[ Rosario on line - Libri Cattolici - La mistica citta' di Dio ]

CAPITOLO 10

Si narrano i favori che Maria santissima faceva agli apostoli per mezzo degli angeli, la salvezza eterna che ella ottenne ad una donna in punto di morte ed altri eventi riguardanti al­cuni che si dannarono.

 

155. Con il diffondersi in Gerusalemme della nuova leg­ge di grazia, aumentava sempre più il numero dei creden­ti e, nello stesso tempo, la sollecitudine della prudente Si­gnora verso i figli che gli apostoli continuamente genera­vano in Cristo con il loro annuncio. Dato che questi ulti­mi erano il fondamento della Chiesa, sul quale tale mira-

bile edificio doveva ergersi saldamente come su pietre fer­missime, ella se ne prendeva cura con speciale premura, che era accresciuta ulteriormente dalla sua conoscenza del­lo sdegno di Lucifero contro i seguaci di Gesù e soprat­tutto contro di loro, ministri della salvezza eterna degli al­tri fedeli. In questa vita non sarà mai possibile riferire o ponderare quanto fece per tutto il corpo ecclesiale e per ciascuna delle sue mistiche membra, particolarmente per essi e per i discepoli, perché mi è stato rivelato che non passò giorno né ora in cui non compisse a loro vantaggio una o più meraviglie. Racconterò in questo capitolo alcu­ni fatti che hanno parecchio da insegnarci, per i segreti dell'occulta provvidenza dell'Altissimo ivi contenuti; lasce­ranno intuire quali dovettero essere l'attentissima carità e lo zelo delle anime nella nostra Madre.

156. Amava e serviva con ineffabile affetto e venera­zione i Dodici, sia per la loro sublime perfezione sia per la dignità sacerdotale e la missione di evangelizzatori. Quando stavano tutti insieme in città, li assisteva, consi­gliava e guidava. Con lo sviluppo della Chiesa, poi, fu con­veniente che cominciassero ad andare nei luoghi vicini per battezzare e ammettere in essa molti che là si convertiva­no, anche se si riunivano subito perché non si erano an­cora divisi di proposito, cosa che non fecero finché non ne ebbero ricevuto l'ordine. Dagli Atti consta che san Pietro si recò a Lidda e a Giaffa, dove risuscitò Tabità e operò altri prodigi. Benché san Luca riporti questi viaggi dopo la morte di santo Stefano, della quale parlerò in seguito, anche nel periodo che trascorse sino a tale evento tanti in Palestina entrarono a far parte della comunità e fu neces­sario istruirli e confermarli nella fede. Al loro ritorno tut­ti informavano dettagliatamente la Maestra.

157. In questi spostamenti il nemico cercava di impe­dire che la parola di Dio fosse proclamata o che portasse frutto, suscitando resistenze e sommosse da parte degli in­creduli contro i predicatori e i loro uditori. Nelle persecu­zioni essi dovevano sopportare quotidianamente grandi molestie e disturbi, poiché al serpente pareva di poterli in­vestire meglio mentre erano lontani dalla protezione della Regina degli angeli. Tanto temibile era costei per il diavo­lo che, sebbene fosse così eminente la loro santità, egli pen­sava che in sua assenza li avrebbe colti disarmati ed in po­sizione tale da poter essere assaliti e tentati. La sua su­perbia e il suo furore arrivano ancora al punto che, come sta scritto nel libro di Giobbe, stima l'acciaio come paglia e il bronzo come legno tarlato, e non teme né i dardi né la fionda; però, ha tanta paura di Maria beatissima che per provare a sedurli aspettò che fossero separati da lei.

