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Giovedi, 28 marzo 2024 - Misteri luminosi - San Castore di Tarso ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Da quando Gesù ha insegnato agli apostoli questa meravigliosa preghiera di Padre Nostro, non devi più romperti la testa per cercare nuove formule: essa è sempre alla tua portata e non devi più cercare altra materia per la tua preghiera. Nessuna preghiera è più gradita al Padre di questa. E se continui a recitarla con fede e amore, si formerà in te un cuore di figlio, e sarai più preoccupato per la gloria del Padre che dei tuoi interessi e dei tuoi bisogni. Possa lo Spirito Santo animare in te questa preghiera per interiorizzarla sempre di più e farla tua.

LETTURE A CASO

Mc 15,1-47

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. 2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". 3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. 4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!". 5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.

6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. 7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. 8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. 9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?". 10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. 12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?". 13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!". 14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!". 15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. 17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. 18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!". 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. 20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. 22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, 23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 28.

29I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!". 31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!". 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce". 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.

39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome, 41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. 47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Gv 10, 1-10: Io sono la porta delle pecore.

2 Cor 10,1-18

1Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io davanti a voi così meschino, ma di lontano così animoso con voi; 2vi supplico di far in modo che non avvenga che io debba mostrare, quando sarò tra voi, quell'energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni che pensano che noi camminiamo secondo la carne. 3In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, 4ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, 5distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all'obbedienza al Cristo. 6Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.

7Guardate le cose bene in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che se lui è di Cristo lo siamo anche noi. 8In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò proprio da vergognarmene. 9Non sembri che io vi voglia spaventare con le lettere! 10Perché "le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa". 11Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza.

12Certo noi non abbiamo l'audacia di uguagliarci o paragonarci ad alcuni di quelli che si raccomandano da sé; ma mentre si misurano su di sé e si paragonano con se stessi, mancano di intelligenza. 13Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la norma della misura che Dio ci ha assegnato, sì da poter arrivare fino a voi; 14né ci innalziamo in maniera indebita, come se non fossimo arrivati fino a voi, perché fino a voi siamo giunti col vangelo di Cristo. 15né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancora nella vostra considerazione, secondo la nostra misura, 16per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci alla maniera degli altri delle cose già fatte da altri.

17Pertanto chi si vanta, si vanti nel Signore; 18perché non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda.


La Città di Dio: Libro III - La storia di Roma in una visione critica: La guerra come mezzo del potere in Roma.

