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CAPITOLO 11

 

Maria santissima ascolta l'annuncio del santo arcangelo; si compie il mistero dell'incarnazione ed ella concepisce nel suo grembo il Verbo eterno.

 

123. Voglio confessare alla presenza del cielo, della terra e dei loro abitanti, nonché del Dio eterno e creatore di tutto l'universo, che, giunta al punto di prendere la penna per scrivere dell'arcano mistero dell'incarnazione, vengono meno le mie già deboli forze, ammutolisce la mia lingua, il mio ragionare si arresta, si bloccano le mie facoltà e, volgendo il mio intelletto alla divina luce che mi guida e ammaestra, mi trovo tutta sopraffatta e sommersa. In essa si conosce tutto senza inganno, s'intende senza raggiri; vedo la mia inadeguatezza, conosco il vuoto delle parole e quanto sono insufficienti i termini per dare un'idea completa di un mistero che alla fine comprende Dio stesso e la più grande opera e meraviglia della sua onnipotenza. Vedo in questo mistero la divina ed ammirabile armonia della provvidenza e sapienza infinite, con le quali Dio lo ordinò e preparò da tutta l'eternità, cominciando a dispoilo gradatamente fin dalla creazione del mondo, affinché tutte le sue opere e creature risultassero un mezzo adatto allo scopo altissimo della discesa di Dio nel mondo per farsi uomo.

124. Vedo inoltre come il Verbo eterno, per discendere dal seno di suo Padre, aspettò e scelse come occasione ed ora più opportuna il silenzio della mezzanotte 1 dell'ignoranza dei mortali, quando tutti i discendenti di Adamo erano sepolti ed immersi nel sonno dell'oblio, privi della conoscenza del loro vero Dio, senza che ci fosse chi aprisse la bocca per confessarlo e benedirlo, eccetto alcuni, pochi, del suo popolo. Tutto il resto del mondo restava nel silenzio e nelle tenebre, essendo in corso una lunga notte di quasi cinquemiladuecento anni; i secoli e le generazioni si succedevano le une alle altre, ciascuna nel tempo determinato dall'eterna sapienza, affinché tutti potessero conoscere il loro Creatore e in certo qual modo imbattervisi, dal momento che lo avevano così vicino che, stando in lui, ne ricevevano la vita, l'essere e il movimento. Tuttavia, sebbene alcuni dei mortali cercassero Dio andando quasi a tentoni, non essendo ancora arrivato il chiaro giorno della luce inaccessibile, non riuscivano a incontrailo; perciò, non conoscendolo, attribuivano la divinità alle cose sensibili e più vili della terra.

125. Giunse finalmente il fortunato giorno in cui l'Altissimo, disprezzando i lunghi secoli di una così rozza ignoranza, volle manifestarsi agli uomini e dare inizio alla redenzione del genere umano, assumendone la natura nel grembo di Maria santissima, già preparata per questo mistero. Per spiegare meglio ciò che di esso mi viene manifestato, è opportuno premettere alcune cose misteriose che avvennero quando l'Unigenito stava per discendere dal seno del suo divin Padre. Premetto innanzitutto che fra le tre Persone divine, come la fede insegna, sebbene vi sia distinzione personale, non vi è disuguaglianza alcuna nella sapienza, nell'onnipotenza, né in alcun altro attributo, come non può essercene neppure nella sostanza della natura divina; come nella dignità e peffezione infinita sono uguali, così lo sono anche nelle opere ad extra, perché esse escono fuori da Dio per dare origine a qualche creatura o cosa temporale. Queste opere sono indivise fra le tre Persone divine, perché non le fa una sola Persona, ma tutte e tre, in quanto sono un unico Dio e hanno una stessa sapienza, uno stesso intelletto e una stessa volontà. Quindi, come il Figlio sa e vuole ed opera ciò che sa e vuole ed opera il Padre, parimenti lo Spirito Santo sa e vuole ed opera come il Padre e il Figlio.