158. Non per questo mancò loro la difesa della Vergi­ne, perché ella, nella sua eccelsa sapienza giungeva ovun­que con lo sguardo, e come vigile sentinella scopriva le in­sidie di satana e accorreva ad aiutarli. Quando per la di­stanza non poteva conversare con loro, appena li scorgeva afflitti inviava le creature celesti a sollevarli, incoraggiarli e prepararli, e talora a mettere in fuga i demoni. Esse ese­guivano tutto ciò con prontezza, secondo i suoi comandi: alcune volte lo facevano con ispirazioni e consolazioni in­teriori; altre volte, più sovente, si manifestavano visibil­mente in corpi risplendenti e bellissimi e dicevano quello che occorreva o di cui la tenerissima sovrana voleva av­vertire. Succedeva spesso per la virtù e la purezza degli apostoli, e per il bisogno che vi era allora di favorirli co­sì abbondantemente. Questi non si trovarono mai in alcu­na angustia in cui ella non li soccorresse in una di tali maniere, oltre che con continue invocazioni, preghiere e con rendimenti di grazie. Era la donna forte che aveva fornito di doppia veste tutti quelli della sua casa, era la madre di famiglia che dava a ciascuno il cibo e con il frutto delle sue mani piantava la vigna del Signore.

159. Si preoccupava anche degli altri e, benché fossero molti in Palestina, aveva conoscenza di tutti per andare lo­ro incontro nelle tribolazioni, non solo in quelle spiritua­li, ma anche in quelle corporali. Guariva tanti da gravissi­mi mali e, se ad alcuni non era opportuno rendere mira­colosamente la salute, procurava loro personalmente pa­recchie cose, visitandoli e rianimandoli. Si prendeva cura soprattutto dei più poveri e di frequente ella stessa dava ad essi da mangiare, accomodava i letti sui quali giaceva­no, pensava alla loro pulizia come una domestica e si fa­ceva inferma con gli infermi. Tanta era la sua umiltà, ca­rità e sollecitudine che non rifiutava nessun servizio ai suoi figli, né li disprezzava per quanto fossero infimi e di bas­sa posizione sociale, allorché si rivolgevano a lei per ave­re conforto. Colmava tutti di gaudio e le pene divenivano facili da sostenere; inoltre, assisteva in segreto per mezzo dei ministri superni coloro per i quali non poteva prodi­garsi direttamente e otteneva per essi immensi benefici.

160. La sua pietà materna si segnalava in modo singo­lare con gli agonizzanti, perché ne accompagnava nume­rosi in quell'ultimo conflitto finché non passavano alla si­curezza senza fine. Per chi era destinato al purgatorio fa­ceva ardenti suppliche e degli atti di penitenza, come pro­strazioni a forma di croce, genuflessioni e altri esercizi; quindi, mandava qualcuno dei suoi custodi a trarre fuori di lì le anime per le quali aveva offerto ciò e a condurle in paradiso, presentandole in suo nome all'Unigenito come sua proprietà, acquistata con il suo sangue nella re­denzione. Molti ebbero questa felicità mentre dimorò sul­la terra e sono certa che la stessa sorte non venga negata a chi si dispone in tempo per meritare la sua presenza al momento del trapasso. Dovrei dilungarmi rilevantemente, se volessi riferire quanto ella fece per tante persone nel­l'ora estrema, ma non mi posso trattenere su questo pun­to. Racconterò solo quello che avvenne a una poveretta che liberò dalla bocca del drago, perché, trattandosi di un fat­to assai raro e degno di essere palesato, non è giusto pri­varne la Storia e la nostra istruzione.

