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CAPITOLO 9

Maria santissima viene a conoscere che Lucifero si rialza per perseguitare la Chiesa e opera contro di lui a difesa dei fedeli.

 

135. La grande Signora dell'universo, collocata nel su­premo grado della grazia e della santità possibile a una sem­plice creatura, mirava con gli occhi della sua conoscenza divina il piccolo gregge dei credenti, che si moltiplicava con­tinuamente. Con la vigilanza di una madre e di un pastore, dall'elevato monte su cui l'aveva posta la destra del suo Uni­genito onnipotente, controllava e indagava se sulle sue pe­corelle incombessero pericoli o insidie dei voraci lupi infer­nali, dei quali le era noto l'odio contro di esse. Custodita da lei, Regina della luce, la famiglia che aveva accettato come sua e che stimava eredità e porzione di Gesù, eletta dall'Al­tissimo tra tutti, era ben protetta. Per alcuni giorni, la na­vicella della Chiesa avanzò felicemente, governata sia con i consigli e gli ammonimenti che le dava sia con le suppliche che incessantemente innalzava per essa, attendendo senza perdere alcuna occasione a quanto era necessario a questo fine e per la consolazione dei Dodici e degli altri.

136. Poco dopo la discesa dello Spirito ella, rinnovan­do tali preghiere, disse: «Figlio mio e Dio d'amore, so che il vostro gregge, del quale mi avete fatto madre e difesa, non vale meno dell'infinito prezzo del vostro sangue, con il quale l'avete riscattato dal potere delle tenebre. Dunque, è giusto che io vi doni ancora la mia vita e tutto quello che sono, per la conservazione e la crescita di ciò che è tanto prezioso nel vostro beneplacito. Mio sovrano, che io muoia se sarà necessario, affinché il vostro nome sia ma­gnificato e la vostra gloria si dilati ovunque. Gradite il sa­crificio delle mie labbra e del mio volere, che vi offro in­sieme ai vostri stessi meriti. Posate con pietà lo sguardo sui devoti, accompagnate quanti solo in voi sperano e si abbandonano alla vera fede. Guidate Pietro, vostro vicario, così che possa dirigere con prudenza e saggezza le peco­relle che gli avete affidato. Volgetevi con benevolenza ver­so gli apostoli, vostri ministri e miei signori: andate in­contro ad essi con le benedizioni della vostra dolcezza, perché tutti noi possiamo compiere la vostra volontà».

137. Alle sue domande, sua Maestà rispose: «Sposa e di­letta mia, scelta tra tutti per la pienezza del mio compiaci­mento, i vostri desideri mi stanno a cuore. Come già sape­te, però, bisogna che i cristiani ricalchino le mie orme e met­tano in pratica i miei insegnamenti, imitandomi sulla via della sofferenza e della croce, che i miei discepoli, amici in­timi e seguaci devono abbracciare, poiché non possono es­sere tali se non a queste condizioni. È anche essenziale che essi portino la zavorra delle persecuzioni, affinché si inol­trino sicuri tra la prosperità del mondo e i suoi pericoli; co­sì richiede la mia sublime provvidenza. State dunque atten­ta e osservate l'ordine con il quale ciò deve essere disposto».

138. Ed ecco che immediatamente alla Vergine venne ma­nifestato in visione che Lucifero e numerosissimi demoni si rialzavano dalle caverne dove erano rimasti oppressi da quan­do vi erano stati precipitati. Questo enorme drago con sette teste usciva come dal mare, precedendo gli altri. Benché mol­to debilitato, come un convalescente che dopo una lunga e grave malattia può appena reggersi in piedi, nella superbia aveva implacabile furore e tracotanza, in misura superiore alla sua forza, secondo la profezia di Isaia. Da una parte mostrava l'abbattimento provocato in lui dalla vittoria del no­stro Maestro e dal trionfo che questi aveva riportato sul du­ro legno, dall'altra un vulcano di sdegno che ardeva nel suo petto contro la comunità ecclesiale e i suoi membri. Appena salito sulla terra, la percorse e la riconobbe tutta; quindi, si diresse subito a Gerusalemme per cominciare in tale città a esprimere la sua rabbia contro quel gregge e iniziò a spiar­lo da lontano aggirandosi intorno ad esso, che era umile ma terribile per la sua arrogante malizia.

