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CAPITOLO 11

 

Nella creazione di tutte le cose, l'Altissimo ebbe presente Cristo Signore nostro e la sua santissima Madre; elesse e favorì il suo popolo rappresentando questi misteri.

 

133. Nell'ottavo capitolo dei Proverbi la Sapienza dice di se stessa che era presente quando l'Altissimo disponeva tutte le cose, durante la creazione. Ho detto poco sopra che questa Sapienza è il Verbo incarnato, il quale, quando Dio pensava nella sua mente divina la creazione di tutto il mondo, era presente con la sua santissima Madre. In quell'istante, infatti, non vi era solo il Figlio coll'eterno Padre e lo Spirito Santo nell'unità della divina natura, ma anche l'umanità che doveva assumere era presente al primo posto di tutto il creato, prevista e ideata nella mente divina del Padre, in unione con l'umanità della sua Madre santissima, che gli avrebbe dato la sua stessa carne. In queste due persone furono previste tutte le sue opere. Da ciò l'Altissimo si sentiva come obbligato a non tener più conto, secondo il nostro modo di parlare, di tutto quello con cui il genere umano e gli angeli caduti avrebbero potuto disobbligarlo dal procedere alla creazione di tutto il rimanente del mondo e delle creature che stava facendo a servizio dell'uomo.

134. L'Altissimo guardava al suo Figlio unigenito fatto uomo e alla sua santissima Madre, come a modelli che egli aveva formato con la grandezza della sua sapienza e del suo potere per avvalersene come di originali, dei quali il genere umano sarebbe stato una copia. Voleva che tutti gli uomini, simili a queste due immagini della sua divinità, fossero, mediante questi due esemplari, somiglianti a lui stesso. Creò anche le cose materiali necessarie alla vita umana; fece ciò con molta saggezza affinché alcune servissero anche da simboli per rappresentare, in qualche modo, le due santissime persone di Cristo e Maria, che esse dovevano servire e ai quali Dio mirava principalmente. Con questa intenzione egli fece i due grandi luminari del cielo, il sole e la luna affinché, dividendo il giorno dalla notte, rappresentassero il sole di giustizia, Cristo Gesù, e la sua santissima Madre, bella come la luna, che separano il giorno della grazia dalla notte del peccato. Il sole rischiara la luna ed entrambi illuminano tutte le altre creature, dal firmamento fino all'estremità dell'universo.

135. Creò e perfezionò anche le altre cose, perché dovevano servire a Cristo e a Maria santissima e, grazie a loro, agli altri uomini. Prima di crearli dal niente, imbandì una mensa gustosissima, abbondante, sicura e memorabile, molto più di quella di Assuero. Li voleva creare per sua delizia e per invitarli alla conoscenza del suo amore. Come cortese e generoso Signore, desiderava che il convitato non dovesse attendere, che fosse un tutt'uno l'essere creato e il ritrovarsi assiso alla mensa della divina conoscenza e dell'amore, affinché non ritardasse in ciò che più gli doveva interessare, cioè riconoscere e lodare il suo onnipotente Creatore.

136. Nel sesto giorno della creazione formò e creò Adamo, uomo di quasi trentatré anni, età pari a quella che Cristo, nostro bene, avrebbe avuto alla sua morte; lo fece tanto somigliante alla sua santissima Umanità che nel corpo a fatica si sarebbe distinto, e anche nell'anima lo fece simile a lui. Da Adamo, poi, formò Eva così simile alla Vergine che la imitava in tutte le sue fattezze e nella persona. Il Signore, con sommo gradimento e benevolenza, guardava a questi due ritratti degli originali, che voleva creare a suo tempo, e in vista di quelli diede loro molte benedizioni, felice d'intrattenersi con essi e coi loro discendenti, fino a quando fosse arrivato il giorno della formazione di Cristo e di Maria.