161. Capitò dunque in Gerusalemme che una giovane, nata da genitori di vile condizione e poco agiati, fosse una dei primi cinquemila battezzati. Occupata nelle faccende di casa sua, si ammalò e stette per vari giorni a letto, sen­za miglioramenti; per questo, come succede ad altri, andò raffreddando il fervore iniziale e si trascurò tanto che cad­de in alcune colpe con le quali arrivò a perdere la grazia sacramentale. Lucifero, che non dormiva, assetato com'e­ra di ingoiarsi qualcuno di quei convertiti, la prese di mi­ra e la investì con somma crudeltà, poiché Dio lo permi­se per maggior gloria sua e della Regina. Le si mostrò sot­to l'apparenza di un'altra donna per circuirla più facil­mente, e con finte lusinghe la invitò ad allontanarsi da quanti annunciavano il Crocifisso e a non dare loro credi­to, perché la ingannavano in tutto: se non lo avesse fatto, i sacerdoti e i giudici l'avrebbero castigata, come avevano ucciso il Maestro della legge nuova e falsa che le era sta­ta insegnata; con tale rimedio, inoltre, si sarebbe rimessa e in seguito sarebbe vissuta contenta e senza rischi. Ella replicò: «Farò come dici, ma una signora che ho notato tra i cristiani mi pare tanto graziosa e buona che non vi potranno essere difficoltà se parlerò con lei, poiché le so­no molto affezionata». E il demonio: «Costei è la peggio­re di tutti, ed è la prima che devi detestare e dalle menzogne della quale devi stare in guardia. Questa è la cosa più importante per te».

162. Il serpente antico infettò con il suo veleno letale quella semplice colomba, il cui stato di salute, piuttosto che cambiare in meglio, si aggravò portandola verso la morte naturale e perenne. Uno dei settantadue discepoli, che soleva visitare i credenti, venne a sapere di lei, perché un uomo che abitava vicino gli comunicò che c'era un'ap­partenente alla sua setta prossima a spirare. Quindi, si recò da lei per consolarla e apprendere i suoi bisogni, ma era così oppressa dai principi delle tenebre che non lo accol­se né considerò, anche se egli continuò a lungo ad esor­tarla e a predicare; anzi, si rannicchiava e si copriva per non udirlo. Da tali segni il fedele riconobbe la sua rovina, pur ignorandone la causa, e informò in fretta di quel dan­no san Giovanni, che senza indugio accorse da lei, l'am­monì e le rivolse parole di vita eterna, se avesse voluto ac­cettarle. Gli accadde, però, come all'altro, poiché ella resi­stette ad entrambi con pertinacia. L'Apostolo scorse molte legioni infernali che la accerchiavano e che al suo ingres­so si ritrassero, ma non cessarono di sforzarsi di tornare subito a rinnovare in lei le illusioni delle quali era piena.

163. Di fronte a una simile durezza, profondamente af­flitto, si presentò a Maria beatissima per avvertirla e im­plorare il suo aiuto. Immediatamente ella, fissato lo sguar­do interiore sull'inferma, capì il pericolo in cui si trovava e in che modo satana ve l'aveva posta. Compiangendo quel­l'ingenua pecorella raggirata dal feroce lupo, si stese al suo­lo e ne impetrò il riscatto. Sua Maestà tacque, non perché la sua preghiera non gli fosse gradita, dato che al contrario lo era moltissimo, ma per sentire ancora i suoi gemiti e per manifestarci quali fossero la sua carità e la sua prudenza nelle occasioni in cui era conveniente usarle. Dunque, la la­sciò nella sua condizione comune ed ordinaria, senza alcu­na illuminazione su ciò che chiedeva. Non per questo ella desistette o fece intiepidire il suo ardore, essendo ben con­sapevole di non dover trascurare i propri obblighi di madre per il silenzio dell'Altissimo, se non le era dichiarata espres­samente la sua volontà. Regolandosi così, comandò ad uno dei suoi custodi di soccorrere la malata, di difenderla dal maligno e di spronarla con sante ispirazioni a svincolarsi dai suoi tranelli e a riabbracciare la fede. Egli, pur avendo eseguito tale mandato con la prontezza con la quale gli spi­riti celesti sono capaci di obbedire all'Onnipotente, con tut­to quanto era in suo potere non riuscì a convertire quell'o­stinata; si comprenda da questo fino a che punto si possa giungere quando ci si abbandona al diavolo.

