[ Rosario on line - Libri Cattolici - Filotea ]

Capitolo VI

L’UMILTA’ CI FA AMARE L’ABIEZIONE

Procedo oltre, Filotea, e ti dico di amare l’abiezione sempre e in tutto. Ma, mi chiederai, che cosa vuol dire amare la propria abiezione? In latino abiezione vuol dire umilt� e umilt� vuol dire abiezione; di modo che, quando la Madonna nel suo Cantico dice che, poich� il Signore ha visto l’umilt� della sua serva, tutte le generazioni la chiameranno beata, vuol dire che il Signore, con bont�, ha guardato la sua abiezione, la sua meschinit�, la sua bassezza, per colmarla di grazia e di favori. C’� tuttavia differenza tra la virt� dell’umilt� e l’abiezione; l’abiezione � la pochezza, la bassezza e la meschinit� che alberga in noi, senza che ci pensiamo; la virt� dell’umilt� invece, � la conoscenza veritiera e l’ammissione della nostra abiezione.

L’apice dell’umilt� cos� intesa consiste non soltanto nel riconoscere la nostra abiezione, ma nell’amarla ed esserne contenti; non per mancanza di coraggio o di generosit�, ma per esaltare maggiormente la Maest� divina e dare al prossimo una stima maggiore che a noi stessi. Ti incoraggio a questo e, per essere pi� esplicito, ti dir� che, tra i mali che ci affliggono, alcuni sono spregevoli, altri onorati; a quelli onorati molti si adattano, ma nessuno vuol saperne di quelli spregevoli. Prendi, per esempio, un devoto eremita, coperto di cenci e tremante dal freddo: tutti onoreranno il suo abito a brandelli e proveranno compassione per la sua sofferenza; ma se un povero artigiano, un povero galantuomo o una povera ragazza si trovano nelle stesse condizioni, verranno coperti di disprezzo, derisi e la loro povert� sar� spregevole.

Se un Religioso accetta con devozione un duro richiamo dal superiore, o un figlio dal padre, tutti chiameranno quel comportamento mortificazione, obbedienza, saggezza; se un cavaliere o una dama dovessero subire, per amore di Dio, la stessa cosa da parte di qualcuno, di qualunque cosa si tratti, tutti la chiameranno codardia o vigliaccheria: ecco un altro male spregevole.

Poni il caso che uno abbia un tumore al braccio e un altro al volto: il primo soffre soltanto il male, ma il secondo, con il male, si trova il disprezzo, l’isolamento e l’abiezione.

Io ti dico che non soltanto devi amare il male, il che � opera della virt� della pazienza; tu devi amare anche l’abiezione, e questo � opera dell’umilt�.

Ci sono poi delle virt� disprezzate e delle virt� onorate: la pazienza, la dolcezza, la semplicit� e la stessa umilt�, per i mondani , sono virt� vili e da disprezzare; per contro stimano molto la prudenza, il valore, la liberalit�.

Ci sono addirittura atti della stessa virt� che a volte sono disprezzati e a volte onorati; prendi, ad esempio, l’elemosina o il perdono delle offese; sono entrambi atti di carit�: la prima � onorata da tutti, il secondo � disprezzato dal mondo. Un giovanotto o una ragazza che non si lasciano trascinare ai disordini di una brigata dissoluta nel parlare, nel giocare, nel ballare, nel bere, nel vestire come loro, saranno scherniti e criticati e il loro riserbo sar� chiamato bigottismo o esibizionismo. Amare queste conseguenze vuol dire amare la propria abiezione.

Passiamo a un altro campo: la visita agli ammalati. Se ti mandano dal pi� reietto secondo il mondo, per te sar� un’abiezione; per questo l’amerai. Se ti mandano da gente bene sar� un’abiezione secondo lo spirito, perch� il merito e le virt� saranno minori; amerai anche quella abiezione. Se si cade nel bel mezzo della strada, oltre al male, ci trovi la vergogna; anche questa va amata. Ci sono alcune colpe che non comportano altro male all’infuori dell’abiezione; l’umilt� non esige che le commettiamo apposta, ma, che una volta commesse, non ce ne preoccupiamo. Si tratta di certe sciocchezze, mancanze di educazione, o sbadataggini, che vanno evitate finch� si � in tempo, per comportarsi educatamente e con prudenza; ma una volta che ci siamo caduti, bisogna accettare l’abiezione che ne consegue ed accettarla di cuore per amore dell’umilt�.

Ma vado oltre: se per collera o mancanza di controllo, mi sono lasciata andare a parole indecorose o offensive di Dio e del prossimo, me ne pentir� sinceramente e sar� profondamente dispiaciuta per l’offesa che cercher� di riparare meglio che potr�; ma non lascer� passare l’occasione per accettare volentieri l’abiezione e il disprezzo che ricadranno su di me. Se fosse possibile separare le due cose, respingerei con forza il peccato e terrei umilmente l’abiezione.

Ma pur amando l’abiezione che deriva dal male, non bisogna arrendersi alle fatalit� del male che ne � la causa; bisogna correre ai ripari. Occorre farlo in modo efficace e con cura, soprattutto poi, quando il male � soltanto una conseguenza.

Se sono afflitta da un male spregevole al volto, far� di tutto per guarire, senza far nulla perch� sia dimenticata l’abiezione che me ne � venuta. Se ho commesso qualche cosa che non offende alcuno, non cercher� scuse, perch�, pur trattandosi di un difetto, non � permanente; se mi scusassi sarebbe solo per evitare l’abiezione che me ne viene. Questo l’umilt� non lo permette. Ma, se per disattenzione o leggerezza, ho offeso o scandalizzato qualcuno, riparer� l’offesa con qualche scusa che risponda a verit�; perch� in tal caso, il male ha radici e la carit� esige che lo sradichi.

Qualche volta capita anche che la verit� esiga che poniamo rimedio all’abiezione per il bene del prossimo, al quale � necessaria la nostra buona reputazione; in tal caso pur togliendo l’abiezione dagli occhi del prossimo, per impedirne lo scandalo, dobbiamo rinchiuderla e nasconderla nel nostro cuore perch� ne sia edificato.

Tu, Filotea, vuoi sapere quali sono le abiezioni migliori: ti dico subito, e senza esitazione, che quelle pi� utili all’anima e pi� gradite a Dio, sono quelle che incontriamo per caso o che sono legate alla nostra condizione; la ragione � che non le abbiamo scelte noi, ma le abbiamo ricevute come Dio ce le ha mandate. E Lui sa scegliere sempre meglio di noi. Se fosse necessario scegliere, ricordati che le pi� grandi sono le migliori; e sai quali sono le pi� grandi? Quelle maggiormente contrarie alle nostre inclinazioni, sempre, beninteso, in linea con la nostra vocazione. Te lo dico una volta per sempre: la nostra scelta e la nostra preferenza rovina, o almeno diminuisce, tutte le nostre virt�. Chi ci far� la grazia di poter dire con il grande Re Davide: "Ho scelto di essere abietto nella casa del Signore. Piuttosto che abitare nelle tende dei peccatori"?

Il solo che lo pu�, cara Filotea, � Colui che per innalzare noi, � vissuto e morto come obbrobrio degli uomini e abiezione del popolo.

Ti ho detto molte cose che potranno sembrarti dure quando ci rifletterai sopra; ma, credimi, risulteranno pi� dolci dello zucchero e del miele, quando le metterai in atto.

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