137. Purtroppo il felice stato in cui Dio aveva creato i due progenitori del genere umano durò molto poco: l'invidia del serpente, che spiava la loro creazione, subito si risvegliò contro di loro, anche se non poté vedere la formazione di Adamo e di Eva, come invece vide tutte le altre cose nel momento in cui furono create. In verità il Signore non volle manifestargli l'opera della creazione dell'uomo, né la formazione di Eva dalla costola, anzi gliele tenne nascoste fino a quando ne completò l'opera. Il demonio vide l'ammirabile disposizione dell'umana natura sopra tutti gli altri esseri creati e la bellezza delle anime, nonché la leggiadria dei corpi di Adamo e di Eva. Appena si accorse di ciò e conobbe che il Signore li guardava con paterno amore e che li aveva fatti padroni e signori di tutto il creato lasciando loro la speranza della vita eterna, la sua ira, già grande, infuriò a dismisura. Non c'è lingua che possa esprimere la furia e i movimenti rapidi e improvvisi di quella bestia feroce, aizzata dalla sua invidia, per togliere loro la vita. E, come un leone, l'avrebbe fatto in quell'istante, se non avesse conosciuto che una forza ben più grande lo tratteneva. Macchinava, però, e s'ingegnava per trovare il modo di sbalzarli dalla grazia dell'Altissimo affinché si ribellassero a lui.

138. Qui Lucifero prese un abbaglio: come il Signore da principio gli manifestò che il Verbo si sarebbe fatto uomo nel grembo di Maria santissima, ma non gli svelò né dove né quando, così ora, per la stessa ragione - affinché egli cominciasse ad avvertire l'ignoranza del mistero e del tempo dell'incarnazione - gli nascondeva il modo della creazione di Adamo e della formazione di Eva. Ne seguì che, avendo volto principalmente l'ira e l'attenzione contro Cristo e Maria, ebbe il sospetto che probabilmente Adamo fosse venuto da Eva e questa fosse la Madre e quegli il Verbo incarnato. Sentendo che una forza divina lo tratteneva perché non li facesse morire, in lui cresceva sempre più questo sospetto. Avendo conosciuto i comandi che Dio impose loro - i quali non gli rimasero occulti perché udì il discorso che fece ad Adamo ed Eva - si spense a poco a poco il dubbio, anche perché, mentre ascoltava, investigò l'indole dei due progenitori. Così cominciò fin d'allora, come leone famelico, a circuirli cercando la porta d'entrata delle inclinazioni che via via veniva a conoscere in ciascuno di loro. Fino a quando non si fu disingannato completamente, oscillava tra l'ira contro Cristo e Maria, e il timore di esserne vinto. Quello che soprattutto lo spaventava, era il disonore che gli sarebbe toccato, se chi l'avesse vinto fosse stata la Regina del cielo: non Dio, ma una semplice creatura.

139. Riflettendo dunque sul precetto che Adamo ed Eva avevano ricevuto, iniziò a tentarli armandosi dell'inganno, contrastando, con tutta la sua forza, la divina volontà. Ma non assalì prima l'uomo, bensì la donna, sia perché la conobbe d'indole più delicata e più debole, sia perché andando contro di lei era più sicuro che ella non fosse il Cristo, sia infine perché contro di lei, dopo quel segno che aveva visto nel cielo e la minaccia che Dio gli aveva fatto a riguardo di quella donna, nutriva somma indignazione. Tutto questo lo spinse ad assalire prima Eva di Adamo. La predispose suggerendole molte immaginazioni e molti pensieri travolgenti e disordinati, affinché si ritrovasse molto turbata. Siccome in un'altra parte ho scritto già riguardo a questo, non mi dilungherò nel descrivere quanto violentemente e inumanamente la tentò. Per il mio scopo basta sapere ciò che dicono le sacre Scritture, e cioè che prese la forma di serpente, con la quale parlò ad Eva, che iniziò quella conversazione che non avrebbe dovuto tenere. Così dall'ascoltarlo passò a rispondergli e a credergli; di qui, poi, ad infrangere il comando che le era stato ordinato; e infine a persuadere il marito che lo infrangesse anche lui a danno suo e di tutti, perdendo così, loro e noi, il felice stato in cui l'Altissimo ci aveva posti.

140. Quando Lucifero vide la caduta di entrambi e come la bellezza interiore della grazia e della giustizia originali si erano convertite nella bruttezza del peccato, furono incredibili la pomposa vanagloria e il trionfo che mostrò ai suoi demoni. Ben presto, però, li dovette perdere, quando seppe che, contrariamente ai suoi desideri, l'amore divino si era dimostrato pietoso e misericordioso verso di loro lasciando spazio alla penitenza, oltre che alla speranza del perdono e della grazia, se si fossero disposti ad accoglierli con dolore e contrizione. Anzi, quando Lucifero conobbe che la bellezza della grazia e dell'amicizia di Dio veniva restituita loro, nuovamente tornò a turbare tutto l'inferno vedendo gli effetti del pentimento. Il suo cruccio aumentò ancor più quando udì la sentenza che Dio decretava contro i rei tra i quali anch'egli era compreso; sopra ogni cosa lo tormentò sentir ripetere che la donna gli avrebbe schiacciato la testa, minaccia che aveva già udito in cielo.