10. Rispondono forse che l'impero romano non si potrebbe incrementare da ogni parte ed essere celebrato con sì grande gloria se non mediante continue guerre che si succedono ininterrottamente? Bella giustificazione! Per essere grande, perché l'impero dovrebbe essere senza pace? Non è forse preferibile nella fisiologia umana avere una piccola statura con buona salute che giungere a una mole gigantesca con continue disfunzioni e, una volta che l'hai raggiunta, non esser sano ma essere afflitto da malattie tanto più grandi quanto più grandi sono le membra? Cosa ci sarebbe di male e non piuttosto molto di bene se persistessero i tempi antichi? Sallustio li ha compendiati con queste parole: Dunque all'inizio i re (questa dapprima fu nella regione la denominazione del potere) furono diversi; alcuni esercitavano la mente, altri il corpo; allora la vita umana si menava senza desiderio smodato; a ciascuno bastavano le proprie cose 19. Forse perché si allargasse un dominio tanto esteso doveva avvenire ciò che Virgilio denunzia? Egli dice: Fino a che un po' alla volta sopravvennero un periodo deteriore e degenere, la violenza della guerra e l'amore del possedere. Ma, dicono, i Romani hanno una giustificazione per le grandi guerre intraprese e condotte a termine, giacché li costringeva a resistere ai nemici che li aggredivano con la violenza non il desiderio smodato della lode umana ma la necessità di difendere la sopravvivenza e la libertà. E sia pure così. Infatti dopo che la società, come scrive lo stesso Sallustio, rafforzatasi con le leggi, le istituzioni e i possedimenti sembrava abbastanza prospera e abbastanza fiorente, come avviene per la maggior parte delle cose umane, dalla ricchezza sorse l'invidia. Quindi i re e i popoli vicini cominciarono ad attaccare con la guerra; pochi fra gli amici erano di aiuto, poiché i più per paura si tenevano lontani dai pericoli. Ma i Romani attivi in pace e in guerra si affaccendavano, preparavano, si esortavano a vicenda, fronteggiavano i nemici, difendevano con le armi la libertà, la patria, la famiglia. Poi appena avevano con il valore allontanato i pericoli, portavano aiuto agli amici alleati e si cattivavano le amicizie più col fare che col ricevere i favori. Roma si accrebbe convenientemente mediante questa tecnica. Ma sotto il regno di Numa i nemici aggredivano egualmente e attaccavano con la guerra perché si avesse una pace così lunga, ovvero non si compiva alcuna azione militare perché la pace potesse continuare? Se infatti anche in quel tempo Roma era provocata con guerre e non si resisteva alle armi con le armi, i sistemi usati per tenere quieti i nemici, sebbene non sconfitti in combattimento e non atterriti dalla violenza di Marte, si dovevano usare per sempre e Roma avrebbe dominato sempre tranquilla con le porte di Giano chiuse. Che se questo stato di cose non fu in suo potere, dunque Roma non ebbe la pace fino a che lo vollero i suoi dèi ma fino a che lo vollero i circonvicini che non li attaccarono con la guerra; a meno che simili dèi non si arroghino di vendere a un uomo ciò che un altro ha voluto o non voluto. Importa infatti fino a qual punto sia concesso a questi demoni di atterrire o stimolare le cattive volontà con la propria perversità. Se sempre lo potessero e per un occulto superiore potere non si avesse, in opposizione al loro tentativo, un effetto diverso, avrebbero sempre in loro potere le paci e le vittorie militari che quasi sempre avvengono mediante determinazioni dell'animo umano. Tuttavia che questi fatti avvengono contro le disposizioni degli uomini lo ammettono non solo le favole che falsano molte cose e indicano o significano appena qualche cosa di vero, ma anche la stessa storia romana.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: LA PUREZZA DEL CUORE E LA SEMPLICITÀ DELL'INTENZIONE

Due sono le ali con cui l'uomo si solleva dalle cose terrene: la semplicità e la purezza. La semplicità deve essere nell'intenzione, la purezza nell'affetto. La semplicità mira a Dio, la purezza giunge a possederLo e a gustarLo.Nessuna buona azione ti sarà dfficile, se interiormente sarai libero da affetti disordinati. Godrai d'una grande libertà interiore, se non ti proponi e non cerchi altro che la Volontà di Dio ed il bene del prossimo. Se il tuo cuore fosse retto, ogni cosa creata sarebbe per te uno specchio di vita ed un libro di santi insegnamenti. Non c'è creatura così piccola e di poco valore, che non riveli la bontà di Dio. Se tu fossi buono e puro interiormente, vedresti tutto senza abbaglio e lo comprenderesti appieno.

Il cuore puro penetra il Cielo e l'Inferno. Come ognuno è dentro di sé, così giudica le cose esteriori. Se c'è una gioia sulla terra, certamente la prova l'uomo puro di cuore. Se, invece, in qualche luogo ci sono tribolazioni ed affanni, questi sono sentiti più intensamente da chi ha una cattiva coscienza. Come il ferro, messo nel fuoco, perde la ruggine e si fa tutto incandescente, così l'uomo, che si converte totalmente a Dio, si spoglia del suo torpore e si trasforma in uomo nuovo.

Ma quando l'uomo comincia a lasciarsi prendere dalla tiepidezza spirituale, allora teme anche una piccola fatica ed accoglie con piacere il conforto che gli viene dal di fuori. Al contrario, quando comincia a vincere completamente se stesso e a procedere da forte sulla via di Dio, allora fa meno conto di quello che prima avvertiva più gravoso.