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CAPITOLO 27

 

Erode decreta la strage degli innocenti, Maria santissima lo viene a sapere e provvede a far nascondere san Giovanni per sottrarlo alla morte.

 

672. Lasciamo adesso in Egitto il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe santificare quel regno con la loro presenza e con i benefici che non meritò la Giudea, e torniamo a vedere come si concluse la diabolica astuzia ed ipocrisia di Erode. L'iniquo re aspettò il ritorno dei Magi, e la notizia che gli avrebbero recata di avere trovato ed adorato il nuovo Re dei Giudei. appena nato, con lo scopo di togliergli crudelmente la vita. Rimase beffato nel sapere che i Magi erano stati a Betlemme dai santissimi Maria e Giuseppe e che, avendo preso un'altra strada, dovevano ormai trovarsi fuori dai confini della Palestina. Poiché fu informato di tutto questo ed anche di altre cose accadute nel tempio, si accorse di essersi ingannato con la sua medesima astuzia, perché aveva preso tempo aspettando alcuni giorni, sino a quando gli parve che i re orientali avessero tardato ed il pungolo della sua ambizione non l'obbligò a domandare di essi. Consultò di nuovo alcuni dottori della legge e, siccome quello che dicevano di Betlemme secondo le Scritture concordava con ciò che vi era accaduto, comandò che si facesse ricerca con grande accuratezza della nostra Regina, del suo dolcissimo bambino e del glorioso san Giuseppe. Il Signore, che aveva ordinato loro di uscire di notte da Gerusalemme, occultò tuttavia il loro viaggio, affinché nessuno lo sapesse né scoprisse alcun segno della loro fuga. Così i ministri del re gli risposero che in tutta la regione non si trovavano quell'uomo, quella donna e quel bambino, non avendoli potuti scoprire né loro né alcun altro.

673. Allora lo sdegno di Erode s'infiammò al punto di non lasciarlo riposare un istante, poiché non trovava mezzo né rimedio per impedire il danno che temeva dal nuovo re. Per consolarlo, il demonio, che lo sapeva disposto a qualsiasi malvagità, gli insinuò nel pensiero una grande suggestione, istigandolo ad usare del suo potere regale per uccidere tutti i bambini di quella regione che non avessero oltrepassato i due anni; tra loro sarebbe stato impossibile non trovare il Re dei Giudei, nato in quel tempo. Il tiranno si rallegrò a questo pensiero, che mai venne in mente a nessun altro despota, e lo abbracciò, senza il timore e l'orrore che un'azione così crudele avrebbe suscitato in qualsiasi uomo ragionevole. Pensando e rimuginando come potesse eseguirlo in modo da soddisfare ed appagare la sua rabbia, fece unire alcuni corpi di milizia con i ministri di sua maggiore fiducia perché li governassero, e comandò loro, sotto gravi pene, di uccidere tutti i bambini che non avessero più di due anni, in Betlemme e nel suo territorio. Come ordinò Erode, così fu eseguito. In breve quella terra fu del tutto sbigottita e si riempì del pianto e delle lacrime dei padri, delle madri e dei parenti degli innocenti condannati a morte, senza che nessuno potesse fare opposizione né trovare un rimedio.