126. Con questa indivisibile unità tutte e tre le Persone realizzarono, con una medesima azione, l'incarnazione, benché sia stata la sola persona del Verbo a ricevere in sé la natura umana, unendola ipostaticamente a se stesso. Si dice perciò che il Figlio fu inviato dall'eterno Padre, dal cui intelletto procede, e che fu inviato da lui per opera dello Spirito Santo, il quale intervenne in questa missione. Ma poiché era il Figlio che doveva incarnarsi nel mondo, prima di scendere dal cielo senza uscire dal seno del Padre, pregò a nome dell'umanità, che doveva ricevere nella sua persona. Presentò i propri meriti previsti, affinché attraverso di essi si concedesse a tutto il genere umano la redenzione e il perdono dei peccati, per i quali doveva dare soddisfazione alla giustizia divina. Chiese il «fiat» della beatissima volontà del Padre che lo inviava, perché accettasse tale riscatto per mezzo delle sue opere, della sua santissima passione e dei misteri che voleva operare nella nuova Chiesa e nella legge della grazia.

127. L'eterno Padre accettò questa preghiera e questi meriti previsti del Verbo e gli concesse tutto quello che propose e domandò per i mortali. Anzi, egli stesso gli raccomandò i suoi eletti come sua eredità. Per questo Cristo Signore nostro disse mediante san Giovanni che non aveva perso né erano morti quelli che il Padre suo gli aveva dati, perché li aveva conservati tutti, eccetto il figlio della perdizione, che fu Giuda. E un'altra volta disse delle sue pecorelle che nessuno avrebbe potuto rapiile dalle sue mani, né da quelle del Padre suo. Lo stesso avverrebbe per tutti gli uomini se, essendo sufficiente la redenzione, si aiutassero fra sé rendendola efficace per tutti e in tutti; infatti, nessuno sarebbe escluso dalla divina misericordia, se tutti l'accettassero per mezzo del loro Redentore.

128. Tutto questo - a nostro modo d'intendere - avvenne in cielo, nel trono della beatissima Trinità, prima del «fiat» di Maria santissima, del quale ora dirò. Quando l'Unigenito del Padre s'incarnò nel grembo della Vergine, si mossero i cieli e tutte le creature. Per l'unione inseparabile delle tre Persone divine, anche il Padre e lo Spirito Santo scesero con il Verbo, che era l'unico a doversi incarnare. Col Signore e Dio degli eserciti, uscirono tutti i componenti della celeste milizia, pieni d'invincibile fortezza e di splendore. Non era necessario sgombrare il cammino, perché la Divinità lo riempie tutto, sta in ogni luogo e nulla può ostacolarla; tuttavia, i cieli, rispettando il loro stesso creatore, lo onorarono aprendosi tutti e undici. Anche gli altri elementi lo venerarono: le stelle si vestirono di nuova luce, la luna, il sole e gli altri pianeti affrettarono il loro corso in suo ossequio, per trovarsi presenti alla più grande delle sue opere e meraviglie.

129. I mortali non conobbero questo movimento e cambiamento di tutte le creature, sia perché accadde di notte, sia perché il Signore stesso volle che fosse manifesto solo agli angeli, i quali lo lodarono con rinnovata ammirazione, conoscendo misteri così imperscrutabili e venerabili, nascosti agli uomini. Questi allora erano ben lontani da tali meraviglie e da simili benefici, che facevano stupire gli stessi spiriti angelici, ai quali soltanto, per il momento, veniva affidato il compito di dare gloria, lode e venerazione al loro Creatore. Soltanto nel cuore di alcuni giusti l'Altissimo infuse in quell'ora una nuova sensazione di straordinario giubilo, che avvertirono tutti. Quindi, concepirono nuovi ed elevati pensieri sul Signore e alcuni si sentirono ispirati a sospettare che quella novità, che percepivano, fosse effetto della venuta del Messia per la redenzione del mondo. Ma tutti tacquero, perché ognuno credeva che solo a lui fosse accaduto quel cambiamento e venuto quel pensiero, giacché così dispose il potere divino.

130. Anche nelle altre creature vi fu un mutamento. Gli uccelli si misero a cantare con allegria straordinaria, le piante e gli alberi migliorarono nei loro frutti e nella loro fragranza e rispettivamente tutte le altre creature sentirono qualche misteriosa vivificazione. Ma quelli che la ricevettero maggiormente, furono i Padri e i Santi che si trovavano nel limbo, dove fu inviato l'arcangelo san Michele a portare notizie tanto liete, con cui li consolò e li lasciò così pieni di giubilo che proruppero in nuove lodi all'Altissimo. Solo l'inferno ne trasse un rinnovato dolore, poiché quando il Verbo eterno scese dalle altezze dei cieli, i demoni sentirono la forza impetuosa del potere divino, che li sommerse come le onde del mare e li precipitò nella parte più profonda di quelle tenebrose caverne, senza che potessero resistere o rialzarsi. Quando poi la volontà divina lo permise, uscirono nel mondo e lo percorsero tutto, indagando se vi fosse qualche novità, alla quale dovesse attribuirsi quella che avevano sperimentato in se stessi. Non poterono, però, rintracciarne la causa, benché si riunissero più volte per discutere tale questione; infatti il potere divino celò loro il mistero della sua incarnazione e il modo in cui Maria santissima aveva concepito il Verbo incarnato. Soltanto alla sua morte e sotto la croce seppero con certezza che Cristo era vero Dio e vero uomo.

