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Sabato, 27 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Santa Zita ( Letture di oggi )

San Francesco di Sales:Non fidatevi dei vostri nemici spirituali, se vi lasciano in pace. Possono essere per qualche tempo scacciati, ma non uccisi e potrebbero ancora rinnovarvi una guerra più crudele.

LETTURE A CASO

Lc 18,1-43

1Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2"C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi". 6E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".

15Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16Allora Gesù li fece venire avanti e disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. 17In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà".

18Un notabile lo interrogò: "Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?". 19Gesù gli rispose: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. 20Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre". 21Costui disse: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza". 22Udito ciò, Gesù gli disse: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi". 23Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.

24Quando Gesù lo vide, disse: "Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. 25È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!". 26Quelli che ascoltavano dissero: "Allora chi potrà essere salvato?". 27Rispose: "Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio".

28Pietro allora disse: "Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito". 29Ed egli rispose: "In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà".

31Poi prese con sé i Dodici e disse loro: "Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà. 32Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi 33e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà". 34Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto.

35Mentre si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada. 36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. 37Gli risposero: "Passa Gesù il Nazareno!". 38Allora incominciò a gridare: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!". 39Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". 40Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò: 41"Che vuoi che io faccia per te?". Egli rispose: "Signore, che io riabbia la vista". 42E Gesù gli disse: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato". 43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 4, 12-23: Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa.

1 Cor 11,1-34

1Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

2Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. 3Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio. 4Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. 5Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. 6Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.

7L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. 8E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; 9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. 10Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. 11Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; 12come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. 13Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? 14Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, 15mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. 16Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.

17E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. 18Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. 19È necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. 20Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. 21Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. 22Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

23Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". 25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me". 26Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. 27Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. 28Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; 29perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. 30È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. 31Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; 32quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.

33Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. 34E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.


La Città di Dio: Libro IV - Imperialismo romano e politeismo: Felicità dea sovrana.

21. La menzogna e non la verità le rende dee. Sono doni del vero Dio e non dee in sé. Comunque se si hanno virtù e felicità, che altro si cerca? Che cosa basta a chi non bastano virtù e felicità? Infatti la virtù abbraccia tutto il bene che si deve compiere, la felicità tutto il bene che si deve conseguire. Giove era adorato perché le concedesse; e nel caso che siano un bene l'estensione e la durata del dominio, esse sono di competenza della felicità. Perché dunque non si è capito che sono un dono di Dio e non dee? Se comunque sono state considerate dee, per lo meno non si doveva cercare l'altra grande folla degli dèi. Tenuto conto delle mansioni di tutti gli dèi e dee, che i pagani hanno foggiato ad arbitrio secondo un loro pregiudizio, trovino se è possibile qualcosa che possa essere concesso da un dio a un individuo che ha la virtù, ha la felicità. Quale parte della cultura si poteva chiedere a Mercurio o a Minerva se la virtù le contiene tutte. La virtù fu definita dagli antichi anche arte del vivere moralmente. Hanno pensato pertanto che i Latini abbiano derivato il nome di arte dal termine greco che significa virtù. Ma se la virtù potesse essere concessa soltanto alla persona intelligente, che bisogno c'era del dio Cazio padre, che rendesse cauti, cioè avveduti, se questo lo poteva concedere anche Felicità? Nascere intelligenti è infatti della felicità; quindi, anche se la dea Felicità non poteva essere onorata da chi non era ancora nato affinché resa propizia gli concedesse questo favore, lo poteva accordare ai genitori che la onoravano perché nascessero loro figli intelligenti. Che bisogno c'era per le partorienti invocare Lucina, perché se le avesse assistite Felicità, non solo avrebbero partorito bene ma anche buoni figli? Che bisogno c'era di affidarli alla dea Opi mentre nascevano, al dio Vaticano quando vagivano, alla dea Cunina quando giacevano, alla dea Rumina quando poppavano, al dio Statilino quando stavano in piedi, alla dea Adeona quando entravano in casa, alla dea Abeona quando ne uscivano, alla dea Mente perché avessero una buona mente, al dio Volunno e alla dea Volunna perché volessero il bene, agli dèi nuziali perché si sposassero felicemente, agli dèi campestri e soprattutto alla ninfa Fruttisea perché avessero frutti abbondanti, a Marte e Bellona perché fossero buoni guerrieri, alla dea Vittoria perché vincessero, al dio Onore perché avessero onori, alla dea Pecunia perché fossero danarosi, al dio Bronzino e a suo figlio Argentino perché avessero monete di bronzo e di argento? Pensarono che Bronzino fosse padre di Argentino, perché la moneta di bronzo fu messa in circolazione prima di quella d'argento. Mi meraviglio che Argentino non desse alla luce Aurino perché in seguito venne anche la moneta aurea. Avrebbero preferito Aurino ad Argentino padre e a Bronzino nonno, come Giove a Saturno. Che bisogno c'era di onorare e invocare per i beni spirituali, fisiologici e materiali una così folta schiera di dèi? E neanche li ho ricordati tutti. I pagani stessi non hanno potuto provvedere tanti piccoli e particolari dèi per tutti i beni umani anche se passati in rassegna ad uno ad uno in particolare. In una grande e facile concentrazione poteva la sola dea Felicità accordarli tutti e non si sarebbe cercato un altro dio non solo per ottenere i beni ma anche per evitare i mali. Perché si doveva invocare la ninfa Fessonia per gli stanchi, la ninfa Pellonia per scacciare i nemici, come medico per gli ammalati, Apollo o Esculapio o tutti e due insieme se il pericolo era grande? Non si doveva invocare il dio Spiniese perché estirpasse le spine dai campi, né la dea Ruggine perché non assalisse il grano. Con la presenza e la protezione della sola dea Felicità o non sarebbero arrivati i malanni o sarebbero stati allontanati con estrema facilità. Infine poiché stiamo trattando di queste due dee, Virtù e Felicità, se la felicità è premio della virtù, non è dea ma un dono di Dio. Se invece è una dea, perché non dire che fa conseguire anche la virtù, dal momento che conseguire la virtù è grande felicità?

