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Giovedi, 28 marzo 2024 - Misteri luminosi - San Castore di Tarso ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Gesù, Giuseppe, Maria aiutatemi a salvare l’anima mia. Questi sono i tre nomi più terribili e più formidabili al demonio.
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Vita di San Paolo apostolo di San Giovanni Bosco



San Paolo

Paolo dinanzi al governatore Felice. - I suoi accusatori e la sua difesa. Anno di Cristo 59.

Il dì seguente Paolo giunse a Cesarea, e fu presentato al Governatore colla lettera del capitano Lisia. Letta la lettera, il Governatore tirò Paolo in disparte e inteso come egli era di Tarso, io, dissegli, ti ascolterò quando saranno giunti i tuoi accusatori. Intanto lo fece condurre nella prigione del suo palazzo.

I quaranta congiurati quando si videro fallito il colpo rimasero sbalorditi. Giova credere che senza badare al voto fatto siansi posti a mangiare e bere per continuare la loro trama. D'accordo e insieme col sommo sacerdote, coi seniori e con un certo Tertullo, che aveva fama di robusto oratore, partironsi alla volta di Cesarea, dove giunsero cinque giorni dopo l'arrivo di Paolo. Venuti tutti alla presenza del Governatore, Tertullo prese a parlare cosi contro di Paolo. Abbiamo trovato quest'uomo pestilenziale che suscita rivoluzioni fra gli Ebrei per tutto il mondo. Egli è il Capo della setta de' Nazarei. Costui ha altresì tentato di profanare il nostro tempio, e noi avendolo colto volevamo giudicarlo secondo la nostra legge; ma sopravvenendo il capitano Lisia ce lo cavò a viva forza dalle mani. Esso ordinò che gli accusatori di esso Paolo dovessero a te presentarsi. Ora noi siamo qui. Da lui medesimo, esaminandolo, potrai avere piena notizia dei delitti che noi gl'imputiamo. Quanto aveva asserito Tertullo fu tutto confermato dai Giudei che si trovavano presenti.

Paolo avuta permissione dal Governatore di rispondere prese a difendersi così: Poichè, ottimo Felice, da parecchi anni governi questo paese, tu sei certamente in grado di conoscere le cose qui avvenute. Perciò di buon grado intraprendo a giustificarmi davanti a te. Credo che ti sia noto non essere più di dodici giorni da che io venni a fare le mie divozioni in Gerusalemme. In questo breve spazio di tempo niuno certamente può dire di avermi tròvato nel tempio, o nelle sinagoghe o in altro luogo pubblico o privato a disputare con alcuno, o radunar gente, e tirarmi dietro concorso di popolo. Perciò essi non possono provare alcuna cosa di quanto asseriscono. Ma io ti posso assicurare che credo con essi ai profeti, alla legge di Mosè, alla risurrezione dei morti; perciò io servo a Dio Padre, e procuro sempre che la mia coscienza abbia nulla a rimproverarmi nè davanti a Dio, nè davanti agli uomini. Dopo molti anni di assenza io sono ritornato in Gerusalemme per portarvi le limosine altrove raccolte a favore dei poveri di questi paesi e per adempire alcuni miei voti. I Giudei mi trovarono nel tempio occupato in tali esercizi di pietà, purificato come comanda la legge senza radunar gente, nè cagionar tumulto. Quei che mi hanno trovato sono alcuni Giudei dell'Asia, i quali, se avevano qualche cosa a deporre contro di me, dovevano venir qui per accusarmi. Neppure quelli che sono qui presenti possono dire che io sia stato convinto di qualche colpa nel medesimo concilio: ad eccezione che vogliamo chiamare colpa l'aver detto che io credo alla risurrezione dei morti.» Fin qui Paolo.

I suoi accusatori rimasero confusi, e guardandosi l'un l'altro non trovavano parole da profferire. Il medesimo governatore, già inclinato a favore dei cristiani, sapeva come essi, ben lungi dall'essere uomini sediziosi, erano i più docili e i più fedeli fra i suoi sudditi. Ma non volle profferir sentenza e si riserbò di udirlo nuovamente quando il capitano Lisia fosse venuto da Gerusalemme a Cesarea. Frattanto comandò che Paolo fosse meglio trattato e sciolto dalle catene potesse essere visitato ed assistito da' suoi parenti e amici.

Qualche tempo dopo il Governatore forse per appagare sua moglie, che era Giudea, fece venire Paolo alla sua presenza per udirlo a parlare di religione. L'apostolo espose così al vivo le verità della fede, il rigore de giudizi che Dio sarà per fare degli empi nell'altra vita, che Felice spaventato e commosso: basta, disse, per ora. Ti ascolterò di nuovo a tempo più comodo. Diffatti fece più altre volte chiamare l'apostolo, ma non per istruirsi nella fede; bensì colla speranza di farsi dare qualche somma di danaro, onde lasciar il santo apostolo in libertà. Perciò sebbene egli conoscesse l'innocenza di Paolo, nulladimeno lo fece tener due anni prigione in Cesarea. - Cosi fanno quei cristiani che o per temporal guadagno, o per piacere agli uomini vendono la giustizia, e violano i più sacri doveri della coscienza e della religione.

Fonte: http://www.donboscosanto.eu/