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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Ecco, questa idea è fantastica: la nostra povera vita è legata all'eternità. Il nostro tempo è un laboratorio della vita eterna. Scusate se vi parlo della morte mentre siamo appena all'inizio del nuovo anno, all'inizio del nostro viaggio. Eppure una parte di me non si sente a disagio, perché pensare alla morte migliora la vita spirituale e ci dà la possibilità di concentrarci sulle nostre priorità e mettere ordine nelle nostre abitudini. Pensare alla morte non è deprimente. Anzi è fonte di ispirazione. Il fatto che i miei giorni sono contati da Dio - qualunque sia la loro durata - infonde in me gratitudine e un senso di urgenza di fare sempre la Sua volontà. Pensare alla morte mi sprona di concentrarmi su ciò che è essenziale per vivere una vita sobria, serena, altruista. Molte persone dedicano i momenti migliori della vita a cercare potere, fama, ricchezza e successo rinunciando a piccole gioie quotidiane, che poi sono più belle. Di fronte alla morte, dove è la bellezza, dove è il successo, dove è la ricchezza, dove è l'arroganza? Di fronte alla morte non siamo che polvere.
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VITA DI S. GIUSEPPE SPOSO DI MARIA SS. - Di San Giovanni Bosco



Giuseppe



Capo I. Nascita di s. Giuseppe. Suo luogo nativo.

Ioseph, autem, cum esset iust.
S. Giuseppe era un uomo giusto. S. MATT. cap. 1, v. 19.


A due leghe circa da Gerusalemme sulla vetta d'un colle, il cui terreno rossastro è cosparso di oliveti, sorge una piccola città celebre per sempre a cagione della nascita del bambinello Gesù, la città di Betlemme, da cui la famiglia di Davidde traeva la sua origine. In questa piccola città circa l' anno del mondo 3950 nasceva colui che negli alti disegni di Dio doveva diventare il custode della verginità di Maria, ed il padre putativo del Salvatore degli uomini.

I genitori gli diedero il nome di Giuseppe che significa aumento, quasi per farci intendere, che egli fu accre sciuto dei doni di Dio e a dovizia ricolmato di tutte le virtù sin dalla nascita.

Due Evangelisti ci tramandarono la genealogia di Giuseppe. Suo padre aveva nome Giacobbe al dire di s. Matteo, e secondo s. Luca si chiamava Eli; ma la più comune e la più antica opinione si è quella che ci fu tramandata da Giulio Affricano che scrisse sullo scorcio del secondo secolo dell'era cristiana. Giusta quanto gli era stato riferito dai parenti stessi del Salvatore, egli ci dice che Giacobbe ed Eli erano fratelli e che Eli essendo morto senza figli, Giacobbe ne aveva sposata la vedova siccome era prescritto dalla legge di Mosè, e da questo matrimonio nacque Giuseppe.

Della stirpe reale di Davidde, discendenti da Zorobabele che ricondusse il popolo di Dio dalla cattività di Babilonia, i genitori di Giuseppe erano assai decaduti dall'antico splendore dei loro antenati in quanto all'agiatezza temporale. Se si pon mente alla tradizione, suo padre era un povero operaio che si guadagnava il cotidiano sostentamento col sudore della sua fronte. Ma Iddio che rimira non la gloria che si gode in faccia agli uomini, ma il merito della virtù agli occhi suoi, lo scelse per custode del Verbo disceso sopra la terra. D' altronde la professione di artigiano, che in se ha nulla di abbietto, era in grande onore presso il popolo d'Israele. Anzi ciascun Israelita era artigiano, imperocchè ogni padre di famiglia, qualunque fosse la sua fortuna e l'altezza del suo grado, era obbligato a far imparare un mestiere al figliuolo a meno che, diceva la legge, ne avesse voluto fare un ladro.

Ben poche cose noi sappiamo circa l'infanzia e la gioventù di Giuseppe. Nella stessa guisa che l'Indiano per trovare l'oro, che deve formare la sua fortuna, è obbligato a lavare la sabbia del fiume onde estrarne il prezioso metallo che non s'incontra se non in piccolissime particelle, così siamo noi costretti a cercare nel Vangelo quelle poche parole che qua e là ci lasciò sparse lo Spirito Santo intorno a Giuseppe. Ma come l'Indiano lavando il suo oro gli dà tutto il suo splendore, così riflettendo sulle parole del Vangelo noi troviamo appropriato a s. Giuseppe il più bello elogio che possa essere fatto di una creatura. Il santo libro si contenta di dirci che era un uomo giusto. Oh ammirabile parola che esprime da se sola ben più che intieri discorsi! Giuseppe era un uomo giusto ed in grazia di questa giustizia egli doveva esser giudicato degno del sublime ministero di padre putativo di Gesù.

I suoi pii genitori ebbero cura di educarlo alla pratica austera dei doveri della religione Giudaica. Conoscendo quanto la primitiva educazione influisca sull' avvenire dei figliuoli, si adoperarono di fargli amare e praticare la virtù appena la sua giovane intelligenza fu capace di apprezzarla. Del resto se è vero che la beltà morale si rifletta sull' esteriore, bastava dar uno sguardo alla cara persona di Giuseppe per leggere sui suoi lineamenti il candore dell' anima sua. Secondo ciò che ne tramandarono scrittori autorevoli[4] il suo viso, la sua fronte, i suoi occhi, l'insieme tutto del suo corpo spiravano la più dolce purità e lo facevano rassomigliare ad un angelo disceso sopra la terra.