139. Allorché ebbe scrutato la moltitudine di quelli che avevano accolto il Vangelo e ogni giorno ricevevano il sacro battesimo, ebbe visto che i Dodici diffondevano il lo­ro annuncio e operavano tante meraviglie a beneficio del­le anime e che i convertiti rinunciavano alle ricchezze e le disprezzavano, ed ebbe esaminato tutti i principi di invin­cibile santità con i quali veniva fondata la Chiesa , accreb­be la sua collera e prese a lanciare tremende urla, ricon­centrandosi nella sua stessa perfidia. Come furibondo ver­so se stesso per quanto poco potesse contro l'Eterno e bra­moso di bere le pure acque del Giordano, si sforzava di avvicinarsi all'assemblea dei credenti, ma non ci riusciva, perché essi erano tutti uniti in carità perfetta. Questa, con la fede, la speranza e l'umiltà, era un castello insuperabi­le per lui e per i suoi malvagi servitori. Cercava di scopri­re se alcuni vivessero trascuratamente per investirli e di­vorarli, provava parecchi stratagemmi per tentarli e per at­tirare qualcuno a permettergli l'ingresso, aprendo una brec­cia nella fortezza delle virtù che ravvisava in essi; ma cia­scun punto era ben difeso per la vigilanza degli apostoli, per l'efficacia della grazia e, molto più, per la protezione di Maria beatissima.

140. Quando la Madre scorse satana con un tale eser­cito e capì con quanta ira insorgesse, fu trafitta da un dar­do di compassione e di dolore, poiché era consapevole da un lato della debolezza e dell'ignoranza degli uomini e dal­l'altro dell'astuzia del serpente antico. Per frenare il suo or­goglio, si rivolse contro di lui con queste parole: «Chi è co­me Dio che dimora nelle altezze? O stolto e folle avversa­rio, quello stesso che ti ha sconfitto sul Calvario e ha pro­strato la tua arroganza riscattando il genere umano dalla tua crudele tirannia ti comandi adesso: la sua potenza ti annienti e la sua sapienza ti confonda e ti scagli nel profon­do abisso. Io lo faccio in suo nome, affinché tu non possa impedire l'esaltazione che tutti gli devono rendere in quan­to loro Signore e liberatore». Detto ciò, continuò le sue im­plorazioni: «Padre mio, se il vostro braccio non trattiene e dissipa la furia del diavolo e dei suoi, senza dubbio egli ro­vinerà e distruggerà tutta la terra nei suoi abitanti. Voi sie­te sovrano di misericordia e di clemenza per le vostre crea­ture: non lasciate che questo serpente inietti il suo veleno in coloro che sono stati lavati con il sangue dell'agnello, vo­stro Figlio. È ammissibile che vogliano essi stessi metter­si in balia di una bestia così brutta, del nemico mortale? Come avrà riposo il mio cuore, se vedrò finire in tanto mi­serevole sfortuna qualcuno a cui è già toccato il frutto di questo sacrificio? Oh, se l'odio del principe delle tenebre si riversasse tutto su di me e fossero salvi i redenti! Io, mio Re, combatterò per voi: rivestitemi del vostro vigore per pie­garlo e per schiacciare la sua alterigia».

141. Per merito di tale supplica e resistenza, Lucifero si avvilì molto e per il momento non ebbe l'ardire di accostarsi a nessuno dei devoti; la sua irritazione, però, non trovò per questo sollievo, ed anzi egli usò l'espediente di avvalersi de­gli scribi, dei farisei e di quanti ancora sapeva costanti nel­la loro ostinazione e cattiveria. Si recò da costoro e, trami­te diverse seduzioni, li riempì di invidia e di furore contro i discepoli, ottenendo così la persecuzione che non aveva potuto mettere in atto da solo. Fece immaginare a tutti che la predicazione della Chiesa sarebbe stata più deleteria di quella di Gesù di Nazaret, il cui nome si pretendeva di ce­lebrare davanti a loro, che lo avevano crocifisso come mal­fattore. Ne sarebbero stati pesantemente disonorati ed essa, con i frequenti miracoli che venivano compiuti tra il popo­lo, avrebbe attirato tutti a sé. I maestri e i dottori della leg­ge sarebbero stati disprezzati e non avrebbero più guadagnato come al solito, perché i nuovi fedeli davano ogni co­sa ai capi della comunità; questo danno, poi, avanzava a grandi passi, in quanto essi erano già numerosissimi.

