Santo Rosario on line

Sabato, 20 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Mi ricordo che essendo io ragazzino, mia madre mi mandò a l'accogliere le ova nel pollaio: uscendo non badai alla porticina, e percossi d'una forte capata, sicchè più giorni portai l'ammaccatura. Omobono mi disse: Tientela a mente per sapere poi nel mondo alzarli e abbassarli a tempo. Un altro di, volendo varcare un fossatello troppo largo, vi cascai. Egli dopo che m'ebbe tratto fuori, rasciutto e consolato, mi disse: Da qui innanzi ti ricorda sempre di far il passo secondo la gamba. Mio fratello aveva avuto in regalo una pianta di limone, e vedendola carica di fiori, li colse e ne fece un mazzolino che mostrava a tutti, che a tutti facea annasare. Ma venne l'estate, e il limone di mio fratello non portò verun frutto, ond' egli se ne lamentava. Omobono gli disse: Figlimi mio, chi vuol aver frutti non colga tutti i fiori.
font

Vita di San Paolo apostolo di San Giovanni Bosco



San Paolo

S. Paolo ritorna a Filippi - Seconda lettera ai fedeli di Corinto - Va in questa città - Lettera ai Romani - Sua predica prolungata in Troade - risuscita un morto. - Anno di Cristo 58.

Prima di partire da Efeso, Paolo convocò i discepoli e fatta loro una paterna esortazione li abbracciò teneramente, indi si pose in viaggio verso la Macedonia. Desiderava di fermarsi qualche tempo a Troade, ove sperava pure di incontrar il suo discepolo Tito; ma non avendolo trovato, mosso dal desiderio di presto intendere da lui lo stato della Chiesa di Corinto, partì da Troade, attraversò l'Ellesponto, che oggidì chiamasi stretto dei Dardanelli e passò nella Macedonia, ove dovette molto patire per la fede.

Ma Dio gli preparò una grande consolazione coll'arrivo di Tito che lo raggiunse nella città di Filippi. Quel discepolo espose al santo Apostolo come la sua letterà aveva prodotto salutari effetti tra i Cristiani di Corinto, che il nome di Paolo era carissimo a tutti e che ognuno ardeva del desiderio di presto vederlo.

Per dare in certa maniera sfogo ai paterni sentimenti del suo cuore l'Apostolo scrisse da Filippi una seconda lettera nella quale si dimostra tutta tenerezza verso di quelli che si conservavano fedeli, e riprende alcuni che cercavano di pervertire la dottrina di Gesù Cristo. Avendo poi inteso che quel giovane, scomunicato nella sua prima lettera, si era sinceramente convertito, anzi udendo da Tito che il dolore lo aveva quasi spinto alla disperazione, il santo Apostolo raccomandò di usargli riguardo, lo assolvette dalla scomunica, e lo restituì alla comunione dei fedeli. Colla lettera raccomandò molte cose a viva voce da comunicarsi per mezzo di Tito che ne era il portatore. Accompagnarono Tito in questo viaggio altri discepoli tra i quali s. Luca da alcuni anni Vescovo di Filippi. S. Paolo consacrò s. Epafrodito Vescovo per quella città e così s. Luca divenne nuovamente compagno del Santo suo maestro nelle fatiche dell'Apostolato.

Dalla Macedonia Paolo si porto a Corinto, dove ordinò quanto riguardava la celebrazione dei santi misteri, siccome aveva promesso nella sua prima lettera, il che si deve intendere di quei riti che in tutte le Chiese comunemente si osservano, come sarebbe il digiuno prima della Santa Comunione ed altre cose simili che riguardano l'amministrazione dei Sacramenti.

L'Apostolo passò l'inverno in questa città adoperandosi a consolare i suoi figliuoli in Gesù Cristo, che non si saziavano di ascoltarlo e di ammirare in lui un zelante pastore ed un tenero padre.