141. Dopo il peccato si moltiplicarono i figli di Eva. Si fece, così, la distinzione dei buoni e dei rei, degli eletti e dei reprobi, dei seguaci di Cristo nostro redentore e maestro e di quelli di Satana. Gli eletti seguono il loro capo con la fede, l'umiltà, la carità, la pazienza e con tutte le virtù; per conseguire il trionfo, sono assistiti, aiutati e abbelliti dalla grazia divina e dai doni che lo stesso Signore e riparatore di tutti meritò loro. I reprobi, invece, senza ricevere questi benefici e favori dal loro falso condottiero e senza volere altro premio all'infuori della pena e della confusione eterna dell'inferno, lo seguono con la superbia, la presunzione, l'ambizione, le immoralità e le malvagità introdotte dal padre della menzogna e autore del peccato.

142. Nonostante ciò l'ineffabile benignità dell'Altissimo diede loro la sua benedizione, affinché, in essa, la stirpe umana crescesse e si moltiplicasse. La sua altissima provvidenza permise che il primo parto di Eva portasse le primizie del peccato nell'ingiusto Caino, mentre il secondo parto indicasse, nell'innocente Abele, il riparatore del peccato, Cristo nostro Signore. Cominciò così a presentarlo contemporaneamente come figura e come modello da imitare, affinché, nel primo giusto, si desse inizio alla legge di Cristo e al suo insegnamento, di cui tutti gli altri dovevano essere discepoli in forza della giustizia, anche quando fossero perseguitati ed oppressi dai peccatori, dai reprobi e dai loro stessi fratelli. Per questo si ebbe in Abele la prima prova della pazienza, dell'umiltà e della mansuetudine; in Caino, invece, dell'invidia e di tutte le altre malvagità a beneficio del giusto e a perdizione di se stesso, per il trionfo del cattivo e la sofferenza del buono. Con questi spettacoli si diede il via agli altri che, successivamente, avrebbe rappresentato il mondo, formato dalle due città: Gerusalemme per i giusti e Babilonia per i reprobi, ciascuno con il proprio capo e il proprio condottiero.

143. L'Altissimo volle che, nella peculiarità della creazione, il primo Adamo fosse figura del secondo. Come prima di Adamo creò ed ordinò il regno di tutte le creature delle quali lo fece signore e capo, così, prima di inviare il suo Unigenito, lasciò passare molti secoli, affinché egli trovasse, nella moltiplicazione del genere umano, un popolo di cui essere capo, maestro e vero re, senza che rimanesse un solo momento privo di regno e di vassalli. Questa doveva essere la meravigliosa armonia disposta dalla divina Sapienza, cioè che fosse ultimo nell'esecuzione ciò che era primo nell'intenzione.

144. Avvicinandosi per il mondo il momento in cui il Verbo doveva discendere dal seno dell'eterno Padre per vestire la nostra mortalità, elesse e predispose un popolo scelto e nobilissimo, il più ammirabile che prima e dopo si sia mai visto. In esso, poi, designò una stirpe illustre e santa, dalla quale il Figlio di Dio potesse discendere secondo la carne. Io non mi soffermo a riferire la genealogia di Cristo Signore nostro, perché non è necessario dal momento che è già stata riportata dai santi Evangelisti. Dico solo, a lode dell'Altissimo, che in molte occasioni mi ha mostrato, in vari tempi, il suo incomparabile amore per questo popolo, i favori che operò in esso, nonché i sacri misteri che in tali benefici erano racchiusi e che poi furono manifestati nella santa Chiesa, senza che mai abbia preso sonno il custode d'Israele.

145. Diede Profeti e santi Patriarchi i quali, con immagini simboliche e profezie, ci preannunciarono, da lontano, quello che ora felicemente possediamo, affinché li veneriamo per il loro apprezzamento della legge di grazia e per come la sospirarono e domandarono. Dio manifestò a questo popolo il suo essere immutabile attraverso molte rivelazioni, ed esso lo manifestò a noi per mezzo delle sante Scritture, racchiudendovi immensi misteri, ai quali potessimo pervenire attraverso la fede. Il Verbo incarnato li compì e li rese tutti credibili, lasciando così alla sua Chiesa la dottrina sicura e l'alimento spirituale delle divine Scritture. Quantunque i profeti e i giusti di quel popolo non abbiano potuto gioire di vedere con i propri occhi Cristo, il Signore non fu meno generoso con loro, manifestandosi in profezie e suscitandone l'affetto; affinché sollecitassero la sua venuta e domandassero la redenzione di tutto il genere umano. La sintonia, l'armonia di tutte queste profezie, di tutti questi misteri e sospiri degli antichi Padri, erano per l'Altissimo come un soavissimo concerto che risuonava nell'intimo del suo petto, con cui, secondo il nostro modo d'intendere, ingannava il tempo, o forse lo accelerava, nell'attesa di discendere a dialogare con gli uomini.