164. Riferì alla Vergine: «Regina di misericordia, ho fat­to ciò che mi avete domandato, ma la sua caparbietà è tan­to grande che non riceve né ascolta i miei consigli. Ho combattuto con i nemici, ma essi resistono, allegando il diritto che ella senza coercizioni ha concesso e continua a concedere loro. La virtù della giustizia divina non mi ha appoggiato, per cui non posso darvi il conforto che bra­mate». Ella si addolorò immensamente, ma, essendo la ma­dre dell'amore, della scienza e della degna speranza, non poté perdere quello che ci ha meritato e a cui ci ha edu­cato. Ritiratasi di nuovo a invocare la liberazione della po­veretta indotta in errore, si prostrò e supplicò: «Padre del­le misericordie, ecco davanti a voi questo vile verme. Pu­nite me, e io non veda tale creatura, segnata con le pri­mizie del vostro sangue e sedotta dal drago, divenire pre­da della sua perfidia e del suo odio per i vostri seguaci».

165. L'accorta Signora perseverò per un po' in orazio­ne, ma neanche questa volta le fu data risposta, perché fos­sero messi alla prova il suo invitto cuore e la sua benignità nei confronti del prossimo. Ella considerò quanto era av­venuto ad Eliseo nel risuscitare il bambino della Sunam­mita, sua ospite: a restituirgli la vita non era bastato il ba­stone del profeta applicato da Ghecazi, suo servo, ma era stato necessario che egli stesso si recasse di persona a toc­care il defunto, sdraiandosi su di lui. Poiché né l'Evange­lista né l'angelo avevano potuto far risorgere dal peccato quella donna, si decise ad andare da lei. Consultò su que­sto l'Eterno e, pur non avendo avuto indicazioni, visto che l'opera stessa le dava licenza si alzò con l'intento di usci­re dalla stanza, per incamminarsi con il prediletto verso la sua casa, che era poco distante dal cenacolo; i ministri su­perni, però, la trattennero, perché era già stato ordinato loro di scortarla, spiegandole che non c'era motivo che el­la percorresse le vie della città mentre la potevano tra­sportare con più dignità. Subito, la posero su una nube lu­minosa che faceva da trono e la condussero da costei, che, siccome era misera e restava muta, era stata abbandona­ta da tutti ed era sola con i demoni, che aspettavano la sua anima per impossessarsene.

166. Nell'istante in cui la Principessa arrivò, tutti i se­duttori fuggirono come folgori, precipitandosi gli uni sugli altri con urla terribili. Ella intimò sovranamente loro di piombare negli abissi e di starvi fino a quando non aves­sero avuto il permesso di risalire; così accadde, e non po­terono opporsi. Si accostò poi con pietà all'inferma e, chia­matala per nome, con dolcissime parole di vita le ridette vigore, tanto che cominciò a respirare meglio e a tornare in sé. Quando la interrogò, le fu palesato: «Una tale in una sua visita mi persuase che i discepoli di Cristo mi stavano ingannando e mi consigliò di allontanarmi immediata­mente da loro e da voi, perché enormi mali mi sarebbero derivati dall'osservare la legge che mi insegnavate». Allora, Maria affermò: «Figlia mia, si trattava di Lucifero, tuo av­versario. Sono venuta a donarti la salvezza da parte del Si­gnore. Riacquista, dunque, la fede in lui e confessalo con tutta te stessa come vero Dio, spirato sulla croce per il ri­scatto tuo e del mondo intero. Adoralo, imploralo e chie­digli perdono».