142. I suoi consigli scellerati erano ben adattati alla cie­ca ingordigia e ambizione dei giudei, che dunque li accet­tarono come assai buoni e conformi ai loro desideri. Ne risultò che i farisei, i sadducei, i magistrati e i sacerdoti tennero molte sedute contro i Dodici, come riferisce san Luca negli Atti. La prima fu quando san Pietro e san Gio­vanni alla porta del tempio guarirono un tale, storpio fin dalla nascita, che aveva quarant'anni ed era noto in tutta Gerusalemme. Ciò si divulgò tanto che accorse un'enorme folla, fuori di sé per lo stupore. Il vicario di sua Maestà tenne un lungo discorso, provando che non c'era salvezza in alcun altro nome fuorché in quello di Gesù, per il cui potere avevano sanato quella persona. L'indomani i mem­bri del sinedrio si riunirono e li citarono in giudizio; però, dato che il fatto era ormai risaputo e la gente glorificava l'Altissimo per esso, furono così sconcertati che non osa­rono castigarli, ma imposero loro di non insegnare più nel nome di Gesù di Nazaret. San Pietro replicò con animo in­vitto che non era possibile, perché l'Onnipotente ordinava loro il contrario e non era giusto disobbedire a lui per ob­bedire agli uomini. Dopo aver ricevuto questa minaccia, i due furono rimessi in libertà e andarono subito a infor­mare la Regina , benché le fosse stato mostrato tutto in vi­sione. Quindi, iniziarono a pregare e di nuovo lo Spirito discese su ognuno con segni visibili.

143. Di lì a qualche giorno avvenne la prodigiosa pu­nizione di Ananìa e di Saffira, i quali, tentati dall'avidità, cercarono di ingannare san Pietro portandogli solo parte di quanto avevano ricavato dalla cessione di un podere e nascondendo il resto. Poco prima Bàrnaba, chiamato an­che Giuseppe, un levita originario di Cipro, aveva vendu­to un campo consegnando l'intero importo agli apostoli. Affinché si comprendesse bene che tutti dovevano agire con la stessa sincerità, caddero morti l'uno dopo l'altro ai pie­di del capo dei dodici. Tutta la città fu intimorita da un evento così terribile e questi ultimi poterono evangelizza­re con franchezza; ma i magistrati e i sadducei, pieni di livore, fecero arrestare san Pietro e san Giovanni e li fe­cero gettare nella prigione pubblica, dove rimasero solo per un breve tempo grazie all'intervento di Maria.

144. Non voglio passare sotto silenzio ciò che accadde segretamente nell'episodio di Ananìa e Saffira, sua moglie. La Signora del cielo apprese che il demonio e i suoi mini­stri provocavano i responsabili dei giudei perché ostacolas­sero la proclamazione della lieta novella, e che per tali sug­gestioni essi avevano accusato i due discepoli dopo la gua­rigione dello storpio e avevano intimato loro di non parla­re più nel nome di Gesù. Considerando l'impedimento che ne sarebbe derivato per la conversione delle anime, se non si fosse bloccata una simile malvagità, si rivolse un'altra volta contro il drago, come si era offerta di fare. Prenden­do come sua questa causa con più vigore di quello che ave­va avuto Giuditta, dichiarò al crudele tiranno: «Nemico del­l'Eterno, come hai l'audacia di insorgere contro le sue crea­ture, mentre per la passione del mio unigenito e Dio vero sei stato superato, oppresso e spogliato delle tue facoltà? Che cosa puoi, basilisco velenoso, legato e incarcerato pe­rennemente tra le pene infernali? Non sai che sei soggetto alla forza infinita dell'eccelso sovrano e non sei in grado di opporti alla sua invincibile volontà? In suo nome, ti ingiungo di precipitare con i tuoi servitori nelle caverne dal­le quali sei uscito per perseguitare i cristiani».