674. Questo empio mandato di Erode uscì sei mesi dopo la nascita del nostro Redentore. Quando cominciò ad essere eseguito, un giorno accadde che, mentre Maria santissima teneva nelle braccia il suo santissimo Figlio e contemplava la sua anima e tutti i suoi atti interiori, ella vide in essa, come in uno specchio, tutto ciò che accadeva in Betlemme, più chiaramente che se si fosse trovata presente alle grida dei bambini e dei loro genitori. La celeste Signora vide anche come il suo santissimo Figlio pregasse l'eterno Padre per i padri e per le madri degli innocenti e gli offrisse i piccoli uccisi come primizie della sua morte. Perché fossero uniti al suo sacrificio redentore, domandava che venisse loro concesso l'uso della ragione in modo che offrissero volontariamente la vita ed accettassero la morte a gloria del Signore. Egli avrebbe così ricompensato ciò che pativano con i premi e le corone dei martiri. Il Padre eterno concesse tutto, e la nostra Regina lo seppe nel suo Figlio unigenito, che accompagnò ed imitò nell'offerta e nelle preghiere che faceva. Accompagnò anche i padri e le madri nel dolore, nella compassione e nelle lacrime per la morte dei loro figli. Ella fu la vera e prima Rachele che pianse i figli di Betlemme e suoi; nessun'altra madre seppe piangerli come lei, perché nessuna seppe essere madre come lo fu la nostra Regina e signora.

675. Fino ad allora non aveva avuto consapevolezza di quanto santa Elisabetta avesse fatto per mettere in salvo il figlio Giovanni, secondo l'avviso che lei stessa le aveva dato per mezzo dell'angelo, quando erano usciti da Gerusalemme per andare in Egitto. Anche se non dubitava che si sarebbero adempiuti in lui tutti i misteri del suo compito di precursore che aveva conosciuto con la luce divina, non sapeva però la sollecitudine e la sofferenza in cui la crudeltà di Erode aveva posto santa Elisabetta e suo figlio, né con quale mezzo si sarebbero difesi da essa. La dolcissima Madre non ardiva domandare al suo santissimo Figlio di questo evento, per la riverenza e prudenza con cui si comportava con lui in queste rivelazioni, e con umiltà e pazienza si annientava e si ritirava in se stessa. Sua Maestà, però, corrispose al suo caritatevole e compassionevole desiderio. Le rivelò come Zaccaria, padre di san Giovanni, era morto quattro mesi dopo il suo parto verginale e quasi tre dopo che essi erano partiti da Gerusalemme; santa Elisabetta, già vedova, non aveva altra compagnia che quella di suo figlio Giovanni. Con lui, sola e abbandonata, si era ritirata in un luogo appartato poiché, per l'avviso datole dall'angelo e vedendo in seguito che Erode cominciava a compiere le sue efferatezze, si era decisa a fuggire nel deserto con il bambino e ad abitare tra le fiere. Seppe anche che santa Elisabetta aveva preso questa decisione con ispirazione ed approvazione dell'Altissimo e stava nascosta in una spelonca, dove con fatica e grande disagio manteneva sé ed il figlio Giovanni.

676. Conobbe ugualmente la celeste Signora che santa Elisabetta dopo tre anni di quella vita solitaria sarebbe morta nel Signore; che Giovanni sarebbe restato in quel luogo deserto per dare inizio ad una vita angelica e solitaria; infine che non si sarebbe mai allontanato di là sino a che, per ordine dell'Altissimo, non avrebbe cominciato a predicare la penitenza, come suo precursore. Il bambino Gesù manifestò alla sua santissima Madre tutti questi misteri e le altre occulte e profonde grazie, che santa Elisabetta e suo figlio ricevettero in quel deserto. Tutto ciò ella conobbe nello stesso modo in citi aveva conosciuto la morte degli innocenti. A questa notizia la divina Regina fu piena di giubilo e di compassione: di giubilo, nel sapere che il bambino Giovanni e sua madre erano in salvo; di compassione, per le sofferenze che essi pativano in quella solitudine. Subito chiese al suo santissimo Figlio di prendersi cura, li dove erano, della cugina Elisabetta e di Giovanni. Da allora in poi, per volontà del Signore, inviava spesso gli angeli a visitarli e, tramite gli stessi, anche alcune cose da mangiare. Questo fu il più grande regalo che ebbero il figlio e la madre solitari in quell'eremo. Per mezzo degli angeli la nostra Regina, dall'Egitto, ebbe con loro una continua e segreta corrispondenza. Quando giunse l'ora della morte di santa Elisabetta, le inviò un gran numero di angeli, affinché assistessero ed aiutassero sia lei che il suo bambino Giovanni, il quale aveva allora quattro anni e, con gli stessi angeli, seppellì sua madre morta in quel deserto. Da allora in poi, ogni giorno la Regina inviò a san Giovanni da mangiare, fino a che egli ebbe l'età per potersi sostentare, per mezzo della sua intelligenza e del suo lavoro, con le erbe, le radici ed il miele selvatico4. Egli visse, in tal modo, la più ammirabile delle astinenze di cui dirò qualcosa tra breve.