167. Replicò: «Prima lo credevo, ma mi hanno detto che è una dottrina assai cattiva e che se la professo sarò castigata». La Maestra riprese: «Amica mia, non aver pau­ra di ciò, perché è falso; pensa piuttosto che le sofferenze delle quali si deve aver spavento sono quelle dell'inferno, dove satana ti stava trascinando. Ora sei molto vicina alla morte e, se mi dai retta, puoi ottenere il rimedio che ti of­fro. In questo modo, sarai libera dal fuoco perenne, che ti sovrastava per il tuo errore». Per la sua esortazione e per la grazia che le assicurò, la malata si commosse e versò copiose lacrime di compunzione, domandando assistenza in quel pericolo, completamente abbandonata alla sua vo­lontà. Senza indugio, la Vergine la invitò a manifestare pen­timento per confessarsi e intanto dispose che ricevesse i sacramenti, convocando gli apostoli perché glieli ammini­strassero. Quella fortunata, moltiplicando gli atti di con­trizione e di amore ed invocando Gesù e sua Madre, che la guidava, si spense tra le braccia di lei, che era stata per ben due ore in sua compagnia affinché il serpente non ten­tasse ancora di circuirla. Il suo intervento fu così efficace che non solo la rimise sulla via della vita, ma le guadagnò tanti aiuti che quella felice anima uscì dal corpo senza col­pe e pene da scontare. Subito la inviò all'empireo con al­cuni dei custodi che avevano sul petto lo stemma della re­denzione e tenevano in mano palma e corone per soccor­rere i suoi devoti. Ho già trattato di loro e non c'è biso­gno che mi ripeta. Segnalo soltanto che erano scelti per le loro missioni in base alle qualità e doti che avevano a be­neficio dell'umanità.

168. Dopo che la Regina ebbe sanato quella giovane, le creature celesti la riportarono sulla medesima nube al luo­go dove stava ritirata. Prontamente, ella si umiliò e si prostrò, venerando l'Altissimo e ringraziandolo per avere strap­pato costei dalla bocca del drago; compose, inoltre, un can­tico di lode adatto. La divina sapienza ordinò questo pro­digio affinché gli angeli, i beati, i Dodici e persino i dia­voli stessi comprendessero il suo potere impareggiabile: el­la era signora di tutti ed essi, insieme, non sarebbero giun­ti ad essere altrettanto forti; non le sarebbe stato negato niente a vantaggio di coloro che l'avessero avuta cara e pregata, dato che quella donna, a motivo del suo affetto per lei, non era rimasta priva di protezione. Desiderava, poi, che i nemici fossero oppressi, confusi e sfiduciati di poter prevalere contro quanto ella vuole e può per chi la riverisce. Lascio alla considerazione e alla prudenza dei fe­deli altre cose che si possono imparare da questo esempio.

169. Non avvenne lo stesso ad altri due convertiti, i qua­li si resero immeritevoli della sua influente intercessione. Ne parlerò riferendo quello che mi è stato dato di capire perché, come la sorte di Ananìa e Saffira, ciò che li ri­guarda può servire da ammonimento, mostrandoci l'astu­zia del demonio nell'irretire e rovinare, e da avvertimento, affinché temiamo come Davide gli equi giudizi dell'Eter­no. Dopo il miracolo che ho raccontato, il maligno ebbe licenza di ricomparire sulla terra con i suoi e di mettere alla prova i credenti, poiché questo era conveniente per il premio dei giusti e degli eletti. Risalì dagli abissi ancora più furente e cominciò a cercare porte aperte per colpirli, spiando le inclinazioni perverse di ciascuno. Fa nel mede­simo modo anche oggi, sapendo per esperienza che noi di­scendenti di Adamo, generalmente incauti, seguiamo le no­stre passioni più che la ragione e la virtù. Dal momento che la moltitudine non può essere perfetta in tutti i suoi elementi, e la comunità andava crescendo di numero, in alcuni si intiepidiva il fervore della carità ed egli aveva più spazio in cui seminare la sua zizzania. Si accorse che due uomini, i quali prima di unirsi ad essa erano stati assai malvagi, aspiravano a conservarsi il favore di certi capi dei giudei e a stare loro vicino, per degli interessi temporali di onori e ricchezze; a causa di questa avidità, che è sem­pre stata la radice di tutti i mali9, adulavano quei potenti, il cui appoggio ambivano.