145. Satana non poté resistere al suo comando, perché il Redentore, per atterrire maggiormente i diavoli, permi­se che in quel momento lo riconoscessero tutti presente sotto le specie sacramentali nel petto dell'imbattibile Ma­dre come nel trono della sua gloria; fu lo stesso anche in altre occasioni nelle quali ella confondeva Lucifero. In que­sta, le legioni che lo accompagnavano piombarono con lui negli abissi, schiacciate dalla virtù divina che percepivano provenire da quella donna singolare. Per un po restarono tutti laggiù, emettendo urla tremende e adirandosi spa­ventosamente con se stessi sia per la loro sorte disgrazia­ta, che erano consapevoli di non poter mai cambiare, sia perché disperavano di avere la meglio sulla Principessa e su quanti ella avrebbe accolto sotto la sua protezione. Con tale furioso dispetto, il serpente disse ai suoi: «Quale sven­tura è mai questa nella quale mi vedo? Consigliatemi: che cosa posso fare contro questa mia rivale, che tanto mi tor­menta? Ella da sola mi combatte più di tutti gli altri. Vi pare forse bene che io cessi di osteggiarla, affinché non fi­nisca di calpestarmi? Esco regolarmente sconfitto dagli scontri con lei. Mi rendo conto che abbatte sempre più le mie energie e che a poco a poco le annienterà, e allora non potrò più niente contro i seguaci del Salvatore. Come posso, però, sopportare un fardello così ingiusto? Dove è finita la mia altera potenza? Devo forse sottometterla a co­stei, di natura tanto inferiore e vile rispetto alla mia? Per il momento non ho il coraggio di affrontarla. Facciamo in modo di circuire qualcuno dei suoi amati: ciò alleggerirà il mio sconcerto e io sarò soddisfatto».

146. Il Signore lasciò che il principe infernale e gli al­tri tornassero a tentare e mettere alla prova i suoi. Quan­do ebbero capito lo stato in cui questi erano e la grandez­za delle loro doti, non trovavano vie per entrare né riuscivano a far accettare ad alcuno le insanie e le illusioni che presentavano. Valutando le caratteristiche e le inclinazioni di tutti, attraverso le quali - ahimè - ci muovono sempre duramente guerra, scorsero che Ananìa e Saffira erano più attaccati degli altri al denaro e in passato lo avevano cer­cato smaniosamente. Il seduttore li ferì in questo punto, in cui li ravvisava più deboli, suggerendo loro di riservarsi una parte del ricavato della vendita di un podere che cedevano per dare i soldi a coloro dai quali avevano ricevuto la fede e il battesimo. Essi si fecero sopraffare dal suo ignobile in­ganno, perché era conforme ai loro istinti; ma il peccato di entrambi fu manifestato a san Pietro che li punì facendoli accasciare improvvisamente morti ai suoi piedi, prima il marito e poi la moglie. Questa, ignara di quello che era già avvenuto al consorte, arrivò appena dopo e, mentendo co­me aveva fatto lui, spirò nella stessa maniera.

147. La Vergine intese subito le trame del demonio e che quei coniugi gli facevano insinuare le sue perfide suggestioni. Piena di compassione e di dolore, si prostrò davanti a sua Maestà e, gemendo interiormente, gli parlò: «Ahimè! Mio te­soro e mio Re, come questo drago feroce fa presa sulle sem­plici pecorelle del vostro gregge? Come tollererò di osserva­re il contagio dell'avidità e della falsità infettare le anime che sono costate il vostro sangue? Se il crudelissimo nemi­co si impossesserà impunemente di esse, crescerà la rovina con il cattivo esempio e con la fragilità umana, così che gli uni andranno dietro agli altri nella caduta. Perirò per la pe­na di aver compreso quanto pesi la colpa nella vostra equità, e quella dei figli più di quella degli estranei. Mio adorato, ponete rimedio a un simile danno, dato che me lo avete sve­lato». Ed egli: «Mia diletta, non si affligga il vostro cuore, nel quale vivo, perché ricaverò molti vantaggi per i miei de­voti da questo male, che a tale scopo la mia provvidenza ha permesso. Il castigo che infliggerò sarà un avvertimento per gli altri, affinché abbiano timore e in avvenire si guardino dalla cupidigia, poiché la stessa fine o il mio sdegno sovra­stano chi se ne macchia; il mio giudizio, infatti, è sempre il medesimo nei confronti di coloro che sono ribelli al mio volere, che la santa legge indica».

