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Capitolo IX

LA DOLCEZZA VERSO NOI STESSI

Uno dei metodi pi� efficaci per conseguire la dolcezza � quello di esercitarla verso se stessi, non indispettendosi mai contro di s� e contro le proprie imperfezioni. E’ vero che la ragione richiede che quando commettiamo errori ne siamo dispiaciuti e rammaricati, ma non che ne proviamo un dispiacere distruttivo e disperato, carico di dispetto e di collera. E in questo molti sbagliano grossolanamente perch� si mettono in collera, poi si infuriano perch� si sono infuriati, diventano tristi perch� si sono rattristati, e si indispettiscono perch� si sono indispettiti. In tal modo conservano il cuore come frutta candita a bagno nella collera: pu� anche sembrare che la seconda collera elimini la prima, ma in realt� � soltanto per fare spazio maggiore alla seconda, alla prima occasione.

C’� di pi�: queste collere e amarezze contro di se stessi portano all’orgoglio e sono soltanto espressione di amor proprio, che si tormenta e si inquieta per le imperfezioni. Il dispiacere che dobbiamo avere per le nostre mancanze deve essere sereno, ponderato e fermo; un giudice punisce molto meglio i colpevoli quando emette sentenze ragionevoli in ispirito di serenit�, che quando procede con aggressivit� e passione. In tal caso non punirebbe le colpe secondo la loro natura, ma secondo la propria passione. Allo stesso modo noi puniamo molto meglio noi stessi se usiamo correzioni serene e ponderate e non aspre, precipitose e colleriche; tanto pi� che queste correzioni fatte con irruenza non sono proporzionate alle nostre colpe ma alle nostre inclinazioni.

Per esempio, chi � attaccato alla castit�, andr� su tutte le furie e sar� inconsolabilmente amareggiato per la minima colpa contro di essa, e poi far� le matte risate per una gravissima maldicenza commessa. Per contro, chi odia la maldicenza, andr� in crisi per una leggera mormorazione e non dar� peso ad una grave mancanza contro la castit�; e cos� via. E questo capita perch� la coscienza di costoro non giudica secondo ragione, ma secondo passione.

Devi credermi, Filotea: le osservazioni di un pap�, se fatte con dolcezza e cordialit�, hanno molta pi� efficacia per correggere il figlio, della collera e delle sfuriate. La stessa cosa avviene quando il nostro cuore � caduto in qualche colpa: se lo riprendiamo con osservazioni dolci e serene e gli dimostriamo pi� compassione che passione, lo incoraggiamo a correggersi, il pentimento sar� molto pi� profondo e lo compenetrer� pi� di quanto non farebbe un pentimento pieno di dispetto, di ira e di minacce.

Per conto mio, posto che ci tenessi molto a non cadere nel vizio di vanit�, e ciononostante ci fossi caduto, e seriamente, non vorrei correggere il mio cuore con parole come le seguenti: Guarda quanto sei miserabile e abominevole; dopo tante risoluzioni, guarda come ti sei lasciato travolgere! Muori di vergogna, non azzardarti pi� ad alzare gli occhi verso il cielo; cieco, svergognato, traditore e sleale con il tuo Dio, e simili cose. Io procederei invece, ragionevolmente, con compassione: Coraggio, mio povero cuore, eccoci caduti nella trappola da cui avevamo promesso di stare lontano; rialziamoci e liberiamocene per sempre, invochiamo la misericordia di Dio e speriamo in essa; d’ora in poi ci dar� la sua assistenza per renderci pi� decisi, rimettiamoci in cammino con umilt�.

Coraggio, d’ora in poi stiamo in guardia, Dio ci aiuter�, ce la faremo. E su questa correzione vorrei costruire un solido e fermo proposito di non ricaderci pi�, prendendo i mezzi pi� idonei a tal fine, compreso il parere del mio direttore spirituale.

Se poi qualcuno pensasse di non essere sufficientemente scosso da questo tipo di correzione, potrebbe servirsi di un richiamo o di un rimprovero duro e forte per provocare una vergogna profonda, purch�, dopo aver rudemente sgridato e strapazzato il proprio cuore, chiuda con una consolazione, ponendo termine alla sua amarezza e al suo corruccio con una dolce e santa fiducia in Dio, ad imitazione di quel grande penitente che, vedendo un’anima afflitta, la risollevava in questo modo: Perch� sei triste, anima mia? Perch� mi turbi? Spera in Dio, io lo benedir� ancora perch� � la salvezza del mio volto e il mio vero Dio.

Rialza dunque dolcemente il tuo cuore quando cade, umiliati grandemente davanti a Dio alla conoscenza della tua miseria; ma non meravigliarti della tua caduta: � naturale che l’infermit� sia malata, che la debolezza sia debole, e la miseria sia misera. Disprezza con tutte le forze l’offesa che Dio ha ricevuto da te e, con coraggio e fiducia nella sua misericordia, rimettiti nel cammino della virt�, che avevi abbandonato.

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