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Capitolo XXVII

L'ONESTA' NELLE PAROLE E IL RISPETTO DOVUTO ALLE PERSONE

Dice S. Giacomo: Se uno non pecca in parole � un uomo perfetto. Fa scrupolosamente attenzione a non lasciarti sfuggire alcuna parola sconveniente; anche se non la dici con cattiva intenzione, coloro che l'odono, possono prenderla in tal senso. Se la parola sconveniente cade in un cuore debole, si estende e si allarga come una goccia d'olio su un lenzuolo; e qualche volta si impadronisce in modo tale del cuore da riempirlo di mille pensieri e tentazioni oscene.

Tu sai che il veleno per il corpo entra dalla bocca; quello per il cuore entra dall'orecchio e la lingua che lo propina � assassina, anche se il veleno propinato non consegue l'effetto perch� ha trovato immunizzati i cuori degli uditori. Se gli altri non sono morti non � perch� mancasse la volont� di uccidere.

Nessuno venga a dirmi che non ci pensa: Nostro Signore, che conosce i pensieri, ha detto che la bocca parla dell'abbondanza del cuore. Se il pensiero non ce lo mettiamo noi, sta pur certa che ce lo mette il diavolo e anche molto! t il suo segreto: servirsi di cattive parole per trafiggere i cuori di chi gli capita a tiro.

Si dice che quelli che mangiano l'erba detta angelica, hanno sempre l'alito dolce e gradevole; coloro che hanno nel cuore l'onest� e la castit�, che � una virt� angelica, usano sempre parole educate e pulite. Quanto alle cose indecenti e folli, l'apostolo non vuole nemmeno che se ne faccia il nome, e ci assicura che niente corrompe i buoni costumi quanto le conversazioni invereconde.

Se queste parole indecenti sono dette di nascosto, in modo studiato e sottile, sono ancora pi� velenose; infatti pi� un dardo � appuntito e pi� profondamente penetra nel corpo; cos�, pi� una parola cattiva � sottile e pi� penetra nei nostri cuori.

Coloro che pensano di essere gentiluomini perch� usano tali parole nelle conversazioni, non hanno idea di che cosa sono le conversazioni; devono essere simili a sciami di api raccolte insieme per ricavare il miele da qualche dolce e virtuoso argomento, e non un mucchio di vespe che si uniscono per succhiare marciume.

Se qualche stupido ti dice parole indecenti, fa vedere che le tue orecchie non vogliono udirle: interessati ad altro o manifesta la tua ripugnanza in qualche modo; sar� la tua prudenza a indicarti quello opportuno.

Uno dei difetti peggiori dello spirito � quello di essere beffardo: Dio odia molto questo vizio e sappiamo che lo ha punito con castighi esemplari.

Nessun vizio � cos� contrario alla carit�, e pi� ancora alla devozione, quanto il disprezzo e la derisione del prossimo.

La derisione e la beffa non vanno senza disprezzo; � per questo che � un peccato molto grave, e i moralisti hanno ragione di dire che la derisione � il modo peggiore di offendere il prossimo con parole; le altre offese salvano sempre, in una certa misura, la stima per la persona; la derisione invece non la risparmia in nulla.

Cosa molto diversa sono le battute scherzose tra amici; si fanno in allegria e gioia serena. Si tratta addirittura di una virt� cui i Greci davano il nome di eutrapelia: noi diciamo buona conversazione. E’ il modo di prendersi una onesta e amabile ricreazione sulle situazioni buffe cui i difetti degli uomini danno occasione.

Bisogna soltanto stare attenti a non passare dagli scherzi sereni alla derisione. La derisione provoca al riso per mancanza di stima e per disprezzo del prossimo; invece la battuta allegra e la burla scherzosa provocano al riso per la " trovata ", gli accostamenti imprevedibili fatti in confidenza e schiettezza amichevole; e sempre con molta cortesia di linguaggio.

S. Luigi quando le persone bigotte volevano parlargli di argomenti impegnativi dopo il pranzo, era solito dire: Ora non � tempo di dotte discussioni, ora � tempo di allegria e di scherzi; ciascuno dica quello che si sente. in tal modo andava incontro alla nobilt� che lo circondava per ricevere gentilezze da Sua Maest�. Filotea, l'importante � passare il tempo di ricreazione in modo tale da conservare per devozione il pensiero della santa eternit�.

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