170. Da siffatti difetti Lucifero valutò che erano insta­bili nelle proprie convinzioni e che avrebbe potuto sedur­li avvalendosi di quelli stessi dai quali dipendevano. E quanto pensò, lo effettuò e conseguì: presentò parecchie suggestioni ai cuori increduli di tali sacerdoti affinché li riprendessero e minacciassero per avere accettato gli inse­gnamenti cristiani ed essersi fatti battezzare, ed essi lo fe­cero con asprezza e autorità. Lo sdegno dei grandi atter­risce chi è loro sottomesso, se di indole debole come in ef­fetti erano costoro, attaccati al proprio tornaconto. Così, entrambi decisero puerilmente di abiurare per non cadere in disgrazia presso le persone nelle quali avevano posto una sciagurata e fallace fiducia. Abbandonarono subito il gruppo dei devoti e smisero di ascoltare la predicazione e di prendere parte agli altri sacri esercizi. Da questo si ven­ne a conoscere la loro perdizione.

171. Gli apostoli si rattristarono molto per essi e per lo scandalo che un fatto simile agli inizi della Chiesa avreb­be provocato. Discussero tra loro se fosse opportuno infor­mare Maria, preoccupati per il dolore che le sarebbe deri­vato. Giovanni li avvisò che ella era al corrente di tutto quello che concerneva i discepoli, e che quanto era capi­tato non poteva restare nascosto alla sua vigilantissima at­tenzione e alla sua tenerezza. Andarono dunque a darle ragguaglio di ciò che accadeva in ordine a quei due, che essi non avevano mancato di esortare a recedere dal loro rinnegamento. La pietosa e saggia Madre non dissimulò l'afflizione, perché non c'era bisogno di celarla nello smar­rimento di anime che erano già nel gregge; era, inoltre, ne­cessario che essi comprendessero nel suo vivissimo cordo­glio il valore che dovevano attribuire alle loro pecorelle, e l'ardente zelo con cui dovevano sforzarsi di custodirle nel­la professione della fede e di ricondurle sulla via della bea­titudine. La nostra Regina si ritirò immediatamente e, pro­stratasi, fece un'intensa orazione per quegli apostati, spar­gendo per loro abbondanti lacrime di sangue.

172. Ora, per moderare la sua pena facendole penetra­re i propri imperscrutabili giudizi, sua Maestà le disse: «Sposa mia, scelta tra tutte le creature, voglio rivelarti le mie rette decisioni riguardo a coloro per i quali mi stai pre­gando e a chi ancora deve convertirsi. Quei traditori po­trebbero produrre più male che bene tra gli altri, se rima­nessero con loro, perché hanno costumi alquanto deprava­ti e sono peggiorati nelle loro sregolatezze. Li so reprobi e perciò occorre che li recida dal corpo mistico e li allonta­ni dai compagni, affinché non li infettino comunicando lo­ro il contagio. Mia diletta, conformemente alla mia sovra­na provvidenza è conveniente che siano accolti dannati ed eletti: i primi andranno in rovina per le loro colpe, i se­condi si salveranno per mia grazia con le loro opere. La dottrina evangelica deve essere come la rete che raccoglie pesci buoni e cattivi, i prudenti e gli stolti, e il nemico de­ve seminare la sua zizzania in mezzo al grano della verità, così che i giusti pratichino ancor più la giustizia e gli im­puri, se lo vorranno, continuino ad essere tali».

173. Questa fu la risposta che il Signore dette alla Ver­gine, rinnovandole la partecipazione alla sua scienza divi­na. Ella si sollevò dalla sua mestizia, confessando l'equità dell'Eterno nel punire con ragione chi per la propria per­versità diviene indegno della sua amicizia e del suo gau­dio. Tenendo la bilancia del santuario nella sua eminente sapienza e carità, però, era la sola che stimava adeguata­mente che cosa significasse separarsi per sempre dall'On­nipotente ed essere costretti ai tormenti perpetui insieme ai demoni, e ne pativa proporzionatamente alla sua capa­cità di valutare. È noto che gli angeli e i santi del cielo, ai quali tale mistero è manifesto, nel loro stato felicissimo non sono soggetti a tribolazioni e angosce; ma, se queste fossero compatibili con la gloria di cui godono, sarebbero commisurate alla cognizione del danno in cui, traviando­si, incorrono coloro che essi amano perfettamente e desi­derano avere con sé.