146. Per non intrattenermi troppo su quanto il Signore, a proposito di questo, mi ha fatto conoscere, e per giungere presto a quello che desidero raccontare riguardo ai preparativi che il Signore fece per inviare nel mondo il Verbo incarnato e la sua santissima Madre, li accennerò succintamente secondo l'ordine delle divine Scritture. Il libro della Genesi contiene ciò che riguarda l'esordio e la creazione del mondo a favore del genere umano, la divisione delle terre e delle nazioni, il castigo e la restaurazione, la confusione delle lingue, l'origine del popolo eletto, la sua discesa in Egitto, insieme a molti altri e grandi misteri che Dio rivelò a Mosè, per farci conoscere l'amore e la giustizia che fin da principio mostrò agli uomini al fine di attirarli alla sua conoscenza e al suo servizio e manifestare quello che aveva fissato di fare per l'avvenire.

147. L'Esodo contiene ciò che successe in Egitto al popolo eletto, le piaghe ed i castighi che Dio inviò per riscattarlo misteriosamente, l'uscita e il passaggio del Mar Rosso, la legge scritta data con tanti accorgimenti e tante meraviglie, molti altri misteri che Dio realizzò per il suo popolo, affliggendo ora i suoi nemici ora il popolo stesso, castigando gli uni come giudice severo e correggendo gli altri come padre amantissimo, insegnando a riconoscere il beneficio nelle avversità. Grandi meraviglie fece con la verga di Mosè, che prefigurò la croce sulla quale il Verbo incarnato sarebbe stato sacrificato come agnello, rimedio per gli uni e rovina per gli altri; fu figura della croce anche il Mar Rosso, che difese il popolo con muri di acque, e annegò, con le stesse, gli egiziani. Con questi misteri Dio tesseva la vita dei santi, ora di allegrezza, ora di pianto, ora di sofferenza, ora di sollievo e copiava tutto, con infinita sapienza e attenzione, dalla vita e dalla morte futura di Cristo Signore nostro.

148. Nel Levitico si descrivono e stabiliscono molti sacrifici con riti legittimi per placare Dio; essi preannunciavano l'Agnello che si sarebbe sacrificato per tutti, gli stessi che poi anche noi avremmo immolato a sua divina Maestà, non più simbolicamente, ma realmente. Si descrivono anche le vesti di Aronne che fu figura di Cristo, benché quest'ultimo non fosse sacerdote secondo l'ordine inferiore di Aronne, bensì al modo di Melchisedek.

149. I Numeri contengono il cammino nel deserto, prefigurando quello che Dio avrebbe operato nella Chiesa con il suo Unigenito, con la sua santissima Madre e con gli altri giusti che, in diversi modi, sono rappresentati nei fatti della colonna di fuoco, della manna, della pietra da cui zampillò acqua. Contengono anche altri grandi misteri e racchiudono quelli che si riferiscono all'aritmetica, essendoci dei segreti molto profondi.

150. Il Deuteronomio è come una seconda legge, non diversa dalla prima, bensì ripetuta in modo differente e più rappresentativa di quella evangelica. Per il fatto che, per gli occulti giudizi di Dio e per ragioni di convenienza conosciute dalla sua divina sapienza, si doveva ritardare l'incarnazione del Verbo, l'Altissimo rinnovava e ordinava leggi più somiglianti a quella che avrebbe poi stabilita per mezzo del suo Figlio unigenito.

151. Giosuè introduce il popolo di Dio nella terra promessa e gliela assegna oltre il Giordano, operando grandi prodigi, come evidente figura del Redentore, sia per il nome che per le opere. Simboleggia la distruzione dei regni in possesso al demonio, nonché la separazione e divisione dei buoni e dei cattivi che si farà nell'ultimo giorno.