131. Perché l'Altissimo compisse questo mistero, il santo arcangelo Gabriele entrò nella stanza in cui stava pregando Maria santissima, accompagnato da innumerevoli angeli in forma umana visibile, tutti rifulgenti di bellezza incomparabile. Era il giovedì, alle sette della sera, all'imbrunire. La Principessa del cielo lo vide e lo guardò con somma discrezione, non più di quello che bastava a identificailo come angelo del Signore. Dopo ciò, con la sua solita umiltà, volle onorailo. Il santo principe non acconsentì, anzi egli stesso s'inchinò profondamente a lei come a sua Regina e signora, nella quale adorava i divini misteri del suo Creatore, riconoscendo contemporaneamente che da quel giorno mutavano gli antichi tempi e l'usanza che gli uomini si prostrassero davanti agli angeli, come aveva fatto Abramo. Infatti, venendo la natura umana esaltata alla dignità del medesimo Dio nella persona del Verbo, gli uomini ne risultavano già adottati come figli suoi e compagni o fratelli degli stessi angeli, come uno di essi disse all'evangelista san Giovanni, non permettendogli di adorarlo.

132. Il santo arcangelo salutò la nostra e sua Regina e le disse: «Tt saluto, o piena di grazia, il Signore è con te; benedetta tu fra le donne». Udendo questo nuovo saluto, la più umile delle creature rimase turbata. Questo avvenne per due cause. L'una fu la sua profonda umiltà, per la quale le sembrò insolito sentirsi salutare e chiamare benedetta fra tutte le donne, mentre si considerava l'ultima di tutti i mortali. L'altra fu che, mentre andava considerando nel suo cuore tale saluto, il Signore le fece comprendere che la sceglieva per Madre sua. Questo la sconcertò molto di più, per la bassa considerazione che aveva di sé. Per tranquillizzaila, l'arcangelo proseguì, manifestandole l'ordine del Signore: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo» Aggiunse, poi, le altre parole che riporta la Scrittura.

133. Solo la nostra prudentissima ed umile Regina poté, fra le creature semplicemente tali, stimare e magnificare nel modo dovuto un così nuovo e singolare mistero. Poiché conobbe quanto è grande, giustamente ne restò ammirata e si turbò. Tuttavia, rivolse presto il suo umile cuore al Signore, il quale non poteva negare nulla alle sue preghiere. Nel segreto del suo intimo gli domandò nuova luce ed assistenza per comportarsi adeguatamente in una situazione così ardua, perché, per operare questo mistero, l'Altissimo la lasciò nello stato della fede, speranza e carità, sospendendole ogni altra forma di favori e di elevazioni interiori, che spesso, per non dire continuamente, riceveva. Trovandosi in questa disposizione interiore, rispose a san Gabriele ciò che riporta in seguito san Luca e cioè: «Come è possibile? Non conosco uomo» Nello stesso tempo dentro di sé presentava al Signore il voto di castità che aveva fatto e lo sposalizio che sua Maestà aveva celebrato con lei.