174. La Principessa assaporò quell'amarezza, che non può toccarli, in grado tanto maggiore rispetto a quello che essi sentirebbero quanto è a loro superiore in intelligenza e bontà. Per avvertire il dispiacere era viatrice, per inten­derne la causa era pari ai comprensori, dato che, durante la visione beatifica, aveva conosciuto Dio, dolcezza infini­ta, e la sua predilezione per gli uomini, e aveva capito si­no a che punto sarebbe straziato per la perdita di uno so­lo se potesse provare dolore. Si rese conto anche della brut­tezza degli avversari, della loro rabbia contro l'umanità, del peso della loro presenza e di quella degli altri condannati, dei vari supplizi infernali. Quale angustia, quale compas­sione provocò tutto questo, e quanto io non arrivo a pon­derare, in un cuore clemente e sensibile come quello di Ma­ria, che intuiva che costoro e innumerevoli altri si sareb­bero smarriti? Piangeva sulla loro sventura e ripeteva so­vente: «Oh, è dunque possibile che qualcuno di sua propria volontà si privi definitivamente della contemplazione della bellezza del volto dell'Altissimo e preferisca avere davanti le orrende facce dei diavoli nel fuoco che non si estingue?».

175. Ella riservò per sé il segreto della riprovazione di quei nuovi apostati, senza svelarlo ai Dodici. San Giovan­ni, però, osservandola così triste e ritirata, andò a visitarla e a domandarle che cosa gli comandasse di fare e in che cosa potesse esserle utile. Il suo aspetto lo turbò e, chie­dendole licenza di parlare, affermò: «Signora mia e madre del mio Maestro, da quando egli è stato ucciso non vi ho mai trovato tanto abbattuta, con il viso e gli occhi aspersi di sangue. Confidatemene, se è lecito, la ragione e comu­nicatemi se ho modo di confortarvi a prezzo della mia stes­sa vita». Gli fu risposto: «Carissimo, gemo per quel mede­simo motivo». Egli immaginò che la memoria della pas­sione avesse riacceso in lei acerba sofferenza, per cui re­plicò: «Potete ormai contenere i singhiozzi, adesso che Ge­sù siede trionfante alla destra del Padre. Benché non si deb­ba dimenticare quanto egli ha sostenuto per noi, dovete an­che rallegrarvi dei beni che la sua morte ha procurato».

176. Ella riprese: «Se coloro che lo oltraggiano e lo ne­gano vogliono crocifiggerlo un'altra volta e rendersi vano il frutto inestimabile del suo sacrificio, è conveniente che io mi lamenti avendo chiara la sua immensa benevolenza, in virtù della quale egli sopporterebbe ancora per ciascu­no quello che ha subito per tutti. Questa ardente genero­sità non è gradita e molti vanno al castigo perenne; così, non si può moderare la mia pena né mantenere in me la vita, se non me la conserva quello stesso che me l'ha do­nata. O discendenti di Adamo, formati ad immagine del mio Unigenito, a che cosa pensate? Dove avete il senno, per non comprendere la disgrazia che vi attende se giun­gerete a separarvi eternamente da colui che vi ha plasma­to?». Giovanni ribatté: «Maestra mia, se siete afflitta per i due che hanno abiurato, sapete che tra tanti figli ci sono dei servi infedeli; infatti, anche tra noi apostoli Giuda ha tradito, mentre stava alla scuola stessa di Cristo». La no­stra sovrana disse: «Se il Signore avesse determinato la per­dizione di alcune anime, il mio turbamento si potrebbe al­leggerire; ma, sebbene egli permetta la dannazione dei re­probi, perché la cercano, non era questo il volere assolu­to della sua benignità, che vorrebbe salvare tutti, se con il loro libero arbitrio non le resistessero. Inoltre, a sua Mae­stà costò sudore di sangue il vedere che non tutti erano eletti e che non tutti avrebbero conseguito gli effetti del sangue che egli avrebbe sparso per loro; se, poi, ora in cie­lo potesse sentire affanno per chi cade, senza dubbio esso sarebbe più grande che se patisse per lui. È, dunque, giu­sto che io, essendo illuminata su tale verità e stando nel­la carne passibile, mi angosci per ciò che egli desidera tan­to e non si ottiene». Con queste ed altre espressioni della Regina della misericordia, anche l'Evangelista si mosse al­le lacrime e in quello stato l'accompagnò a lungo.

