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Sabato, 20 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Abbiamo bisogno dell'infinito, e l'infinito si scorge nella fede. Uno studioso, un teologo, con tutti i suoi ragionamenti e le sue teorie ne sa meno di un umile contadino al quale basta sapere di dover credere per immergersi nella luce della verità. Lo studioso si chiude in orizzonti limitati, invece l'uomo di fede si muove in un'immensita' senza limiti. Quello che si sente e si vive vale di più di quello che si studia. Abbiamo bisogno di Dio e del Suo amore. Dio non ci tratta dall'alto in basso, ma come un padre affettuoso con infinita tenerezza scende fino a noi per abbracciarci. Un padre, che provvede tutto per la famiglia, non deve rendere conto ai suoi bambini di quello che fa: se lo facesse li renderebbe infelici e toglierebbe loro la serena spensieratezza dell'infanzia. Il padre stringe al petto i suoi piccoli e li avvolge d'affetto. Basta questo per renderli felici e per far nascere in loro la piena fiducia in lui.

LETTURE A CASO

Gv 17,1-26

1Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: "Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. 2Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.

6Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.

12Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.

24Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.

25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mc 1, 21-28: Insegnava loro come uno che ha autorità.

At 27,1-44

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta. 2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica. 3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure. 4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari 5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia. 6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo. 7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne, 8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo: 10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite". 11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo. 12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.

13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta. 14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone". 15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva. 16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa; 17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva. 18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico; 19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave. 20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.

21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno. 22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave. 23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo, 24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione. 25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato. 26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".

27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava. 28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia. 29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno. 30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati: 31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo". 32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.

33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla. 34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto". 35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare. 36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo. 37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone. 38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.

39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa. 40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia. 41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde. 42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto, 43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra; 44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


La Città di Dio: Libro IV - Imperialismo romano e politeismo: Felicità non rende felice Roma.

23. 2. E poi com'è che il dominio di Roma cresceva grandemente e ancora non si adorava Felicità? Forse perché fu un dominio più grande che felice? Ma come poteva esserci in esso una vera felicità, dato che non c'era la vera religione? La religione è infatti il culto veritiero di un Dio vero, non il culto di tanti falsi dèi quanti sono i demoni. Ma anche dopo che Felicità fu inserita nel numero degli dèi, seguì la grande infelicità delle guerre civili. O forse Felicità si è giustamente arrabbiata perché è stata invitata tanto tardi e non per trattamento di onore ma di oltraggio, dato che con essa erano onorati Priapo, Cloacina, Pavore, Pallore e Febbre e gli altri che non erano divinità da adorarsi ma malanni degli adoratori?

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: SUBLIME DIGNITÀ DEL SACRAMENTO E DELLA CONDIZIONE SACERDOTALE

PAROLE DELL'AMATO
Anche se tu avessi la purezza degli Angeli e la santità di Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere od anche soltanto di toccare questo Sacramento. Non è infatti, dovuto ai meriti degli uomini che si consacri e si amministri il Sacramento di Cristo e si possa prendere come cibo il pane degli Angeli. Sublime mistero e sublime dignità dei Sacerdoti, ai quali è stato concesso quello che non è stato concesso agli Angeli! Infatti, soltanto i Sacerdoti, regolarmente ordinati nella Chiesa, hanno la facoltà di celebrare e consacrare il Corpo di Cristo. Ministro di Dio è, sì, il Sacerdote, che si vale della parola di Dio per comando ed istituzione di Dio; ma, nel Sacramento l'autore principale e l'operatore invisibile è Dio, alla cui volontà tutto è sottoposto ed al cui comando tutto ubbidisce.

In questo eccelso Sacramento tu devi, dunque, credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile. E perciò, ti devi accingere all'azione sacrificale con timore e riverenza. Rifletti su te stesso, o Sacerdote di Dio, e considera bene di chi sei stato fatto ministro con l'imposizione delle mani del Vescovo. Ecco, sei stato fatto Sacerdote e consacrato per celebrare; guarda, ora, di offrire il Sacrificio a Dio al tempo conveniente, con fede e raccoglimento; guarda che la tua condotta sia irreprensibile.

Non hai, con questo, alleggerito il tuo carico; anzi, sei ormai legato con un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto ad una maggiore perfezione di santità. Il Sacerdote deve essere adorno di tutte le virtù e deve dare agli altri esempio di vita santa. Egli non tiene conversazione con le masse e secondo i modi comuni della gente, ma con gli Angeli, in Cielo, o con le persone sante, in terra. Il Sacerdote, rivestito dei sacri paramenti, fà le veci di Cristo, per poter supplicare e pregare con umiltà per sé e per tutto il popolo.

Egli porta sul petto e dietro le spalle il segno della Croce del Signore, per ricordarsi di continuo della Passione di Cristo. Davanti, sulla casula, porta la Croce, per osservare attentamente le orme di Cristo e per cercare di seguirle con fervore. Sul dorso, pure, è segnato con la Croce, perché sappia sopportare pazientemente, per amore di Dio, qualsiasi contrarietà che gli venga dagli altri.

Porta, davanti, la Croce, per piangere i peccati suoi; dietro, per piangere pietosamente anche le colpe commesse dagli altri e per sapere che è stato costituito mediatore fra Dio ed il peccatore; E perché non illanguidisca nella preghiera e nell'offerta del Santo Sacrificio, finché non meriti d'ottenere grazia e misericordia. Quando il Sacerdote celebra, dà onore a Dio, letizia agli Angeli, edificazione alla Chiesa, aiuto ai vivi, pace ai defunti, e rende se stesso partecipe di tutti i benefici celesti.