[ Rosario on line - Libri Cattolici - L'imitazione di Cristo ]

Capitolo ventesimo

RICONOSCERE LA PROPRIA DEBOLEZZA E LA MISERIA DELLA VITA PRESENTE

PAROLE DEL DISCEPOLO Confesser� contro di me il mio peccato" (Sal 31,5); a Te, o Signore, confesser� la mia debolezza. Ci� che mi deprime e rattrista � spesso cosa da nulla. Mi propongo di comportarmi da forte, in avvenire; ma quando sopraggiunge una piccola tentazione, la mia angustia si fa grande. Talvolta, una cosa assolutamente da nulla mi scatena contro una tentazione grave. E mentre mi ritengo un tantino sicuro, non avvertendo il pericolo, ecco che mi trovo talvolta quasi sopraffatto da un lieve soffio d'aria."Vedi, dunque, o Signore, la mia miseria" (Sal 24,18) e la mia fragilit� che Ti si rivela in ogni occasione. Abbi piet� di me "e salvami dal fango, cosicch� io non vi affondi" (Sal 68,15) n� vi resti immerso per sempre. Ci� che spesso mi risospinge indietro e mi confonde davanti a Te, � questa mia grande facilit� a cadere e questa mia grande debolezza nel resistere alle tentazioni. Ed anche se non cedo del tutto, pure la loro insistenza gi� mi riesce molesta e gravosa, e m'affligge molto vivere quotidianamente cos�, in questa lotta. La mia debolezza mi si rivela palese da questo, che le fantasie, che dovrei avere sempre in orrore, sono molto pi� pronte ad irrompere su di me, che non a partirsene. Almeno Tu, o potentissimo Dio d'Israele, difesa delle anime che hanno fede in Te, guarda alla fatica e all'afflizione del tuo servo ed assistilo in ogni impresa cui s'accinge! Rinfrancami con la tua celeste fortezza, perch� non prenda in me il sopravvento l'uomo vecchio, cio� la misera carne non ancora del tutto dominata dallo spirito; c�ntro di essa bisogner� sempre lottare, finch� c'� fiato in questa infelicissima vita. Ahim�, che vita � questa, dove non vengono a mancare tribolazioni e miserie; dove tutto � pieno d'insidie e nemici! Una tribolazione od una tentazione passa e ne viene un'altra; anzi, mentre dura ancora la lotta con la precedente, ne sopraggiungono altre pi� numerose ed impensate. E come si pu� amare una vita che serba cos� grandi amarezze, che � soggetta a tante disgrazie e miserie? Come, anzi, si pu� chiamare vita, se genera tante morti e sciagure? Oppure la si ama, e molti cercano in essa la propria gioia. Il mondo � spesso accusato d'essere ingannevole e vano; e tuttavia, non lo si abbandona facilmente, perch� siamo troppo dominati dagli appetiti della carne. Alcune cose, per�, ci inducono ad amare il mondo, altre ci inducono a condannarlo. "La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita" (1 Gv 2,16) trascinano ad amare il mondo, mentre le pene e le sofferenze, che giustamente ne conseguono, generano in noi odio e disgusto del mondo. Ma - doloroso a dirsi - i piaceri peccaminosi hanno il sopravvento nell'anima dedita al mondo, la quale stima delizia lo stare tra le spine, perch� non ha conosciuto n� gustato mai la soavit� di Dio n� l'intimo godimento della virt�. Coloro, invece, che hanno un totale disprezzo del mondo e cercano di vivere per Dio nella santit� della disciplina, non ignorano le divine dolcezze, promesse a chi sa veramente rinunciare al mondo; e vedono pi� chiaramente quanto gravi siano gli errori del mondo ed in quanto diversi modi esso s'inganni.

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