 

Insegnamento della Regina del cielo

177. Mia diletta, in questo capitolo ti è stata rivelata l'incomparabile amarezza con cui io piansi la condanna al­trui. Potrai così capire quanto sei tenuta a fare per te stes­sa e per il prossimo, se vuoi imitarmi con l'eccellenza che ambisco da te. Non avrei ricusato alcun tormento e nep­pure il martirio, se fosse stato necessario a vantaggio di coloro che vanno all'inferno, e ne avrei avuto riposo nel mio infuocato affetto. Dal momento che tu non giungi a perire per il dolore, almeno non evitare di accettare per questa causa tutto quello che la Provvidenza disporrà, di pregare per i tuoi fratelli, di impegnarti con tutte le forze per impedire in loro qualsiasi difetto, se ti sarà possibile. Quando non ti sarà dato subito ciò cui aneli e non ti ac­corgerai che Dio ti ascolta, non abbandonare la fiducia, ma ravvivala e persevera. Tale importunità non può affat­to disgustarlo, poiché egli brama più di te la beatitudine di chi ha riscattato. Se nonostante questo non sarai esau­dita e non avrai quanto implori, applica i mezzi che la ca­rità e la prudenza esigeranno e torna a supplicare con nuo­va insistenza, perché l'Altissimo è sempre vincolato dall'a­more verso gli altri e da quello che ci spinge ad ostacola­re le trasgressioni, dalle quali viene offeso. Non vuole la morte del peccatore e, come hai già scritto, non ebbe da sé volontà assoluta ed antecedente di mandare in rovina le sue creature; anzi, le salverebbe tutte se esse non sce­gliessero di smarrirsi e, sebbene lo permetta per la sua equità, a motivo della libertà umana viene così ad accon­sentire a ciò che gli dispiace. Non scoraggiarti mai nelle tue orazioni, ma, riguardo alle richieste di cose tempora­li, presentale all'Onnipotente e domanda che si compia il suo beneplacito in quello che egli sa conveniente.

178. Se per la salvezza dei tuoi simili pretendo che ope­ri con tanto fervore, considera quanto tu debba fare per la tua e in che stima tu debba avere la tua anima, per la qua­le fu offerto un prezzo infinito. Ti ammonisco materna­mente di ricordarti, allorché le tentazioni e le passioni ti muoveranno a macchiarti di qualche colpa, benché assai lieve, dell'angustia e dei gemiti che mi procurò il conosce­re quelle degli uomini e l'adoperarmi per renderle difficili. Carissima, non comportarti anche tu come loro e, quan­tunque adesso io non possa soffrire, non privarmi del gau­dio accidentale che, dopo aver avuto la benevolenza di es­sere tua madre e maestra per guidarti come figlia e disce­pola, riceverò constatando che sei perfetta e istruita alla mia scuola. Se sarai negligente in questo, mi deluderai mol­to, dato che mi aspetto che in tutte le tue azioni tu sia gra­dita al mio Unigenito e lasci adempiersi in te con ogni pie­nezza i suoi decreti. Rifletti con la luce infusa che ti è con­cessa su quanto sarebbero gravi i tuoi torti se ne commet­tessi qualcuno dopo essere stata così beneficata dal Signo­re e da me. Non ti mancheranno pericoli e seduzioni negli anni che ti rimangono, ma tieni sempre a mente i miei in­segnamenti, la mia pena, i miei lamenti e, soprattutto, quel­lo che devi a Gesù, il quale si mostra tanto liberale verso di te nel favorirti e nell'applicarti il frutto del suo sangue, per trovare in te corrispondenza e gratitudine.

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