148. Ella si consolò, pur sentendo molta pietà dei due. Frattanto, pregò per tutti gli altri credenti perché non fos­sero irretiti da satana, e si rivolse di nuovo contro di lui at­terrandolo e precipitandolo perché non istigasse i giudei. Grazie al vigore con cui tratteneva gli avversari, i primi cri­stiani godevano di somma pace e tranquillità. Quella felicità e protezione sarebbe continuata perennemente, se gli uo­mini non l'avessero disprezzata, abbandonandosi alle stesse menzogne e ad altre peggiori. Oh, se paventassero l'espe­rienza di Ananìa e Saffira e ricalcassero le orme degli apo­stoli! Questi, dal carcere, invocarono il favore dell'Altissimo e quello della loro Signora e madre, la quale, appena co­nobbe con l'illuminazione divina che erano stati arrestati, stesa a forma di croce fece per loro questa orazione:

149. «Glorioso sovrano, Creatore dell'universo, mi sot­tometto completamente al vostro beneplacito e confesso che è conveniente che, come la vostra infinita sapienza di­spone e ordina, i discepoli si modellino su di voi, loro mae­stro, vera luce e guida degli eletti. Voi siete venuto in umiltà sulla terra per avvalorare tale virtù, abbattere la superbia e additare il cammino della croce per mezzo della pazien­za nelle tribolazioni e negli oltraggi. So anche che i vostri seguaci devono conformarsi a questa dottrina e stabilirla nella comunità ecclesiale. Se è possibile, però, che per ades­so essi abbiano libertà e vita per fondare la Chiesa e pro­clamare il vostro sublime nome al mondo, conducendolo alla vera fede, vi supplico di darmi licenza di soccorrere il vostro vicario, il mio figlio e vostro prediletto e tutti quel­li che sono reclusi per astuzia di Lucifero. Costui non pos­sa vantarsi di avere trionfato sui vostri servi e non alzi la testa contro gli altri».

150. A questa domanda, egli rispose: «Mia sposa, si com­pia quanto chiedi, poiché tale è la mia volontà. Invia i tuoi angeli a distruggere le opere del diavolo, perché la mia for­za è con te». Con il suo consenso, ella ne scelse uno di ge­rarchia assai elevata, affinché sciogliesse le catene a Pietro e Giovanni. Nel capitolo quinto degli Atti san Luca afferma che egli li fece uscire di notte, come gli era stato coman­dato, ma non rivela il segreto di questo miracolo. Lo spiri­to superno, rivestito di splendore e bellezza, manifestò di aver ricevuto dalla sua Regina l'incarico di condurli fuori; quindi, li esortò a recarsi a predicare, come essi fecero. Al­tri dei custodi di Maria furono mandati dai magistrati e dai sacerdoti, per allontanare i demoni e suggerire che non osas­sero ostacolare l'evangelizzazione. Essi obbedirono e adem­pirono puntualmente quanto era stato affidato loro. Ne con­seguì ciò che lo stesso autore riferisce, nel passo già citato, riguardo al discorso tenuto nel sinedrio dal venerabile dot­tore Gamalièle. Mentre gli altri erano confusi sul modo in cui si sarebbe dovuto procedere con i due apostoli, che era­no già nel tempio, senza che si capisse da chi e come fos­sero stati tratti fuori dalla prigione, egli espresse il consi­glio di non occuparsi di essi: se la loro attività veniva da Dio, non l'avrebbero potuta impedire; altrimenti, sarebbe svanita da sé, come era accaduto nel caso dei falsi profeti Tèuda e Giuda il Galileo, che avevano inventato delle sette ed erano periti entrambi con tutti i loro ammiratori.

151. Fu per ispirazione degli esseri celesti che Gamalièle parlò in quella maniera e che gli altri lo ascoltarono, anche se ingiunsero che Gesù di Nazaret non fosse più annunciato, per la propria reputazione e il proprio interesse. Dunque, dopo averli castigati, li lasciarono andare, dato che li avevano fatti catturare ancora. Come al solito, essi tornarono subito ad informare la Principessa , che sempre li accoglieva con affetto materno e con gioia constatando in loro tanta costanza nel dolore e tanto zelo della salvezza dei fratelli. In questa occa­sione, disse: «Signori miei, ora vi vedo autentici imitatori di Cristo, ora che per lui sopportate ingiurie e offese, e con leti­zia lo aiutate a portare la croce. Ora siete suoi degni ministri e collaboratori, così che gli uomini conseguano i frutti del suo sangue, sparso per essi. La sua destra onnipotente vi benedi­ca e vi comunichi la sua forza». Pronunciò queste parole in ginocchio e baciando loro le mani, e poi si mise a servirli.