677. Fra tutte queste opere tanto stupende, né il pensiero può giungere a concepire né la lingua può esprimere i meriti e gli aumenti di santità e di grazia che accumulava Maria santissima, perché in tutto agiva con prudenza più che angelica. Quando la Madre ed il suo santissimo Figlio pregarono l'eterno Padre in favore dei bambini innocenti, ciò che in lei suscitò meraviglia, tenerezza e lode dell'Onnipotente fu il vedere quanto generosamente operò la sua divina provvidenza con loro. Conobbe, infatti, come se fosse stata presente, quanto fu elevato il numero di coloro che morirono. I più grandi tra loro non avevano più di due anni; alcuni erano di otto giorni, altri di due mesi e i rimanenti di età intermedia. A tutti fu concesso l'uso della ragione e vennero loro infuse, oltre ad un'altissima conoscenza dell'essere di Dio, le virtù della fede, speranza e carità in grado perfetto, con le quali esercitarono atti eroici di fede e di culto, ed anche di riverenza, amore e compassione dei propri genitori. Pregarono per loro perché, coree ricompensa del dolore che sentivano per la loro morte, ricevessero dal Signore luce e grazia per procurarsi i beni eterni. Accettavano il martirio volontariamente, rimanendo con tutta la fragilità della loro infanzia, per cui sentivano il dolore più sensibilmente e aumentavano il loro merito. Una moltitudine di angeli li assisteva, e portava le loro anime nel limbo. Essi, con la loro presenza, rallegrarono i santi Padri, perché ne confermarono la speranza nella libertà ormai prossima. Tutto ciò fu effetto delle preghiere del bambino Dio e di Maria santissima. L'Imperatrice delle altezze, nel conoscere queste meraviglie, col cuore ardente d'amore, disse: «Lodate, bambini, il Signore'» e, accompagnandoli, lodò l'Autore di

opere tanto magnifiche, degne della sua bontà ed onnipotenza. Solo Maria santissima conosceva e trattava tali opere con la sapienza e con la ponderazione necessarie. Lei sola, essendo tanto vicina a Dio, conobbe il grado ed il punto massimo dell'umiltà, perché essendo la madre della purezza, dell'innocenza e della santità, si umiliò più di quanto non seppero fare tutte le creature già profondamente umiliate per le loro colpe. In considerazione dei sublimi doni e benefici a lei concessi, maggiori persino di quanti ne avessero ricevuti tutte le altre creature messe insieme, solo Maria santissima, fra tutte, conseguì tale grado di umiltà. Ella sola, infatti, intuì degnamente che la creatura non può corrispondere in modo proporzionato ai benefici che riceve e, tanto meno, all'amore infinito poiché la loro origine è in Dio. Umiliandosi in questa conoscenza, la divina Signora rafforzava in essa il suo amore, la sua gratitudine e la sua umiltà; dava pienezza a tutto con la consapevolezza che nessuna creatura può dare a Dio degna retribuzione, pur essendo lei creatura pura in grado di farlo.