152. Dopo Giosuè, avendo già il popolo preso possesso della terra promessa e desiderata, che in primo luogo e propriamente significa la Chiesa acquistata da Gesù Cristo con il prezzo del suo sangue, vengono i Giudici, dai quali prende nome l'omonimo libro. Questi furono mandati da Dio per governare il suo popolo che, per i suoi continui peccati e la sua idolatria, subiva guerre da parte dei Filistei e degli altri nemici suoi vicini. Dio difendeva e liberava Israele quando ritornava a lui con la penitenza e la conversione. In questo libro si racconta quello che fece Debora, giudicando il popolo e liberandolo da una grande oppressione, e quello che fece Giaèle, la quale collaborò per la vittoria. Furono donne entrambe forti e valorose. Tutte queste storie sono evidente figura e testimonianza di ciò che avviene nella Chiesa.

153. Finito il tempo dei Giudici, Israele domandò i re, perché voleva essere governato come le altre nazioni. Anche i libri dei Re racchiudono grandi misteri sulla venuta del Messia. La morte del sacerdote Eli e del re Saul indica l'aspro giudizio sulla legge antica. Sadok e Davide raffigurano il nuovo regno, il sacerdozio di Cristo e la Chiesa che in rapporto alla totalità degli uomini racchiude in sé solo un piccolo numero. Gli altri re d'Israele e di Giuda, come le ripetute prigionie, rappresentano altri grandi misteri della santa Chiesa.

154. Vi fu a quei tempi il pazientissimo Giobbe. Tutte le sue parole rimandano a misteri riguardanti la vita di Cristo, la risurrezione dei morti, il giudizio ultimo di ciascuno, la forza e l'astuzia del diavolo. Dio pose Giobbe, in primo luogo, come esempio di pazienza per i mortali, affinché tutti apprendessimo da lui come sopportare le fatiche. Noi sappiamo come è avvenuta la morte di Cristo, ma ci fu già un santo che, pur vedendolo da lontano, lo imitò con tanta pazienza.

155. Nei numerosi e grandi Profeti, che Dio inviò al suo popolo al tempo dei re, quando maggiore era il bisogno, si trovano molti misteri che l'Altissimo non tralasciò di rivelare e dichiarare loro perché riguardano la venuta del Messia e la sua legge. Lo stesso fece, ancora prima, con gli antichi Padri e i Patriarchi. Ciò serviva a mostrare continuamente la figura del Verbo incarnato e a preparargli il popolo e la legge che doveva insegnare.

156. Abbondanti e copiose facoltà diede ai tre grandi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, perché lo si chiamasse Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe. Egli volle onorarsi di questo nome per dare onore agli stessi Patriarchi, manifestando la loro dignità e le loro eccellenti virtù, oltre i segreti che aveva loro confidato perché gli dessero un nome così onorevole. Ad Abramo, per rappresentare dal vivo ciò che l'eterno Padre avrebbe operato con il suo Unigenito, chiese di sacrificare Isacco. Mentre l'obbediente padre stava per attuare il sacrificio, il Signore, come glielo aveva comandato, così glielo impedì, affinché la messa in opera di quest'azione così eroica fosse riservata al Padre eterno, che avrebbe sacrificato concretamente il suo Unigenito. Egli volle dimostrare, con il gesto di Abramo, che l'amore per Dio deve essere più forte della morte. Non era conveniente, tra l'altro, che una figura tanto espressiva restasse incompiuta, per cui Abramo sacrificò un ariete, immagine dell'Agnello che doveva togliere i peccati del mondo.

157. A Giacobbe fece vedere quella misteriosa scala densa di significati occulti, dei quali il più grande rappresentava il Verbo fatto uomo, nostra via e scala che conduce al Padre. Per suo tramite la divina Maestà discese tra noi. Per suo mezzo gli angeli, che c'illuminano e custodiscono, ascendono e discendono, conducendoci con le loro mani, affinché le pietre dell'errore, delle eresie e dei vizi non siano di inciampo nel cammino della vita. In mezzo a tali pietre saliamo questa scala con la fede e la speranza della santa Chiesa, la casa di Dio, che altro non è se non la porta del cielo e la santità.

158. A Mosè, per renderlo superiore al faraone e capo del suo popolo, mostrò quel mistico roveto che ardeva senza bruciare, simbolo profetico della Divinità celata dalla nostra umanità, senza che quest'ultima intacchi il divino, né il divino consumi l'umano. Il roveto rappresentava anche la verginità della Madre del Verbo, non solo nel corpo, ma anche nell'anima mai macchiata, che, pur discendendo da Adamo, non fu intaccata dalla colpa originale.