 

Insegnamento della Regina del cielo

152. Carissima, da ciò che qui hai inteso e scritto puoi ricavare molti avvertimenti per il bene tuo e di tutti i fe­deli. In primo luogo, devi considerare la sollecitudine e la premura con cui mi prendevo cura della felicità perpetua di tutti i credenti, senza sottovalutare la loro più piccola necessità e il più lieve rischio. Insegnavo loro la verità, pre­gavo instancabilmente, li rianimavo nelle difficoltà, facevo in modo di vincolare a me l'Eterno affinché li assistesse, li difendevo dalle lusinghe e dal furibondo sdegno dei ne­mici infernali. Continuo a fare lo stesso da quassù e, se non tutti lo sperimentano, non è perché io non mi impe­gni in loro favore, ma perché sono assai pochi coloro che mi invocano di tutto cuore e si dispongono per guadagnare l'efficacia della mia tenerezza di madre. Li soccorrerei, se si rivolgessero a me e temessero i terribili inganni con i quali il grande drago li inviluppa e li lega alla loro con­danna. Per farli risvegliare dal loro letargo, do ad essi que­sto ammonimento: quanti si dannano dopo la morte del mio beatissimo Unigenito, nonostante i benefici che per mia intercessione egli incessantemente concede, subiscono tormenti peggiori di coloro che si sono smarriti prima del­la sua incarnazione e della mia stessa nascita. Così, chi da adesso in poi comprenderà questi misteri e li disprezzerà sarà punito con pene nuove e più dure.

153. Inoltre, è opportuno che i discepoli riflettano sul­la stima in cui devono tenere se stessi, dal momento che ho fatto e ancora faccio tanto per loro dopo che sua Mae­stà li ha redenti. La spensieratezza su questo è realmente riprensibile e meritevole di supplizi tremendi. Quale ra­gione può volere o a quale intelletto può sembrare giusto che per un diletto passeggero dei sensi, che nel migliore dei casi finisce con la vita e spesso in brevissimo tempo, si affatichi tanto una persona che ha fede? E che, al con­trario, non si preoccupi affatto della propria anima che è imperitura, trascurandola come se anch'essa avesse termi­ne con le cose visibili? Non si pondera che, quando tutto scompare, questa comincia a soffrire o a godere per sem­pre. Tu ne sei consapevole e ti è nota la comune perver­sità: non stupirti che oggi satana abbia tanto vigore, per­ché, dove vi è ininterrotta battaglia, chi vince acquista le energie perse dallo sconfitto. Ciò si verifica maggiormente nella crudele lotta con il demonio, poiché chi lo supera re­sta saldo e debilita lui, come avvenne quando mio Figlio lo abbatté, ed io dopo di lui. Se, però, egli si riconosce trionfante, innalza la sua presunzione e riprende potere, come ne ha attualmente nel mondo, perché quanti amano la sua vanità gli si sono assoggettati, seguendolo sotto la sua bandiera e andando dietro alle sue fallaci promesse.

154. Guardati da questo pericolo e sii sempre attenta a non aprire alcuna porta alle seduzioni della cruentissima be­stia. Tieni davanti agli occhi l'esempio di Ananìa e Saffira, nei quali si introdusse avendo intuito la loro sete di dena­ro. Voglio che tu non desideri niente sulla terra e che estingua le inclinazioni della tua debole natura, in maniera tale che neppure i medesimi diavoli con tutta la loro diligenza possano congetturare in te alcun moto sregolato di super­bia, avidità, vanità, ira o di qualunque altra passione. Que­sta è la scienza dei santi, senza la quale nessuno può esse­re sicuro nella carne corruttibile e per la cui ignoranza mol­tissimi vanno in rovina. Apprendila bene e trasmettila alle tue religiose, affinché ciascuna sia vigile sentinella di se stes­sa; così, rimarranno nella pace e nella carità vera e, unite nella quiete e tranquillità dello Spirito di Dio e fortificate dall'esercizio di tutte le virtù, saranno un castello inespu­gnabile per gli avversari. Richiama alla loro memoria il ca­stigo dei due coniugi ed esortale ad osservare scrupolosa­mente la Regola e le Costituzioni, perché in tal modo si con­quisteranno la mia protezione e la mia particolare custodia.

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