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Giovedi, 25 aprile 2024 - Misteri luminosi - San Marco ( Letture di oggi )

Sant'Antonio di Padova:O felice quell'anima, in cui splende la bellezza di una coscienza serena e la confidenza d'una vita santa e la giocondità dell'amore fraterno.
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Vita di San Paolo apostolo di San Giovanni Bosco



San Paolo

Lettera di s. Paolo a Filemone. Anno di Gesù Cristo 62.

La lettera di s. Paolo a Filemone è la più facile e più breve delle altre lettere di questo s. Apostolo, e poichè per la bellezza dei sentimenti può servire di modello a qualsiasi cristiano, perciò si offre intera al benevolo lettore. È del tenore seguente:

«Paolo prigioniero per la fede di Gesù Cristo e Timoteo suo fratello al nostro caro Filemone, nostro cooperatore, ad Appia nostra sorella carissima, ad Archippo compagno delle nostre fatiche ed a tutti i fedeli che sogliono radunarsi in tua casa. Dio Padre e Gesù Cristo Signor nostro vi accordino la grazia e la pace.

Ricordandomi continuamente di te nelle mie orazioni, o Filemone, io rendo grazie al mio Dio nell'udire la tua fede e la tua grande carità verso di tutti i fedeli. Ringrazio pure Iddio nell'udire la liberalità proveniente dalla tua fede cotanto manifesta agli occhi di tutti, per le opere buone che si praticano nella vostra casa per amore di Gesù Cristo. Noi, o fratello carissimo, fummo ricolmi di allegrezza e di consolazione sapendo che i fedeli hanno trovato tanto sollievo dalla tua bontà. Quindi sebbene io possa prendermi in Gesù Cristo un'intera libertà di ordinarti una cosa che è di tuo dovere; pure atteso l'amore che ti porto, voglio piuttosto supplicarti, ancorchè io sia quale io sono a tuo riguardo, vale a dire, ancorchè io sia Paolo già vecchio e attualmente prigioniero per la fede di Gesù Cristo.

La preghiera che io ti fo è per Onesimo mio figliuolo da megenerato nelle mie catene, il quale altre volte ti fu inutile, ma che ora sarà utilissimo così a me come a te. Io te lo mando e ti prego di riceverlo come mie viscere. Aveva pensato di ritenerlo presso di me, affinchè esso mi prestasse qualche servigio in vece tua, trovandomi nelle catene che porto per amore del Vangelo; ma nulla ho voluto fare senza il tuo consenso, perchè desidero che il bene che li propongo sia pienamente volontario, non già sforzato. Egli forse è stato per qualche tempo separato da le affinchè tu lo riacquisti per sempre, e non lo riacquisti come semplice schiavo, ma come quello che di schiavo è divenuto uno dei prediletti nostri fratelli. Che se egli è caro a me, quanto non lo deve essere a te, appartenendoti e secondo il mondo e secondo il Signore.

Se dunque mi riguardi come strettamente unito con te, ricevilo come riceveresti me stesso. Se egli ti ha recato qualche danno o se ti è debitore di qualche cosa mettilo a mio conto. Io Paolo che ti scrivo di propria mano, io te la restituirò, per non dirti che tu mi sei debitore di te stesso. Sì, o fratello, mi aspetto di ricevere da te tal gioia nel Signore. Dammi questa sensibile consolazione a nome del Signore! Ti scrivo questo, appoggiato alla confidenza che ho in te, perchè sono persuaso di ottenere più che non dimando. Ti prego altresì di prepararmi un alloggio, perchè io spero che Dio pel merito delle vostre preghiere, mi restituirà un'altra volta a voi.

Epafra che è al par di me prigioniero per amor di Gesù Cristo ti saluta insieme con Marco, con Aristarco, con Dema, con Luca che sono i miei aiuti e i miei compagni. La grazia di Nostro Signor G C. sia col vostro spirito. Amen.» Fin qui la lettera.

Epafra di cui parla qui s. Paolo era stato da lui convertito alla fede, quando predicava nella Frigia. Divenuto poi Apostolo di sua patria fu creato vescovo di Colosso. Andò egli a Roma per visitare s. Paolo e fu posto con lui in prigione. Essendo poi stato messo in libertà ritornò a governare la sua chiesa di Colosso, dove finì la vita colla corona del martirio.

Marco, di cui qui si favella, è Giovanni Marco, che dopo aver faticato molto con s. Barnaba nella predicazione del Vangelo erasi dipoi unito a s. Paolo e così aveva lungamente riparata la debolezza dimostrata quando abbandonò s. Paolo e s. Barnaba per recarsi a casa.

Giunto Onesimo a Colosso si presentò colla lettera al suo padrone che lo accolse colla massima amorevolezza, contento di ricuperare non uno schiavo, ma un cristiano. Gli diede ampio perdono, e poichè dalla lettera del santo Apostolo aveva conosciuto che Onesimo avrebbegli potuto rendere qualche servigio, lo rimandò a lui con mille saluti e con mille benedizioni.

Questo servo si mostrò veramente fedele alla vocazione di cristiano. S. Paolo vedendolo adorno delle virtù e della scienza necessaria per fare un predicatore del Vangelo, lo ordinò prete e più tardi lo consacrò vescovo di Efeso. Egli riportò la corona del martirio e la Chiesa cattolica ne fa memoria il 16 febbraio.

Fonte: http://www.donboscosanto.eu/