159. Davide, con la grandezza del suo cuore, cantò le misericordie dell'Altissimo includendo nei suoi salmi tutti i doni di Dio e i misteri, non solo della legge di grazia, ma anche di quella scritta e di quella naturale; non tacque le testimonianze, i giudizi, e le opere dell'Altissimo che teneva salde nel suo cuore per meditarle giorno e notte. Perdonando gli oltraggi, volle rappresentare colui che avrebbe perdonato i nostri; così gli furono fatte le promesse più chiare e certe della venuta del Redentore nel mondo.

160. Salomone, re pacifico, e per questo figura del vero re, diffuse, come un fiume, la sua grande sapienza, per manifestare, con diverse forme di componimenti, i misteri e le grazie di Cristo, specialmente nella metafora del Cantico dei Cantici, dove racchiuse gli arcani del Verbo incarnato, della sua santissima Madre, della Chiesa e dei fedeli. Lasciò anche degli insegnamenti morali, che costituiscono la fonte alla quale molti altri scrittori attinsero le acque della verità e della vita.

161. Chi potrà apprezzare degnamente il beneficio di Dio, il quale ci donò, tramite il suo popolo, l'illustre schiera dei santi Profeti, nei quali l'eterna Sapienza versò abbondantemente la grazia della profezia, illuminando la Chiesa con tante luci, che da così lontano ci preannunciassero il sole di giustizia e i raggi che doveva espandere nella legge di grazia con le sue opere? Isaia e Geremia, i due grandi profeti, furono eletti per diffondere in modo sublime i misteri dell'incarnazione del Verbo, la sua nascita, la sua vita e la sua morte. Isaia ci promise che una vergine avrebbe concepito e partorito un figlio, che si sarebbe chiamato Emmanuele, e che un bambino sarebbe nato per noi e avrebbe portato sulle sue spalle il segno della sovranità. Ci annunziò anche il resto della vita di Cristo, con tanta chiarezza, che la sua profezia sembrò un Vangelo. Geremia profetizzò una meraviglia nuova: una donna avrebbe portato nel suo grembo un uomo perfetto che poteva solo essere il Cristo, vero Dio e vero uomo. Annunziò la sua venuta, la sua passione, gli oltraggi che avrebbe subito e la sua morte. Rimango stupita e meravigliata considerando questi profeti. Isaia chiede che, dalla pietra del deserto al monte della figlia di Sion, Dio mandi l'Agnello dominatore della terra; questo agnello, che è il Verbo incarnato, come Divinità stava nel deserto del cielo dove non vi erano uomini. Lo chiama anche pietra per il riposo, per la fermezza e per la quiete eterna che gode. Il monte, dal quale chiede che venga, è misticamente la Chiesa nella quale Maria santissima, figlia della visione di pace, è Sion. Il Profeta la pone al centro affinché il Padre invii l'agnello, suo unigenito Figlio. In tutto il resto del genere umano, nessuno lo può vincolare a fare ciò come tale Madre, che a questo divino agnello deve offrire il corpo per la sua santissima umanità. Questo contiene quella dolcissima preghiera e profezia.

162. Anche Ezechiele vide la vergine Madre come figura o metafora di quella porta chiusa, che solo per il Dio d'Israele si sarebbe aperta e nessun altro uomo sarebbe passato per essa . Abacuc contemplò Cristo Signore nostro in croce e con profonde parole profetizzò i misteri della redenzione, gli ammirabili effetti della passione e morte del Redentore. Gioele descrive la terra delle dodici tribù, figura degli Apostoli, che dovevano essere a capo di tutti i figli della Chiesa. Preannunciò anche la discesa dello Spirito Santo sui servi e le serve dell'Altissimo, specificando il tempo della venuta e della vita di Cristo. Anche tutti gli altri Profeti, ciascuno nei propri messaggi, lo annunciarono, perché l'Altissimo volle che tutto fosse detto, profetizzato e prefigurato abbondantemente da lontano, così che tutte queste ammirabili opere potessero testimoniare il suo amore e la sua sollecitudine per gli uomini, nonché le grazie di cui arricchiva la sua Chiesa, e biasimare la nostra tiepidezza e indifferenza. Gli antichi Padri e Profeti s'infiammarono d'amore solo nell'ombra e nella figura, cantando lode e gloria a Dio; noi invece, che possediamo la realtà e il giorno della grazia, rimaniamo sepolti nell'oblio di tanti benefici; abbandonando la luce, preferiamo le tenebre.

 

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