che sarei andata perfino dal Santo Padre, se Monsignore non mi avesse permesso di entrare nel Carmelo a quindici anni.

147 - Molti eventi accaddero prima del mio viaggio a Bayeux; al di fuori la vita mia pareva la stessa, studiavo, prendevo lezioni di disegno con Celina, e la mia abile maestra mi attribuiva molta disposizione per quell'arte. Soprattutto crescevo nell'amore del buon Dio, sentivo nel mio cuore degli slanci sconosciuti fino allora, talvolta avevo dei veri impeti d'amore. Una sera, non sapendo come dire a Gesù che lo ama­vo, e quanto desideravo ch'egli fosse amato e glorificato dovunque, pensai con dolore ch'egli non avrebbe mai potuto ricevere un solo atto d'amore dall'inferno; allora dissi al buon Dio che, per fargli piacere, avrei acconsentito a vedermi sprofon­data là, affinché egli fosse amato eternamente in quel luogo di bestemmia... Sapevo che questo non avrebbe potuto glorificare Dio, poiché egli desidera la nostra felicità, ma, quando si ama, si prova il bisogno di dire mille follie; parlavo in quel modo, non già perché non avessi la brama del Cielo, ma allora il mio Cielo, proprio mio, non era altro che l'Amore, e sentivo come san Paolo che niente avrebbe potuto distaccarmi da Dio che mi aveva rapita.