Da Corinto estese pure le sue sollecitudini ad altri popoli e specialmente ai Romani già convertiti alla fede da s. Pietro con molti anni di fatiche e di patimenti. Aquila con altri suoi amici, avendo inteso che era cessata la persecuzione, eransi di nuovo recati a Roma. Paolo seppe da loro, che in quella metropoli dell'impero erano insorte dissensioni tra Gentili ed Ebrei. I Gentili rimproveravano gli Ebrei perchè non avevano corrisposto ai benefizi ricevuti da Dio, avendo ingratamente messo in croce il Salvatore; gli Ebrei dal loro canto facevano rimproveri ai Gentili perche avevano seguito l'idolatria e venerate le più infami divinita. Il santo Apostolo scrisse la sua famosa lettera ad Romanos tutta piena di sublimi argomenti che egli tratta con quell'acutezza d'ingegno, che è propria di un uomo dotto e santo e che scrive inspirato da Dio. Non è possibile di abbreviarla senza pericolo di variarne il senso. Essa è la più lunga, la più elegante di tutte le altre e più piena di erudizione. Ti esorto, o lettore, di leggerla attentamente, ma colle debite interpretazioni che soglionsi unire alla volgata. Essa è la sesta lettera di s. Paolo e fu scritta dalla città di Corinto l'anno cinquantesimo ottavo di Gesù Cristo. Ma pel grande rispetto, che in ogni tempo si ebbe per la dignità della Chiesa di Roma, è annoverata la prima tra le quattordici lettere di questo s. Apostolo. In questa lettera s. Paolo non parla di s. Pietro perchè esso era occupato nella fondazione di altre chiese. Essa era portata da una diaconessa ovvero monaca di nome Feba, che l'Apostolo raccomanda molto presso ai fratelli di Roma.

Volendo s. Paolo partire da Corinto per avviarsi a Gerusalemme venne a sapere che gli Ebrei studiavano di tendergli insidie nel cammino; perciò, in luogo di imbarcarsi nel Porto Cencreo per Gerusalemme, Paolo tornò indietro e continuò il viaggio per la Macedonia. Lo accompagnarono Sosipatro figliuolo di Pirro di Berea; Aristarco e Secondo di Tessalonica, Caio di Derbe, e Timoteo di Listri, Tichico e Trofimo di Asia. Costoro vennero in compagnia di lui fino a Filippi, dipoi, ad eccezione di Luca, passarono a Troade con ordine di aspettarlo colà mentre egli sarebbesi trattenuto in questa città fin dopo le feste pasquali. Passata questa solennità Paolo e Luca in cinque giorni di navigazione giunsero a Troade e vi si fermarono sette giorni.

Accadde che la vigilia della partenza di Paolo, era primo giorno della settimana, cioè giorno di Domenica, in cui i fedeli solevano radunarsi per ascoltare la parola di Dio ed assistere ai divini sacrifizi. Fra le altre cose facevano lo spezzamento del pane, cioè celebravano la Santa Messa, a cui partecipavano i fedeli ricevendo il corpo del Signore sotto alla specie del pane. Fin d' allora la Messa giudicavasi l' alto più sacro e più solenne per la santificazione del giorno festivo.

Paolo, che era per partire all'indomani, prolungò il discorso a notte alquanto avanzata e per illuminare il cenacolo erano state accese molte lampade. Il giorno di Domenica, l'ora notturna, il cenacolo nel terzo piano della casa, le molte, lampade accese attrassero immensa folla di gente. Mentre tutti erano intenti al ragionamento di Paolo, un giovanetto di nome Eutico, o per desiderio di vedere l'Apostolo o per poterlo meglio ascoltare era montalo sopra una finestra e si assise sul davanzale. Óra sia pel caldo che ivi faceva; sia per l'ora tarda o forse per la stanchezza, fatto sta che quel giovanetto si addormentò; e nel sonno abbandonandosi al peso del proprio corpo cadde giù sul lastrico della pubblica strada. Si ode un lamento a risuonare per l'assemblea; corrono e trovano il giovane senza vita.

Paolo discende subito a basso, e postosi colla persona sopra il cadavere, lo benedice, lo abbraccia e col suo fiato o piuttosto colla viva fede in Dio lo restituisce a nuova vita. Operato questo miracolo, senza badare agli applausi che da tutte parti si facevano, egli montò di nuovo nel cenacolo e continuò a predicare fino a giorno.

La grande sollecitudine dei fedeli di Troade per assistere alle sacre funzioni deve servire di eccitamento a tutti i Cristiani a santificare i giorni festivi con opere di pietà, specialmente coll'udire divotamente la Santa Messa e coll'ascoltare la parola di Dio anche con qualche incomodo.

Fonte: http://www.donboscosanto.eu/