134. Le rispose il santo principe Gabriele: «Signora, èfacile al potere divino farvi madre senza che conosciate uomo; lo Spirito Santo verrà con la sua presenza e starà di nuovo con voi, e la potenza dell'Altissimo vi coprirà con la sua ombra affinché da voi possa nascere il Santo dei santi, che si chiamerà Figlio di Dio. Sappiate che anche la vostra parente Elisabetta, nella sua sterile vecchiaia, ha concepito un figlio, e questo per lei è il sesto mese di gravidanza, perché niente è impossibile a Dio. Colui che fa concepire e partorire chi era sterile può far sì che voi, Signora, arriviate ad essere sua madre, restando sempre vergine e risultando ancor più consacrata nella vostra grande purezza. Ora, al Figlio che partorirete, Dio darà il trono di suo padre Davide, e il suo regno sulla casa di Giacobbe sarà eterno. Voi, Signora, ben conoscete la profezia di Isaia, il quale disse che una vergine avrebbe concepito e partorito un figlio, che si sarebbe chiamato Emmanuele, cioè Dio con noi. Questa profezia è infallibile e si deve adempiere nella vostra persona. Similmente conoscete il grande mistero del roveto, che Mosè vide ardere senza che venisse consumato dal fuoco, per significare con questo le due nature, divina e umana, che stanno insieme in una sola persona, sènza che quella umana sia consumata da quella divina, e per indicare altresì che la madre del Messia lo avrebbe concepito e partorito senza che la sua purezza verginale venisse meno. Ricordatevi, Signora, della promessa che fece il nostro Dio eterno al patriarca Abramo, cioè che dopo la schiavitù dei suoi discendenti in Egitto, alla quarta generazione, avrebbero fatto ritorno in questa terra; il mistero di questa promessa stava nel fatto che in questa generazione, per mezzo vostro, Dio fatto uomo avrebbe riscattato tutto il genere umano dall'oppressione del demonio. Inoltre, quella scala che Giacobbe vide in sogno fu figura del cammino reale che il Verbo incarnato avrebbe aperto, affinché i mortali salissero al cielo e gli angeli scendessero sulla terra, dove sarebbe venuto l'Unigenito del Padre per vivere con gli uomini e comunicare loro i tesori della Divinità, con la partecipazione delle virtù e perfezioni del suo essere immutabile ed eterno».

135. Per sollevare Maria santissima dal turbamento che le sue parole le avevano procurato, il messo celeste fornì queste indicazioni, richiamandosi all'annuncio delle antiche promesse e profezie della Scrittura, alla fede e alla conoscenza che Maria aveva di esse e del potere infinito dell'Altissimo. Tuttavia l'eccelsa Signora, superando gli stessi angeli in sapienza, prudenza e santità, prendeva tempo, per poi rispondere con la pienezza che si addiceva al più grande dei misteri del potere divino. Questa grande Signora considerò che dalla sua parola dipendevano la realizzazione del disegno della beatissima Trinità, l'adempimento delle sue promesse e profezie, il sacrificio più gradito tra tutti quelli che erano stati offerti, l'aprirsi delle porte del paradiso, la vittoria e il trionfo sull'inferno, la redenzione di tutto il genere umano, la soddisfazione della giustizia divina, l'istituzione della nuova legge della grazia, la gloria degli uomini, il gaudio degli angeli e tutti i benefici che sarebbero derivati dall'incarnazione dell'Unigenito del Padre, venendo egli ad assumere la condizione di servo nel suo grembo verginale.

136. È certamente una grande meraviglia, degna della nostra ammirazione, che l'Altissimo abbia lasciato tutti questi misteri, e gli altri che ciascuno di essi racchiude, in mano ad un'umile giovane e che tutto sia dipeso solo dal suo «fiat». Tuttavia egli rimise degnamente e sicuramente tutto questo alla fortezza e sapienza di questa donna forte, la quale, apprezzando ciò con tanta magnificenza e sublimità, non tradì la confidenza che egli aveva riposto in 1ei. Per operare ad intra Dio non ha bisogno della cooperazione delle creature; ma egli non volle eseguire la più grande ed eccellente tra le opere ad extra, cioè l'incarnazione, senza la collaborazione di Maria santissima e il suo libero assenso. Dette così compimento con lei e attraverso di lei a tutte le opere che portò alla luce al di fuori di sé, perché fossimo grati di questo beneficio alla madre della Sapienza e nostra riparatrice.

137. Questa grande Signora considerò e penetrò profondamente lo spazioso campo della dignità di madre di Dio, per comprarlo con un «fiat»; si rivestì di forza sovrumana, e gustò e vide quanto era buono questo scambio con Dio. Conobbe i sentieri dei suoi misteriosi benefici, si adornò di fortezza e di bellezza. Quindi, avendo considerato tra sé e con l'arcangelo Gabriele la grandezza di così alti e divini misteri ed avendo pienamente compreso l'annuncio che riceveva, il suo purissimo spirito fu rapito nell'ammirazione, nella venerazione e in un sommo, intensissimo amore di Dio. Per l'intensità di questi superni moti interiori, come per un loro effetto connaturale, il suo castissimo cuore fu in un certo senso compresso con una tale forza, che ne uscirono tre gocce del suo purissimo sangue; queste si posero nel luogo naturale per il concepimento del corpo di Cristo nostro Signore, che da esse venne formato per virtù dello Spirito divino. Quindi, il cuore di Maria purissima, a forza di amore, forni realmente la materia della quale si formò l'umanità santissima del Verbo per la nostra redenzione. Nello stesso tempo ella, con la sua umiltà non mai abbastanza esaltata, inclinando un po' il capo e congiungendo le mani, pronunciò quelle parole che furono il principio della nostra redenzione: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto »

138. Quando pronunciò questo «fiat», tanto dolce per Dio e tanto felice per noi, avvennero istantaneamente quattro cose. La prima fu la formazione del corpo santissimo di Cristo nostro Signore dalle tre gocce di sangue che uscirono dal cuore di Maria santissima. La seconda fu la creazione dell'anima santissima dello stesso Signore, creata anch'essa come le altre. La terza fu l'infusione dell'anima nel corpo, componendo la sua umanità perfettissima. La quarta fu l'unione ipostatica, nella persona del Verbo, della divinità con l'umanità, che realizzò in un solo istante l'incarnazione; fu quindi formato Cristo, vero Dio e vero uomo, Signore e redentore nostro. Questo accadde di venerdì, il 25 marzo, al sorgere del sole, nell'ora stessa in cui fu formato il nostro progenitore Adamo, nell'anno cinquemilacentonovantanove dalla creazione del mondo, come nel martirologio computa la Chiesa romana, guidata dallo Spirito Santo. Questo conto è quello vero e certo, e così mi èstato manifestato, avendolo io domandato per obbedienza. Conformemente a ciò, il mondo fu creato nel mese di marzo e, siccome le opere dell'Altissimo sono tutte perfette, le piante e gli alberi uscirono dalla mano di sua Maestà con i loro frutti e li avrebbero conservati sempre, senza perderli, se il peccato non avesse alterato tutta la natura, come dirò a tale proposito in un altro trattato, se sarà volontà del Signore.

139. Nello stesso istante in cui l'Onnipotente celebrò le nozze dell'unione ipostatica nel talamo verginale di Maria santissima, la celeste signora fu elevata alla visione beatifica, contemplò chiaramente ed intuitivamente la Divinità e conobbe in essa altissimi misteri, dei quali parlerò nel prossimo capitolo. In particolare, le furono chiariti i segreti di quelle cifre che aveva ricevuto nell'abbigliamento ed anche di quelle che portavano gli angeli destinati alla sua protezione. Il bambino divino andava crescendo in modo naturale nell'utero materno, con l'alimento, la sostanza e il sangue della Madre santissima, come gli altri uomini, benché esente dalle imperfezioni che i figli di Adamo soffrono in quello stato. Ciò era dovuto al fatto che l'Imperatrice del cielo era libera da alcune di esse, che sono effetti del peccato, accidentali e non appartenenti alla sostanza della generazione, come anche dai limiti costituzionali comuni alle altre donne, che incidono sulla formazione e la crescita dei loro figli. Infatti la materia, a cui ella doveva contribuire e che non riceveva dalla natura corrotta delle altre discendenti di Eva, le veniva data mediante gli atti eroici delle virtù che esercitava, specialmente della carità. In verità, poiché le opere che l'anima compie con fervore e amore agiscono naturalmente sullo stato di salute, ciò veniva finalizzato dalla divina provvidenza al sostentamento del Dio bambino; così l'umanità del nostro redentore era alimentata naturalmente, e nello stesso tempo la divinità veniva ricreata con l'esercizio di eroiche virtù. In questo modo Maria santissima, essendo concepita senza peccato e libera dai suoi effetti gravosi, forni allo Spirito Santo, per la formazione del corpo di Cristo, sangue puro. E mentre quello delle altre madri, necessario a far crescere i figli, è imperfetto ed impuro, la Regina del cielo dava al bambino quello più puro, sostanzioso e delicato, perché glielo comunicava a forza di amore e di altre virtù, oltre che attraverso la sostanza dei cibi che mangiava. Sapendo, poi, che il suo sostentarsi era finalizzato a dare alimento al Figlio di Dio e suo, prendendo il cibo faceva sempre atti talmente eroici che gli spiriti angelici se ne stupivano, stentando quasi a credere che si potessero compiere azioni umane così comuni con tanto merito e compiacimento del Signore.