678. A conclusione di questo capitolo, intendo avvertire che, riguardo a molte cose che vado scrivendo, mi risultano esservi opinioni differenti tra i santi Padri e i vari autori. Ci sono diversità circa il tempo in cui Erode eseguì la sua crudeltà contro i bambini innocenti; è dubbio se questi fossero appena nati oppure avessero alcuni giorni o non oltrepassassero i due anni; esistono altre incertezze ancora, nella spiegazione delle quali non mi trattengo, perché non è necessario al mio scopo. In secondo luogo, scrivo solo quello che mi si va insegnando e dettando, o quello che, talvolta, l'obbedienza mi ordina di domandare, per comporre meglio questa Storia divina. Nelle cose che scrivo non era conveniente introdurre discussioni, poiché fin dal principio, come allora dissi, intesi dal Signore essere sua volontà che io scrivessi tutta la storia senza opinioni, ma secondo la verità che la luce divina mi avrebbe insegnato. Il giudicare se ciò che scrivo sia conforme alla verità della Scrittura e, con la maestà e grandezza dell'argomento che tratto, se le cose abbiano tra loro adeguato rilievo e connessione, tutto questo lo rimetto alla dottrina dei miei maestri e superiori, ed al giudizio dei saggi e dei credenti. La varietà delle opinioni è quasi necessaria fra quelli che scrivono, regolandosi gli autori gli uni sugli altri, e i moderni seguendo quelli, tra gli antichi, che maggiormente li soddisfano. La maggior parte, però, degli uni e degli altri, se si eccettuano le storie canoniche, si fonda su congetture o autori incerti, ed io non potevo scrivere seguendo questo criterio, perché sono donna ignorante.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

679. Figlia mia, quanto a quello che hai scritto in questo capitolo, voglio che ti servano di insegnamento il dolore col quale lo hai scritto e l'istruzione pratica che in esso hai trovato a spese altrui. Il dolore ti è nato dal conoscere che la creatura, nobile e creata dalla mano del Signore a sua immagine e somiglianza, con qualità tanto eccellenti e divine, come è il conoscere Dio, amarlo, essere capace di vederlo e di goderlo eternamente, giunga a dimenticarsi tanto di tale dignità, e si lasci avvilire e prostrare a brutali ed orribili passioni, come quella di spargere il sangue innocente di chi non poteva far male ad alcuno. Questa compassione ti deve indurre a piangere la rovina di tante anime, specialmente nel secolo in cui vivi, nel quale la medesima ambizione, che accese Erode, ha suscitato odi ed inimicizie molto crudeli tra i figli della Chiesa, facendo sì che si perdano infinite anime e resti inutile ed infruttuoso il sangue del mio santissimo Figlio sparso come loro prezzo e riscatto'. Piangi amaramente questa disgrazia.

680. Istruisciti però su altre sventure, e pondera bene ciò che può una passione cieca ammessa nella concupiscenza. Se si impadronisce del cuore lo brucia, o nel fuoco della concupiscenza, se compie il suo desiderio, o in quello dell'ira, se non lo può conseguire. Temi, figlia mia, questo pericolo, non solo per ciò che fece l'ambizione di Erode, ma anche per ciò che in ciascun momento intendi e conosci di altre persone. Stai molto attenta a non affezionarti ad alcuna cosa, per piccola che ti sembri, perché, per suscitare un grande incendio, basta iniziare con una piccolissima scintilla. In materia di mortificazioni delle inclinazioni, ti ripeto molte volte questo insegnamento, e lo farò spesso in ciò che resta, perché la maggiore difficoltà della virtù è il morire a tutto ciò che è dilettevole e sensibile. Non puoi infatti essere strumento nelle mani del Signore, come sua Maestà vuole, se non cancelli dalle tue facoltà persino le immagini di ogni creatura, affinché non ritrovino ingresso nella tua volontà. Voglio sia per te legge inviolabile che, tutto ciò che è fuori di Dio, dei suoi angeli e dei suoi santi, sia per te come se non fosse. Questa deve essere la tua professione, perciò il Signore ti rende chiari i suoi segreti e t'invita alla sua familiare ed intima conversazione ed io alla mia, appunto perché tu senza sua Maestà né viva, né desideri alcuna cosa.

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