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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

Massime di perfezione cristiana: Senza la grazia di Dio è più difficile porre freno alla lingua che domare una belva.

LETTURE A CASO

Mc 4,1-41

1Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. 2Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3"Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; 6ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. 7Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno". 9E diceva: "Chi ha orecchi per intendere intenda!".

10Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: 11"A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, 12perché:

guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato
".

13Continuò dicendo loro: "Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? 14Il seminatore semina la parola. 15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. 16Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. 18Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, 19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.20Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno".

21Diceva loro: "Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere? 22Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per intendere, intenda!".

24Diceva loro: "Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. 25Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha".

26Diceva: "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. 28Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura".

30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; 32ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra".

33Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

35In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". 36E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che moriamo?". 39Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?". 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 5,1-12a Beati i poveri in spirito.

Gc 5,1-20

1E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! 2Le vostre ricchezze sono imputridite, 3le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! 4Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti. 5Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage. 6Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.

7Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera. 8Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. 9Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. 10Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. 11Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.

12Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro "sì" sia sì, e il vostro "no" no, per non incorrere nella condanna.

13Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi. 14Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. 15E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. 16Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. 17Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. 19Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, 20costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.


La Città di Dio: Libro II - Immoralità del politeismo: Ingiustizia romana contro i Sabini, Collatino e Camillo.

17. Ma forse non sono state stabilite dalle divinità leggi per il popolo romano, perché, come dice Sallustio, il diritto e la morale presso di loro non avevano efficacia in virtù delle leggi ma della natura 30? Da tale diritto e morale suppongo che derivi il ratto delle Sabine. Che cosa di più giuridico e morale che le figlie di altri, richiamate col pretesto di uno spettacolo, non fossero date in matrimonio dai genitori ma prese con la violenza ad arbitrio di chi voleva? Se i Sabini agivano contro il diritto nel rifiutare le fanciulle richieste, molto più contro il diritto era rapirle senza che fossero date in matrimonio. Era più giusto far guerra con una popolazione che aveva rifiutato a corregionali e confinanti le proprie figlie chieste come mogli che con una popolazione che le richiedeva perché rapite. Era preferibile che avvenisse una guerra simile. Allora Marte avrebbe aiutato il figlio che combatteva per vendicare con le armi il rifiuto delle unioni coniugali e avere così le donne che desiderava. Come vincitore poteva forse giustamente per diritto in tempo di guerra prendere le fanciulle che gli erano state negate ingiustamente, ma senza alcun diritto rapì in tempo di pace le fanciulle rifiutate e condusse una guerra ingiusta contro i loro genitori giustamente indignati. Ma il fatto si verificò con un risultato favorevole. Infatti sebbene a ricordo di quell'inganno si perpetuò lo spettacolo dei giochi del circo, non piacque nella città e nei popoli dominati l'esempio di quel crimine. I Romani dunque hanno sbagliato piuttosto nel divinizzare Romolo dopo quella ingiustizia che nel concedere con qualche legge o usanza d'imitarne l'esempio nel rapire donne. In base a questo diritto e morale, dopo l'espulsione del re Tarquinio e figli, dato che un suo figlio aveva violentato Lucrezia, il console Giunio Bruto costrinse a rinunciare alla carica e fece esiliare, a causa del nome e parentela con i Tarquini, il marito della stessa Lucrezia e suo collega Lucio Tarquinio Collatino, uomo moralmente incolpevole. E commise questo delitto col favore o per lo meno con la tolleranza del popolo, sebbene proprio dal popolo Collatino e lo stesso Bruto avessero ricevuto il consolato. Di questo diritto e morale fu vittima anche Marco Camillo, l'uomo più grande di quel tempo. Egli sconfisse con molta bravura i Veienti, nemici temibili del popolo romano e occupò la loro città ricchissima dopo una guerra durata dieci anni, durante la quale l'esercito romano per errori di strategia era stato più volte gravemente battuto, quando già Roma trepidava nell'incertezza di scampare. Eppure fu chiamato in giudizio per l'invidia dei denigratori del suo valore e per l'impertinenza dei tribuni della plebe. Capì l'ingratitudine della città che aveva salvata al punto che certo della condanna andò in volontario esilio e fu anche condannato in contumacia all'ammenda di diecimila assi di rame. Poco dopo avrebbe di nuovo salvato l'ingrata patria dai Galli. Non mi va di addurre altri fatti immorali e ingiusti, da cui era messo in subbuglio lo Stato quando i patrizi tentavano di sottomettere la plebe e questa rifiutava di sottomettersi e i fautori dell'uno e dell'altro partito agivano per amore di dominare senza pensare affatto al giusto e all'onesto.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: L'UOMO CHE AMA IL BENE E LA PACE

Conserva, anzitutto, te stesso nella pace, e solo allora potrai mettere pace fra gli altri. L’uomo che promuove la pace è più utile che uno molto dotto. Luomo turbato dalla passione volge anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto. Chi, invece, è veramente buono e pacifico sa volgere tutto al bene.Chi è pienamente nella pace non sospetta di nessuno; al contrario, chi è scontento e sconvolto è agitato da vari sospetti; non è tranquillo lui e non lascia tranquilli gli altri. Dice spesso quello che non dovrebbe dire ed omette di fare ciò che più gli converrebbe di fare. Fa attenzione a quello che sono tenuti a fare gli altri, e trascura quello che è tenuto a fare lui. Sii, dunque, zelante prima con te stesso, e potrai poi esserlo giustamente anche con gli altri.

Tu, che sai trovare abilmente giustificazioni per quello che fai e sai metterlo in bella luce, non vuoi accettare, però, le giustificazioni degli altri. Sarebbe, invece, più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta anche tu gli altri. Vedi quanto sei lontano ancora dalla vera carità ed umiltà, che non conoscono irritazione o sdegno contro alcuno, se non contro di sé. Non ci vuole molto a vivere in armonia con persone mansuete e miti; questo, naturalmente, fa piacere a tutti, ed ognuno sta volentieri in pace ed ama di più quelli che condividono i suoi sentimenti. Invece, è grande grazia e comportamento altamente lodevole, è azione coraggiosa l'essere capaci di vivere in pace con le persone ostinate, cattive o indisciplinate o con quelle che ci contrariano. Ci sono taluni che custodiscono la pace in se stessi e la mantengono anche con gli altri.

Ci sono, invece, taluni che non hanno, essi, la pace e non lasciano in pace gli altri: sono di peso al prossimo, ma lo sono ancora di più, sempre, a se stessi. Ci sono ancora taluni che, sapendo conservare se stessi in pace, cercano di ricondurre anche gli altri alla pace. Eppure, in questa miserabile vita tutta la nostra pace deve avere il suo fondamento più nell'umile sofferenza, che nell'essere esenti da contrarietà. Chi sa meglio sopportare avrà maggiore pace. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, costui è l'amico di Cristo e l'erede del Cielo.