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: CONSIDERAZIONI SULL'UMANA MISERIA

Infelice sei, dovunque tu sia e dovunque tu ti volga, se non tendi a Dio. Perché ti turbi, se le cose non accadono come tu vuoi e desideri? Chi è che ha tutto secondo la propria volontà? Né io, né tu, né alcun altro sulla terra. Non c'è alcuno al mondo senza tribolazione o dispiacere, anche se sia Re o Papa. Chi sta meglio degli altri? Certamente, chi sa soffrire qualche cosa per amore di Dio. Molti, deboli di spirito ed imperfetti, vanno dicendo: Guarda come se la passa bene quell'uomo, quant'è ricco, com'è altolocato, com'è potente, com'è esaltato dagli uomini!

Tu, invece, leva il pensiero ai beni celesti e vedrai che tutti codesti beni temporali non valgono nulla, anzi sono pieni d'incertezze e molto gravosi, perché non si posseggono mai senza ansietà e timore. La felicità dell'uomo non consiste nell'avere abbondanza di beni temporali; gli basta, invece, una modesta quantità. La vera miseria è vivere qui sulla terra. Quanto più un uomo desidera essere spirituale, tanto più la presente vita gli diventa amara, perché sente meglio e vede più chiaramente le deficienze dell'umana natura corrotta.

Infatti, il mangiare, il bere, il vegliare, il dormire, il riposare, il lavorare, il soggiacere alle altre necessità naturali, sono davvero una grande miseria ed afflizione per l'uomo pio, il quale volentieri vorrebbe sentirsi sganciato e libero da quelle cose e puro da ogni colpa. L’uomo interiore, in verità, in questo mondo si sente molto oppresso dalle esigenze corporali. Perciò, il Profeta prega devotamente d'esserne liberato, dicendo: "Dalle mie necessità, o Signore, liberami Tu!" (Sal 24,17).

Ma guai a coloro che non conoscono la propria miseria; ed ancora più, guai a coloro che amano questa misera e corruttibile vita! infatti, alcuni s'attaccano ad essa tanto che, sebbene ricavino appena il necessario faticando o mendicando, non si curerebbero per nulla del Regno di Dio, se potessero vivere sempre quaggiù.Oh, stolti ed increduli di cuore, così sommersi profondamente nelle cose della terra, da non gustare se non i piaceri della carne! Ma quegl'infelici alla fine della vita, poi, s'accorgeranno per loro sventura quant'era vile e vano quello che amarono.

I Santi di Dio, invece, e tutti i devoti amici di Cristo non badarono ai piaceri della carne né a ciò che rese fiorente la vita mortale, mentre con tutta la loro speranza ed intenzione anelavano ai beni eterni. Tutto il loro desiderio s'innalzava alle cose durature ed invisibili, perché dall'amore di quelle visibili non fossero trascinati al fango. O fratello, non perdere la fiducia di poter progredire nella vita spirituale; ne hai ancora il tempo e l'ora. Perché vuoi differire il tuo buon profitto? Sorgi, mettiti subito, in questo momento, all'opera e di': Ora è il tempo d'agire, ora è il tempo di combattere, ora è il tempo opportuno per cambiare vita. Quando stai male e sei afflitto, allora è il tempo d'acquistare meriti.

Bisogna che tu passi per la prova del fuoco e dell'acqua, prima di giungere al luogo del refrigerio. Se non ti sarai fatta violenza, non potrai vincere una cattiva inclinazione. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti da colpa né vivere senza tedio e senza afflizione.

Ci piacerebbe vivere in un riposo immune da ogni miseria; ma, avendo con il peccato perduto l'innocenza, abbiamo perduto anche la vera felicità. Bisogna, perciò, avere pazienza ed attendere la misericordia di Dio, finché passi il tempo dell'iniquità (Sal. 56,2) e finché ciò che è in noi mortale venga assunto dalla vita immortale (2 Cor 5,4). Oh, quant'è grande la fragilità umana, sempre incline al male! Oggi tu confessi i tuoi peccati, e domani commetti nuovamente quegli stessi che hai confessato.

Ora fai il proponimento di stare guardingo, e un'ora dopo ti comporti come se nulla avessi promesso. Possiamo, dunque, ben a ragione umiliarci e non avere mai molta stima di noi: tanto fragili siamo ed incostanti! Si può anche perdere in un momento, per negligenza, ciò che a gran fatica eravamo riusciti finalmente ad acquistare con la grazia di Dio.

Che sarà di noi sul finire della vita, se già, così per tempo, ci lasciamo prendere dalla tiepidezza? Guai a noi, se vogliamo riposare così, come se fossimo già in stato di pace e di sicurezza, mentre nella nostra norma di vita non appare ancora un segno della vera santità! Avremmo davvero bisogno di ricominciare da capo, come buoni novizi, ad educarci all'acquisto delle virtù, ammesso che ci fosse ancora speranza d'emendarci in avvenire e di conseguire un maggiore profitto spirituale.