140. Questa donna celeste entrò in possesso della maternità divina con tali privilegi, che quanti ne ho riferiti sinora e ne riferirò d'ora in poi non sono che la minima parte della sua eccellenza, né la mia lingua è in grado di esprimerla, perché all'intelletto non è possibile concepirla adeguatamente, né i più dotti e sapienti troveranno termini adatti per spiegaila. Gli umili, che comprendono l'arte dell'amore divino, ne riceveranno la conoscenza per mezzo della luce infusa e per il sapore interiore con cui si percepiscono tali cose segrete. E non solo Maria santissima divenne cielo, tempio e dimora della santissima Trinità, non solo fu trasformata, elevata e divinizzata col nuovo e speciale aiuto della Divinità presente nel suo grembo purissimo, ma anche quell'umile casa e quella povera stanza in cui pregava vennero divinizzati e consacrati come nuovo santuario del Signore. Inoltre gli spiriti celesti, che erano testimoni di questa meraviglia, stavano a contemplarla, magnificavano l'Onnipotente con nuovi canti di lode e con gioia indicibile e, in compagnia della felicissima Madre, lo benedivano a nome suo e di tutto il genere umano, che ignorava il più grande dei suoi benefici e la maggiore delle sue misericordie.

 

Insegnamento della regina Maria santissima

 

141. Figlia mia, ti vedo stupefatta, e a ragione, per aver conosciuto con nuova luce il mistero di un Dio che si umilia sino ad unirsi alla natura umana nel seno di una povera giovane. Ora voglio, carissima, che tu rifletta bene sul fatto che Dio, venendo nel mio grembo, non si umiliò per me sola, ma anche per te. Il Signore è infinito nella misericordia e il suo amore non ha limiti; per questo si occupa e si prende cura di qualsiasi anima che lo riceva e si compiace di essa come se avesse creato quella sola e si fosse fatto uomo solo per lei. Per tale ragione devi considerarti come sola nel mondo, al fine di ringraziare con tutta la forza del tuo amore il Signore per la sua venuta in esso; poi gli devi rendere grazie perché è venuto anche per tutti gli altri. Con viva fede conosci e confessi che quel Dio, infinito negli attributi ed eterno nella maestà, che scese a farsi uomo nel mio grembo, è quello stesso che cerca te, chiama te, arricchisce te, accarezza te e si volge tutto a te, come se tu fossi la sua unica creatura. Allora, valuta bene e considera a cosa ti obbliga una così ammirabile benignità e trasforma questa ammirazione in atti vivi di fede e di amore. Ciò è dovuto ad un re e Signore come lui, che si degnò di venire a te quando tu non lo potevi né cercare né trovare.

142. Qualsiasi cosa questo Signore ti desse fuori da se stesso, l'apprezzeresti molto, guardandola anche solo con criteri umani, senza valerti della luce superiore. E veramente qualunque dono, che venga dalla mano di un Re tanto eminente, è degno di ogni stima. Ma se volgi lo sguardo a Dio, lo conosci con la luce superna e sai che ti ha resa capace della sua divinità, vedrai che, se essa non ti si fosse comunicata e Dio non fosse venuto a te, tutto quanto egli ha creato sarebbe per te uno spregevole niente. In tal modo godrai e ti riposerai solo nel considerare che hai un Dio così amorevole, amabile, potente, soave e ricco. Egli pur essendo infinito, si degna di umiliarsi fino alla tua bassezza per sollevarti dalla polvere, arricchire la tua povertà ed essere per te padre, sposo e amico fedelissimo.

143. Fai dunque attenzione, figlia mia, agli effetti che ha in te questa verità. Pensa bene, e fallo spesso, all'amore dolcissimo di questo grande Re nella sua cura, nelle sue consolazioni e carezze, nei favori che ricevi, negli sforzi che attende da te, nella luce della sua divina conoscenza, che ha acceso nel tuo cuore. Con essa potrai comprendere profondamente l'infinita grandezza del suo stesso essere, la meravigliosità delle sue opere e dei suoi misteri più nascosti, la verità del tutto, che è lui, ed il nulla di ciò che è visibile. Questa conoscenza è la base dell'insegnamento che ti ho dato perché tu giunga a comprendere con quanto riguardo e onore devi trattare i favori e i benefici di questo Signore e Dio, tuo vero bene, tuo tesoro, tua luce e tua guida. Guarda a lui come a un Dio infinito, pieno di amore e terribile. Ascolta, carissima, le mie parole, il mio insegnamento e le mie indicazioni, perche in cio risiede la pace e la luce dei tuoi occhi.

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